Questo è il terzo appuntamento di una serie di uscite a cura di Fairbooks
Nota: Diego Banovaz è il Ceo di Fairbooks, una startup che si definisce «Lo Spotify dei lettori, l’Uber degli scrittori», una piattaforma web per scrittori indipendenti che vogliono pubblicare la propria opera gratuitamente. Ci hanno proposto di raccontare la vita di chi fa startup nell’acceleratore romano di Luiss Enlabs. Questo è il quarto appuntamento di una serie di uscite che proporremo ai nostri lettori ogni domenica.
Non hai letto l’antefatto? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 0? Leggilo qui!
Non hai letto lo Sprint 1? Leggilo qui!
Avete presente il Planning Day? Massì, dai, il primo giorno dello Sprint! Quello in cui si decide tutto quello che si farà nelle due settimane successive! Quello in cui si iniziano a lanciare Post-It con le idee come Shuriken (stelline Ninja)? Quello in cui si narrano i fatti dello Sprint precedente con lo stesso dolore di un francese rientrato dalla campagna di Russia? La leggenda narra che dieci Planning Day per una Startup sono l’esatto corrispettivo di sette anni di matrimonio per una coppia. Traetene voi le conclusioni.
Ecco, questa volta è durato, in tutto, un’oretta, compresa la riscrittura in bella delle attività e appiccicare i post it sulla Scrum Board. Nessun attrito, nessun confronto… Raggiunta la perfetta coesione del team? No, semplicemente l’ho fatto da solo.
Loneliness il titolo di questo Sprint e il motivo è molto semplice: il fidato Kodo (mio socio full time su Fairbooks) è dovuto rincasare per ultimare i lavori presso il precedente cliente prima di potersi dedicare al 100% alla nostra Startup.
Allora, una premessa è d’obbligo: la vita in un acceleratore di business è TUTTO fuorché solitaria. Volenti o nolenti si condivide lo spazio con centinaia di altre persone, ragazzi e ragazze che stanno affrontando le stesse sfide e difficoltà, che vivono la stessa esperienza, che condividono gli stessi obiettivi. Poi è ovvio, come sempre accade nei rapporti interpersonali, tutto è dettato dal proprio carattere: c’è chi è più timido e se ne sta in disparte, chi è protagonista, chi vuole essere il primo della classe, chi vuole esser ritenuto il massimo esperto e chi vuole far finta non gli interessi niente di quello che sta facendo.
Avete presente quella sorta di barriera liquida che si instaura quando una persona ci viene presentata come un collega? Quella segreta formula di attrazione e repulsione che ci mantiene sempre a quel passo di distanza dalla sua vita privata senza per forza risultare distanti e distaccati? Anche queste situazioni si verifica qualcosa di simile, ci si apre un po’ alla volta, sempre senza volersi gettare addosso il massimo discredito dell’esser considerato “un cazzone” ma i tempi sono ridotti all’osso, entro poche settimane sei già in modalità “best friend ever”.
Io non so se il tutto è frutto dei ritmi troppo elevati, dello stress o se c’è effettivamente qualche minimo comun denominatore genetico tra le persone che prendono parte ai programmi di accelerazione… Ma tempo qualche settimana ti rendi conto di non essere l’unico scoppiato. C’è chi simula di calciare punizioni in mezzo all’openspace, chi volutamente cammina con un laccio delle scarpe slacciato per stare sempre attento a dove mette i piedi, chi intrattiene con sconosciuti discussioni sul tasso di conversione dei diversi tipi di app di dating, chi passa mezza giornata al ping pong e chi sembra non abbandonare mai l’edificio.
E immaginatevi allora cosa si prova a scoprire che uno dei team non ha intenzione di firmare l’accordo di investimento, abbandonando la possibilità di continuare il percorso di accelerazione. Persone con cui avevi iniziato a stringere un legame, che avevi iniziato a conoscere ed apprezzare, progetti in cui credevi che dall’oggi al domani non faranno più parte della tua quotidianità. Cioè, già stavo registrando una puntata della mia vita come un moderno Shaggy senza il fedele Scooby Doo (Kodo si incazzerà per questo), se poi mi tolgono anche senza la Mistery Machine che ci sto a fare?
