Diego Banovaz è il Ceo di Fairbooks, una startup che si definisce «Lo Spotify dei lettori, l’Uber degli scrittori», una piattaforma web per scrittori indipendenti che vogliono pubblicare la propria opera gratuitamente.
Nota: Diego Banovaz è il Ceo di Fairbooks, una startup che si definisce «Lo Spotify dei lettori, l’Uber degli scrittori», una piattaforma web per scrittori indipendenti che vogliono pubblicare la propria opera gratuitamente. Ci hanno proposto di raccontare la vita di chi fa startup nell’acceleratore romano di Luiss Enlabs. Questo è il settimo appuntamento di una serie di uscite che proporremo ai nostri lettori ogni domenica.
Forse qualcuno si ricorda quando, all’inizio di questo diario di bordo, avevo parlato dell’”arroganza dello startupper”. Quel qualcosa che fa credere di poter sovvertire le regole del mondo, di poter abbattere i competitor, affermare il proprio progetto in tempi ridicoli e con le proprie sole forze… Insomma, quel qualcosa che ci fa essere dei cazzoni alla Leonida che difende il passo delle Termopili finché Serse gli cambia i sensi unici e si trova spaesato come un pensionato in mezzo al Gay Pride.
All’inizio pensi di poter fare tutto tu: ma certo, cosa ci vorrà a fare una campagna Facebook? Cosa ci vorrà a fare un design carino per le slide? E per il redesign della UX della App iOS? Roba da ragazzi!
Poi guardi con occhio critico quello che hai fatto, lo analizzi con calma, e ti rendi conto che probabilmente se mettevi tuo cugino di tre anni a disegnare l’UX era più comprensibile, se mettevi un serial killer a scrivere le campagne era tutto più amichevole e se direttamente lasciavi il template bianco su nero standard di PowerPoint il risultato sarebbe stato decisamente più gradevole.
E arriviamo quindi al punto chiave: avete idea di quanto sia difficile, per una startup specialmente, trovare qualcuno di valido da assumere? Soprattutto se, ovviamente, state cercando almeno un serial killer a piede libero per migliorare la vostra comunicazione. Cerchiamo, in questo articolo, di andare per passi.
Primo step: definire le figure che ti servono.
Questo sembra semplice sulla carta. Ti guardi attorno, ti rendi conto di essere l’unico team in tutto l’acceleratore a non avere un designer. Guardi l’immancabile Kodo e trovi un caldo assenso. “Ci serve un designer.”
Guardi i tuoi risultati da “developer” dell’ultimo Sprint e la mole di lavoro che c’era da fare. L’irsuto Kodo ha già deciso che non vuole toccare iOS manco fosse un malato di lebbra ad un’orgia. Ti scambi un’altra occhiata d’intesa, anche questa è facile. “Ci serve uno sviluppatore iOS”. Aggrotti la fronte: stai sviluppando tutto in Xamarin, uno sviluppatore iOS Xamarin è più raro di un eunuco che canta in Growl.
Secondo step: definire il range delle RAL.
Apri il Master Plan, per farlo ci clicchi sopra almeno 3 volte a vuoto: hai talmente tanta paura di vedere i numeri che ci sono dentro che anche quando decidi di cliccarci per bene sopra, tieni gli occhi chiusi cinque secondi dopo che si è aperto. Controlli quanto rimane in cassa secondo i piani, inizi a rimuovere qualche spesa, spostare qualcos’altro… Lo riguardi, soddisfatto. Ok, puoi permetterti due figure decisamente junior.
Terzo step: inviare le job description in giro.
In passato avevi già visto molte altre startup scrivere le job description. Inizi a metterti lì, con calma, sempre intimorito dall’idea di gonfiare troppo le aspettative, lo spauracchio di finire su “La Startup di merda” è assillante, una fiera dantesca che soffia sul tuo collo con insistenza. Ricancelli, riscrivi. La mostri ad una persona, ti confronti con un’altra. Controlli come sono fatte le altre che trovi online, fai gli ultimi aggiustamenti. Le pubblichi sui gruppi su dedicati su Facebook, sicuro del successo della tua “chiamata alle armi”. Dopotutto, LVenture ha investito nel tuo progetto, ENLABS è un acceleratore d’eccellenza, la città è Roma e non un paesino sperduto, lo stipendio che sei riuscito a scavar fuori è in linea con il mercato.
