Nota: Diego Banovaz è il Ceo di Fairbooks, una startup che si definisce «Lo Spotify dei lettori, l’Uber degli scrittori», una piattaforma web per scrittori indipendenti che vogliono pubblicare la propria opera gratuitamente. Ci hanno proposto di raccontare la vita di chi fa startup nell’acceleratore romano di Luiss Enlabs. Questo è il sesto appuntamento di una serie di… Read more »
Nota: Diego Banovaz è il Ceo di Fairbooks, una startup che si definisce «Lo Spotify dei lettori, l’Uber degli scrittori», una piattaforma web per scrittori indipendenti che vogliono pubblicare la propria opera gratuitamente. Ci hanno proposto di raccontare la vita di chi fa startup nell’acceleratore romano di Luiss Enlabs. Questo è il sesto appuntamento di una serie di uscite che proporremo ai nostri lettori ogni domenica.
Non hai letto l’antefatto? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 0? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 1? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 2? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 3? Leggilo qui!
Diciamoci la verità, ci sono poche cose che gratificano uno startupper come l’efficienza. La sola parola riempie la bocca come un sorso di Rum invecchiato vent’anni, dando la stessa sensazione di ebrezza e felicità. E quindi?
Mentre il processo di accelerazione avanza, l’efficienza dello startupper aumenta. Durante le prime settimane non se ne sente la necessità, la riduzione delle ore di sonno è solitamente sufficiente a compensare il carico di lavoro inusuale e gli eventi unplanned… Ma dopo, come un grilletto che scatta a vuoto, si accende qualcosa. Ti trovi lì, un caffè in mano, la palpebra che pulsa il cuore che batte a tempi dispari iniziando una serrata competizione con batteristi prog come Martin Lopez. Ed è così, che tra un sorso e l’altro, inizi a pesare ogni respiro come un secondo di sonno perso.
Cioè, quei dieci minuti di pausa caffè, passati opportunamente in posizione orizzontale avrebbero significato un incremento del sonno della notte appena passato di quasi un 2%. E mentre nella tua mente iniziano a figurarsi strutture a funnel e metriche, decidi che è il caso di iniziare ad ottimizzare, in quanto il pool di risorse è arrivato allo stremo. Inizi a ottimizzare la pausa pranzo: portandoti qualcosa di pronto da casa puoi mangiare mentre lavori e non serve che ti alzi dalla scrivania. E se cucini una volta sola per più giorni, abbatti anche i tempi di produzione del cibo. Fai un paio di conti, ti rendi conto che hai risparmiato effettivamente almeno un’ora e mezza al giorno. Un’ora e mezza.
Forse un giorno scriverò un articolo su tutti gli “stratagemmi” da startupper per potersi beare in ogni situazione della parola EFFICIENTE!
Una volta giunti al quarto sprint del programma di accelerazione, cioè circa due mesi che si lavora full time sul progetto, tutto è talmente ben organizzato e schedulato che ogni tentativo di migliorare le performance porta dei cambiamenti che sono talmente infinitesimali che ti compare, chiara e fulgida, quella maledetta Epsilon arbitrariamente piccola che tante volte ti ha tenuto compagnia mentre studiavi Analisi.
E cosa vuol dire questo per una startup? Semplice, pianificare oltre ogni limite. Oramai il concetto di Man Day (unità uomo nella schedulazione delle attività) ha perso l’accezione delle 8 ore… In pratica se in uno sprint l’idea di 7 man days dovrebbe equivale a 7 x 8 = 56h, immediatamente ti trovi a pianificare per 126h. Perché si, sai che non dovresti farlo, ma quanto è allettante lavorare anche sabato e domenica? E poi, onestamente, dopo tutte le ottimizzazioni apportate, vuoi vedere che non puoi permetterti di lavorare per 14 ore al giorno?
Cioè, si sfiora il limite dell’assurdità: ci si sente dei piccoli Alvaro Vitali nella parte di Pierino mentre quello che si sta facendo è “barare” per poter lavorare di più! In un mondo in cui la gente ti riempie la bacheca di Facebook con le proteste per il lavoro domenicale tu fai il possibile per avere più tempo per rincorrere il tuo sogno. È assurdo ma è fantastico.
Capisci che è lunedì solo perché ti trovi assalito da centinaia di immagini con tazze di caffè e gente che brontola per il fatto che il weekend sia appena finito… E ti trovi nella condizione di domandarti come fa la gente a vivere a quel modo, a fare un lavoro che non gli piace ed esternarlo ad ogni occasione per sentirsi confortata dagli amici che vertono nella medesima situazione.
E dopo questa introduzione degna del capitolo dedicato agli Hobbit del divino Tolkien, torniamo al presente. Io e il pelide Kodo siamo sopravvissuti ad uno sprint ricco di unplanned e siamo pronti a ripartire alla grande, carichi a molla. Si fa il planning, si sceglie il goal, lo si visualizza come Mark Lenders prima di calciare una sassata clamorosa nella milleduencentesima puntata di Holly e Benji. E si parte…
Ma… UNPLANNED!
Avete presente la scena iniziale delle follie dell’imperatore? Quando c’è il vecchietto che viene defenestrato dal palazzo per aver “rotto il ritmo” dell’imperatore? Eccoci!
Esiste una salvezza e una punizione per gli startupper fuori sede: gli ospiti.
Non importa se sono amici, amiche, parenti o sconosciuti: nel momento in cui ospiti qualcuno la natura dell’ospitalità surclassa qualunque pianificazione. E quindi, immediatamente, ti rendi conto che devi uscire dall’ufficio alle nove, perché almeno a cena fuori con l’ospite devi andarci. E quindi ti trovi lì, a sorridere e scherzare davanti ad una pizza, rendendoti conto, dopo un sacco di tempo, di come esista un mondo di affetti al di fuori dell’acceleratore. Ti rendi conto che non telefoni a tua madre da forse tre settimane e che le ultime volte hai semplicemente mandato dei messaggi vocali striminziti ad orari improbabili. Ti senti in colpa ma ti giustifichi con le mille cose che stai facendo…
Alzi gli occhi dalla pizza e sai che il Maestoso Kodo ha il telefono in mano perché sta di nuovo, senza motivo, aprendo la nostra App. E ti trovi a ridere e a scherzare su quanto effettivamente sia la passione l’unico driver verso quella felicità che solo la soddisfazione più dare, verso quell’appagamento altrimenti inarrivabile…
E così, nonostante un po’ ti senti in colpa per quelle serate spese con gli ospiti, per quella mezza giornata passata a mostrare la Città ad un amico d’infanzia che si è fatto 800km per venire a trovarti, riacquisti quel che di umanità che pensavi di aver perso tra una presentazione, un nuovo rilascio e un demo day da preparare. E quanto l’ospite se ne va, permettendo nuovamente il ripristino della normalità, ti guardi con il saggio Kodo e, consapevoli che le ore da erogare nei prossimi giorni dovranno passare a 18 per quel paio di serate spese in allegria, hai appena ripreso una boccata d’aria e sei di nuovo pronto a rituffarti in quel vortice senza fine che è la vita dello startupper.