Abbiamo visitato la sede del colosso taiwanese fra prodotti che hanno inventato nuove categorie, orgoglio ingegneristico e sfide per il futuro dei laptop
TAIPEI (Taiwan) – Il quartier generale di Asus, colosso dell’hi-tech a 360 gradi con una solida tradizione ingegneristica e al contempo estremamente attento allo stile e all’estetica, si trova a Nord di Taipei, nella zona di Guandu, non lontano dal parco nazionale Yangmingshan. A Taiwan, ovviamente, quel che resta della Repubblica di Cina dopo la Guerra civile che ha segnato oltre vent’anni di storia cinese fra 1927 e 1950: una nazione insulare dalla posizione geopolitica a dir poco complicata sorta dalla fuga dei nazionalisti di Chang-kai shek dalla rivoluzione maoista e oggi protetta dagli Stati Uniti in chiave anti-Pechino. Un mondo surreale diviso dalla sua storia (potenziale) dallo stretto di Formosa. Un Paese di 23 milioni di abitanti dove la democrazia si è ormai fatta le ossa ma che solo una manciata di nazioni nel mondo riconosce perché le pressioni della Repubblica popolare sono semplicemente schiaccianti. In Europa, per dire, c’è solo il Vaticano.
Foto: Simone Cosimi/StartupItalia
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Asus oggi
Il cuore di Asus è un complesso di edifici su cui ne svetta uno massiccio e imponente, come la presenza che il brand asiatico si è costruito in trent’anni. Un compleanno che festeggia proprio quest’anno con numeri di questo tipo: numero uno delle schede madri, l’ossatura di un computer, al vertice nel mondo gaming con gli infiniti prodotti per i videogiocatori scatenati col marchio Republic of Gamers battezzato nel 2006, fra i primi tre produttori di laptop sul pianeta. Nel primo trimestre 2019, nonostante un calo significativo del mercato, vantava il 6,2% della quota dietro a Lenovo, Hp, Dell e Apple, di poco sopra. Il tutto nonostante un settore dei pc claudicante, tenuto in piedi dal segmento business ma con una notevole disaffezione dei consumatori comuni. Che pure, si dicono convinti i top manager asiatici, torneranno a scegliere, ciascuno, il proprio dispositivo su misura.
Foto: Simone Cosimi/StartupItalia
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Le origini del mito
Nata come tradizione vuole in un appartamento taiwanese da TH Tung, Ted Hsu, Wayne Hsieh e MT Liao, quattro ingegneri esuli di Acer, altro storico brand dell’isola, Asus ha una reputazione assoluta in ambito di motherboard e componentistica ma anche pc: diverse ricerche indipendenti l’hanno piazzata al vertice per affidabilità. Pochi sanno che nel 1998 i pc Asus lavorarono senza problemi per 600 giorni in orbita all’interno dell’allora stazione spaziale russa Mir.
Foto: Simone Cosimi/StartupItalia
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Gli esordi: Isa386C
L’esordio del gruppo è del 1989, con le prime schede Cache 386/33 e Isa386C, l’anno dopo arriva la prima scheda per il mitico processore 486 di Intel – con cui la collaborazione è da sempre strettissima – poi l’antenata delle schede multi-core nel 1994, la Dual Socket Pentium, fino a fissare negli anni gli standard del settore e con miglioramenti progressivi in termini di prestazioni, raffreddamento, gestione della Cpu, fino ai 500 milioni di pezzi venduti nel 2015 e a una quota di mercato dominante, numero uno in Cina, Stati Uniti ed Europa ma sopra il 50% anche nel Sudest asiatico, Giappone e Corea del Sud, con l’obiettivo di toccare il 60% della torta. Al vertice dal 2003.
Foto: Simone Cosimi/StartupItalia
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Nuove categorie di prodotto
L’innovazione è da sempre distribuita in grande quantità, e senza paura, anche nei prodotti: se il primo pc arrivò nel 1997 (era il P6300), basti pensare al varo di vere e proprie inedite categorie come l’Eee PC nel 2007, le serie Transformer dal 2001 e altri gadget meno noti ma coraggiosi e innovativi, dal PadFone del 2010 al Taichi del 2012, laptop che sfoggiava anche un display esterno. Fino alle recenti novità: lo ScreenPad dello scorso anno, un touchpad per i pc portatili che somiglia a uno smartphone incassato nella scocca del dispositivo, e la sua versione Plus che invade gran parte della zona dedicata alla tastiera nell’ultimo ZenBook Pro Duo appena svelato al Computex di Taipei. Senza dimenticare il robottino Zenbo, presentato nel 2016.