Passano cinque minuti e iniziano le prime riposte ai post. Le guardi, sgrani gli occhi, incredulo. Rileggi quello che hai scritto, forse hai sbagliato il copia-incolla, forse ti sei perso qualche pezzo… No, quello che hai scritto è tutto in regola. E allora perché decine di persone ti stanno insultando a gratis? Perché stanno partendo flame degni dei migliori scontri “antivaccinisti contro comunità medico scientifica”? Inizi a rispondere ai primi, che ce l’hanno con il range di stipendio. Rispondi educatamente che stai cercando figure junior e che è in linea con il mercato. Ti salta addosso un altro che ti racconta di come il mercato del lavoro sia cambiato e non si possono fare offerte di quel tipo. Rispondi anche a lui, rispondi anche a quello che dice che non vuole trasferirsi da Milano. E ti domandi: ma io ti ho chiesto di trasferirti da Milano? Cioè, ti ho taggato in un post domandandoti “Scusa, Tizio Caio, verresti da Milano a Roma per lavorare nella mia startup?” No. E in quel momento ti rendi conto che ti girano anche discretamente le palle: sei andato lì con le migliori intenzioni, offrendo del lavoro a figure junior da inserire nel mondo del lavoro, in un ambiente dinamico, un progetto esaltante… E dei “presunti Senior” che hanno troppo tempo da perdere iniziano a vomitarti addosso insulti perché sono insoddisfatti della loro attuale posizione e tu non gliene stai offrendo una migliore?
Scrivi una risposta degna del discorso di Aragorn ne “Il Ritorno del Re”, immediatamente ti trovi sul crinale della collina, i capelli lunghi fino a metà schiena, Narsil (la spada di Aragorn) in mano… Poi ci ripensi e alzando le spalle emetti un sonoro “STI CAZZI” (NdR: sti cazzi è una delle cose che c’hanno insegnato durante il programma di accelerazione. Pare che nella capitale assortisca l’effetto di un “chissenefrega” quando nel resto di Italia appare essere un “Ma davvero”?)
Cancelli i post, ti togli dai gruppi. Non vuoi più saperne, è tempo di provare un’altra via.
Step 4: gli eventi.
Neanche farlo apposta, trovi un evento di incontro tra startup e mondo del lavoro. Lasci tutto, ti presenti, ti danno un cartellino con Nome, Startup e una scritta bella in grande HIRING. Inizia la presentazione, incipit per quello che sarà poi l’aperitivo in cui conoscere i diversi candidati. Sei carico, il video è carino, gli interventi ti dicono che i CEO perdono circa il 50% del loro tempo nel trovare le persone giuste da assumere. Ti senti capito come non ti capitava da quanto finivi in punizione alle elementari per aver fatto qualcosa di sbagliato insieme al tuo complice che condivideva con te quel momento di profondo sconforto. Stai davvero per alzarti ed andare ad abbracciare lo speaker, anima gemella in quel momento del bisogno.
Finisce l’intervento, si inizia! Già ti immagini la scena: frotte di persone in cerca di lavoro e tu, con uno sfollagente rubato ad un ex militante delle SS, li respingi selezionandoli a colpi di “le faremo sapere”. Ti guardi attorno, la folla si è lanciata sul buffet. Guardi i cartellini che girano, la maggiorparte ha sopra una scritta che ti infastidisce: “HIRING”. Prendi una boccata d’aria, per il cibo ci sarà tempo, il tuo goal è prendere i migliori e farlo per primo.
Fai per avvicinarti al primo, il suo atteggiamento un po’ sociopatico non ti convince. Provi ad avvicinarti al secondo, le occhiaie e la dilatazione delle pupille ti fanno pensare che sia appena arrivato da un rave di tre giorni. Anzi, te lo immagini proprio mentre “spadella chetamina” in una padella ottenuta dalla fusione di due casse di Fink Brau. Il terzo è palesemente lì solo per il cibo, da le spalle a tutti e si abbuffa. Dopo cinque minuti che ti guardi attorno, ti rendi conto che ti è rimasta solo una persona con cui parlare. Guardi il cartellino “IOS DEVELOPER”. Ti presenti, ci parli, il tipo è in gamba. Nella tua testa bacata risuona un “ANDIAMO A BERLINO!” talmente rumoroso che temi possa trasparire. Inizi a parlare del tuo progetto, il ragazzo sembra interessato, fa domande intelligenti, curiose.
E poi ti dice: “si, sai, io non sto cercando lavoro! Sono venuto un po’ a vedere com’è la situazione qui perché vorrei lanciare una startup… Anzi, come funziona il programma?”
E li il tuo cuore si infrange, come tradito dall’amore della tua vita… Tu che ci avevi creduto, che avevi sperato… E poi niente, in mano solo cenere e una storia di codice e passione nella quale sostituire nuovamente i volti dei protagonisti.
Ritorni alla tua postazione, gli occhi canzonatori dell’arzillo Kodo ti fanno capire che lui ha già intuito com’è andata la cosa. Sai che non dirà un “te l’avevo detto” ma che l’ha sicuramente pensato. Ti siedi alla tua postazione, controlli la posta.
Una candidatura spontanea da un Designer.
Forse, non tutto è perduto.
Nota: Il mittente di quell’email è ora il nostro designer. Come si direbbe nella mia amata bisiacaria, “più cul che giudisio” (NdT: più fortuna che abilità)
Non hai letto l’antefatto? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 0? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 1? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 2? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 3? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 4? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 5? Leggilo qui!