A seguito della diffusione dei dati degli investimenti in startup del Q1, il presidente dell’associazione dei business angels romani lancia in un’intervista a Startupitalia la proposta di detassare chi disinveste da altre asset class e investe nel venture capital
Piedi in Italia, sguardo sempre rivolto in Uk e Usa. Consigliere di LVenture Group, Roberto Magnifico è presidente di Angel Partner Group, l’associazione che riunisce i business angels dell’ecosistema startup romano e della galassia LVenture. Proprio nella sua veste di business angel avevamo pensato di intervistarlo per capire come e quanto le recenti misure del governo (detrazione fiscale del 30% per chi investe in startup) avessero influenzato le prime operazioni dell’anno, e nello specifico quelle del primo quarter. E invece ci ritroviamo con la seconda grande proposta operativa al regolatore da inizio anno dalle colonne di Startupitalia (la prima, il primo dell’anno, era di Marco Bicocchi Pichi): detassare gli investimenti in capitali di rischio per chi decide di disinvestire, ad esempio, dal mattone.
Il primo trimestre 2017
Roberto, che ne pensi degli investimenti di questo primo trimestre? Numeri alla mano si è investito il doppio del primo quarter dello scorso anno…
«E’ un segnale positivo. Stiamo andando nella direzione giusta, il mercato si sta svegliando e sensibilizzando una realtà inevitabile per cui vedremo che sempre più imprese familiari oltre che investitori istutuionali saranno sempre più presenti nell’asset class del venture capital. Già a livello globale il venture rappresenta una piccolissima frazione degli asset class in cui vengono investiti il risparmio nel suo senso macro. E se ‘ una piccolissima frazione lì puoi capire che in Italia puoi capire stiamo parlando davvero di numeri infinitesimali. Ma proprio per questo l’opportunità di crescita in questa asset class in Italia è enorme e queste prime cifre stanno dando un segnale della direzione in cui stiamo andando. Soprattutto fanno capire quanto terreno c’è».
Oltre agli incentivi del governo, che molto probabilmente hanno anche influenzato positivamente gli investimenti di questi primi mesi, cosa manca?
«Sicuramente la misura di agevolazioni fiscali che passa al 30% ha sensibilizzato tanti investitori, in particolare family officer. i patrimoni privati che stanno andando a caccia di rendimenti. I patrimoni delle grandi famiglie intese come famiglie imprenditrici. Da Ferrero in giù che siano famiglie di aziende manifatturiere piuttosto che di qualsiasi settore industriale o merceologico che sia stanno aprendo gli occhi rispetto a un riferimento che non era mai stato preso in considerazione. Anche perché i tassi sono in discesa, fino allo zero, ed è da 10 anni che stiamo vivendo con mercati a così basso rendimento. La misura decisiva del governo dell’agevolazione del 30% per chi investe è una misura enorme per l’italia. Certo, possiamo lamentarci tutti i giorni dicendo che non basta rispetto Uk e Francia, ma è un primo passo».
I grandi acceleratori arrivano in Italia
Cosa sta cambiando rispetto gli scorsi anni?
«L’ecosistema sta maturando sempre di più. La spinta e l’interesse da parte di operatori stranieri, in particolare americani sta risvegliando sempre più interesse. Per cui dallo Startupbootcamp, l’arrivo di 500 Startups e Tech Stars accenderà sempre di più i riflettori sul mercato italiano che è fortemente svalutato rispetto altri mercati europei. Se investo nella stessa tipologia di startup in Utalia rispetto gli stati uniti il mio prezzo di entrata è quasi il 10% rispetto a quello che mi costa lo stesso investimento negli States».
Però negli Usa si scala più velocemente…
«Sicuramente sì. Però rappresenta comunque un’opportunità perché anche i costi sono molto più bassi».
Quel talento romano che Roma si è lasciata sfuggire
A proposito di Stati Uniti, hai visto Augusto Marietti? Un ragazzo romano come tanti di quelli che bazzicano in Enlabs, però non ve lo siete filato (intendo la categoria degli investitori) e ora celebriamo il successo dell’ennesimo talento in fuga…
«Devo dire che purtroppo non è passato da noi. Non ce lo saremmo lasciati sfuggire, ma quando lui stava mettendo in piedi Mashape noi eravamo ancora in uno stadio embrionale, visto che siamo nati anche noi nel 2010. Ovviamente dico che se eri investitore a quei tempi e cercavi startup eccetera avresti dovuto assolutamente investire in uno come lui.
Ha fatto bene ad andarsene dall’Italia?