16mila dipendenti nel mondo
Nel quartier generale, che l’anno prossimo avrà un gemello più moderno di fronte, lavorano fra le 3 e le 4mila persone. Asus, contrariamente ad altri pachidermi del settore, sfoggia (relativamente) pochi dipendenti: in tutto il mondo sono 16mila, 7mila dei quali impiegati a Taipei nei laboratori di progettazione, programmazione, ingegneria, design, test, marketing, ricerca e sviluppo. La produzione avviene per intero in Cina, proprio quella Cina che politicamente non ha altro scopo che isolare il più possibile il governo taiwanese guidato dalla filoindipendentista Tsai Ing-wen con cui, volenti o nolenti, i taiwanesi – come mezzo mondo, d’altronde – sono costretti a lavorare. Anche se per tutti gli anni Novanta hanno mantenuto delle fabbriche sull’isola, proprio come i vicini Tsmc, riferimento per i semiconduttori.
Gli stress test
Nel dedalo di piani – dove svettano due piscine, un campo sportivo polifunzionale, sale per attività di gruppo, una palestra, diversi ristoranti (Starbucks incluso, ma non mancano i deliziosi ravioli cinesi) e altre zone comuni – Asus conduce gli stress test sui prodotti sia quando appena sfornati dalla produzione, cioè quando finiscono in mano ai diversi gruppi tecnici, sia a campione sui lotti produttivi: si va dai divertenti test di caduta a quelli sui tasti delle tastiere fino a quelli che sottopongono i prodotti a temperature bassissime, alla prova di altitudine, umidità, apertura del coperchio, di sollecitazione laterale, di uso delle porte di connettività, di vibrazione, pressione, rumore e così via. Non manca di una certa perfidia, il tour fra gli strumenti di tortura di pc, smartphone (con la serie ZenFone, è appena uscito il 6) e altri gadget e componenti tecnologici che siamo abituati a trattare (giustamente, visto quanto ci costano) con la massima attenzione.
Oltre duecento persone per il design
Al netto del lato più strettamente informatico, in altre unità operative si ragiona, in modo estremamente libero e creativo – e con una presenza femminile decisamente spiccata – sui materiali (Asus non è nuova all’uso del bambù o della pelle, come nell’edizione del trentennale del suo Zenbook Pro), sui colori, sulle finiture, sui dettagli delle collaborazioni fra cui quella con Lamborghini, lanciato nel 2006. Solo al design puro, dunque non alla cosiddetta “user interface”, lavorano a Taipei oltre duecento persone che si affidano spesso alle basilari sollecitazioni di tatto e visione, ispirandosi anche ai prodotti del passato in una sorta di circolo virtuoso che gira da trent’anni, con alcuni prodotti “magari troppo avanzati – come ci ha detto il vicepresidente Eric Chen – ma d’altronde tutti sbagliano, anche Steve Jobs ne bucò diverse”.
Foto: Simone Cosimi/StartupItalia
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Quel che resta della filosofia
Dopo il viaggio al centro dell’ecosistema Asus, ciò che rimane impresso è soprattutto la filosofia di fondo del gruppo guidato dallo scoppiettante e smilzo 66enne Jonney Shih (salito a bordo nel 1994), declinata in almeno due chiavi. La prima: la bellezza dell’interno, di ciò che non si vede, che va sposata alla potenza delle prestazioni. Anche il design dei chip o componenti che altri brand ignorano, sotto l’aspetto estetico, assumono dalle mani del gruppo taiwanese una luce raffinata. Un’aria molto nerd e al contempo cosmopolita.
Foto: Simone Cosimi/StartupItalia
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La seconda: il fatto che ogni pezzo ha il suo posto, in Asus, e ognuno – forse con un filo meno rigidità e un po’ più di passione di qualche vicino di casa – può metterci la sua creatività per inventare prodotti che creino nuove categorie o, in alternativa, abbiano una vita lunga. Tanti fra quelli in mostra nel quartier generale sembrano infatti sfornati ieri sera: eppure Asus nasceva in un Paese certo più complesso quando HP aveva già cinquant’anni, Apple e Acer 13, Microsoft 14, Lenovo e Dell cinque e Huawei due. Trent’anni portati benissimo, non c’è che dire.