E così, dopo una settimana di questo calibro, complice l’ennesimo bicchiere di caffè, arriva la Forrest-Gumpite. Non sai nemmeno se è qualcosa di legato ad una fase di Awesome o Awful dell’emotional rollercoaster, forse hai solo passato troppo tempo lì dentro. Esci dall’ufficio alle sette di sabato sera, una sola cosa in testa: ha voglia di fare quattro passi. E non ti stupisci quando da Termini arrivi al Colosseo, poi all’Isola Tiberina, poi ancora al Gianicolo, Vaticano, Piazza Navona, Fontana di Trevi e poi di nuovo in ufficio. Ti siedi davanti al pc, sono passate quasi tre ore, guardi il cellulare pronto a dirti che hai camminato per quasi venti kilometri senza motivo. Vai alle macchinette del caffè e trovi, steso su un divano, uno startupper, crollato con il pc ancora acceso sulla pancia. Sulle prime scoppi a ridere, consapevole che tu potresti essere il prossimo… Poi ci pensi su, ti si attacca addosso con la violenza di un Facehugger di Alien, una nostalgica e pressante sensazione di empatia-misto-cameratismo. Ti senti rigenerato come Derek Zoolander alla proposta di un “orange-moka-frappuccino” e una parte di te teme davvero che tutto finisca a tirarsi benzina. Ritorni al PC e inizi a batter i tasti talmente veloce da sembrare Jim Carrey in “una settimana da Dio”. Rileggi quello che hai scritto, cancelli e vai a dormire.
La parte solitaria dello Sprint è finita, mancano pochi giorni al Demo Day e sai che c’è una cosa importante da fare: costituire la società.
No, non parlerò della tonnellata di scartoffie che ho dovuto compilare anche se immagino che se non fosse stato per il supporto dell’acceleratore starei ancora cercando il lasciapassare A38 come un novello Asterix. Quindi, se questa non è la parte complicata, dove può nascondersi il problema nel costituire una società?
Per chiarire la situazione è necessario introdurre il terzo socio di Fairbooks. Io sono sicuro che se dico semplicemente [MM] molti di voi sanno già di chi sto parlando. Lo avete già letto da qualche parte ma non ricordate dopo… Quelle due lettere tra parentesi…
Per rendere la cosa più facile, immaginatela con la voce di Troy McLure dei Simpson: “Salve, sono [MM]. Forse vi ricorderete di me per pagine come ‘La Fabbrica del Degrado’, ‘Think It Over’, ‘E anche oggi si tromba domani’, ‘Read It Over’, ‘E anche oggi si studia domani’.”
Da sempre impegnato in social e networking, alla comunicazione della data di firma dal notaio ha solo risposto: “Perfetto, arrivo la sera prima così vi faccio conoscere un paio di esperti di Growth Hack e ADSense performance. Sottointeso: non potremo mica andare sobri dal notaio?”
Sia ben chiaro, lungi da me essere una persona noiosa o astemia, però essendo il CEO di ‘sta baracca è la classica situazione in cui un brivido ti corre lungo la schiena: perché le cose non devono mai essere facili? Dopo aver lasciato i bagagli a casa, ci dirigiamo verso un pub per cenare. Avete presente quando sul menu campeggia un piatto del tipo “ENORME GIGANTE – DO NOT ORDER – MORTE PER COLESTEROLO – DESCULPA MADRE POR MI VIDA LOCA” e sapete PER CERTO che sarà la prima cosa che attirerà lo sguardo degli astanti? E se puoi scegliere tra cinquanta birre, com’è che qualcuno ordina un giro di Gulden Draak a 10.5°? Deve esistere, a conti fatti, una sorta di meccanismo insito nell’uomo che lo spinge, quando si trova tra uomini, a voler ricercare la sfida.
E così dopo aver discusso di Growth Hack, di AdSense performance, di trucchi vari e strategie, dopo aver conosciuto persone incredibilmente influenti sulle community online, dopo esser passati da rum a birra svariate volte, ti trovi a casa, steso a terra per aver lasciato il tuo letto agli ospiti, pronto a dormire mentre la testa continua a girare. E ti trovi a domandarti: ma tutte le società nascono così? Con una sbronza, chiacchiere su chiacchiere, piani e idee mescolati come gli ingredienti dello shaker di un barista? Davvero tutte le società hanno come collante niente più che l’amicizia che lega i soci e l’obiettivo comune? Si è abituati a pensare alle società come qualcosa di impersonale, il nome stesso di persona Giuridica sottolinea questa diversità rispetto alla comune persona Fisica. Eppure dietro a quella scritta “Società a Responsabilità Limitata” si celano persone che stanno facendo le ore piccole per il progetto, che si stanno ingegnando per far funzionare le cose, per essere i migliori, per risolvere il problema di qualcuno e per sopravvivere.
Suona la sveglia e ti alzi come uno zombie dei film di Romero. Ti trovi sotto la doccia con una fetta biscottata in mano e ti rendi conto di aver inventato una preziosa ottimizzazione. Adesso ti basta solo far uscire il latte dal doccino e hai probabilmente fatto risparmiare all’umanità milioni di ore di lavoro. E in quel momento ci credi davvero, pensi solo a come farai a dire al Sergente Hartman di questo cambio di direzione proprio nel giorno della costituzione della società. Ma poi ritorni in te, ti rendi conto che l’unica cosa che ti separa da un caffè è solo la truppa da adunare e cominci a svegliare tutti con metodi probabilmente vietati dalla corte di Strasburgo. Indossi una camicia, controlli di avere ancora qualche spiccio in portafoglio, annuisci soddisfatto: c’è più di 1.80€ per la colazione, il grande giorno può iniziare.