«Dico che non ha fatto bene (prende un attimo il respiro, ndr). Ha fatto benissimo ad andare a San Francisco. Perché, sai ricordati questo, quando tu sei imprenditore, essere imprenditori significa seguire una propria convinzione. Sì, seguire il mercato, ascoltare quello che gli dice il mercato, e anche cogliere quell’opportunità. E se significa andare fuori per realizzarlo, bene. Ma ricordati questo: l’imprenditore che ha colto questa opportunità ha vissuto un’esperienza unica nella vita e quando l’hai vissuta vuoi farla vivere ad altri come te. E questi ragazzi che se ne vanno fuori e realizzano la loro fortuna fuori sono sicuro che torneranno in Italia per fare un giveback al loro Paese d’origine, in particolare ai giovani che stanno cercando come fece lui a suo tempo di realizzare».
Cosa aspettarsi dal Q2
Quasi 50 milioni di investimenti nel primo quarter del 2017. Secondo te è un trend, oppure sono “tanti” perché molti dei round di fine 2016 sono stati registrati a gennaio per poter usufruire delle agevolazioni?
Penso che nei prossimi tre mesi ci saranno altrettante operazioni. Il problema nostro è la velocità, che non stiamo andando a una velocità necessaria a competere coi nostri vicini di casa in Europa. La velocità nella crescita di questi mercati è fondamentale e quello italiano come ecosistema è ancora molto indietro».
La proposta: detassare chi disinveste dal mattone e investe sul venture
Ok, facciamo finte che per un giorno Roberto Magnifico ha il potere di adottare una misura che ritiene fondamentale per la crescita degli investimenti nel nostro ecosistema. Cosa propone?
«Per esempio che per quegli investitori che decidono di disinvestire da un’altra asset class, ad esempio immobiliare o risparmio gestito, non vengano tassati se mettono quegli stessi investimenti sul venture… Se io ti dico, che ne so, che per ogni milione fino a un massimo di 10 che disinvesti in una Sgr immobiliare e li vai a mettere nel venture capital io non ti tasso gli interessi o le plusvalenze accumulate se li metti nel venture, sai come arrivano i capitali…!»
Così pagheremo le pensioni degli americani
Altri ecosistemi che lo hanno già sperimentato?
«Lo hanno fatto Regno Unito e Francia, che io sappia. E dico anche un’altra cosa, per rispondere in anticipo a chi può dire “questo costa soldi al contribuente”: non costa soldi al contribuente perché non vesso il cittadino, rientrano nell’ecosistema attraverso un meccanismo virtuoso, creazione di imprese innovative molto disruptive che mantengono i talenti in italia e mantengono le imprese in italia e quindi i futuri contribuenti dei fondi pensione. Così motiviamo ad investire in nuova imprenditoria italiana che sono i futuri contribuenti al sistema previdenziale italiano… perché se tu li metti in Rocket Internet ok fico, va benissimo, ma spesso finiscono in aziende americane, e se un fondo di Vc americano riceve, faccio un esempio meramente scolastico, dal fondo pensione Inarcassa, ovvero le pensioni di ingegneri e architetti, piuttosto che dal fondo dei notai o chicchessia, gli americani dove investono quei soldi? In startup americane che sono nel designtech, ad esempio, e così con quegli investimenti sto alimentando nuove imprese americane che con i salari che pagheranno ai loro dipendenti lì andranno a rimpolpare le casse dei fondi pensione degli architetti americani e non certo torneranno agli architetti italiani».
«Attenti ai greci!»
Guardiamo anche più vicino a casa nostra. In Grecia lo Stato ha creato un fondo che da solo vale il 30% in più di tutti gli investimenti in startup fatti in Italia nel 2016…
«Esatto. Lo Stato greco, che è un decimo di quello italiano in termini di Pil, ha avviato un fondo di fondi da 260 milioni di euro. Perché? Perché vogliono far nascere fondi di venture capital in Grecia affinché investano in startup greche. Abbiamo fatto dei passi timidi in questa direzione rispetto ai greci, se si muovono i greci gli americani si fionderanno là mica da noi».
Perché?
«Per motivi culturali. E’ vero che noi abbiamo tanti italiani emigrati in America, ma se tu vai a vedere i rapporti tra grandi investitori americani e Grecia sono stati notevoli. Forse è il caso che andiamo a vedere cosa sta succedendo: la storia recente ci dice che i greci hanno versato lacrime e sangue, e quindi se riescono ad avviare un programma del genere lì noi dobbiamo, dico dobbiamo, fare di più…»
Ci sono le iniziative di Cassa depositi e prestiti…
«Sì, anche quelle del Fondo Italiano, ma a mio avviso sono tutte misure ancora un po’ timide».