Le microplastiche sono state rilevate in frutta e verdura, ma anche nel latte materno. Nanomnia cerca di arrestarne l’avanzata attraverso le molecole degli agrofarmaci
Nonostante gli alti standard qualitativi dei prodotti agroalimentari italiani, alcune analisi hanno rivelato che anche frutta e verdura possono contenere agenti poco salubri come le microplastiche. Infatti, queste molecole possono essere assorbite dalle piante attraverso le radici, fermandosi nelle parti commestibili.
In più, una volta consumati questi vegetali, le microplastiche finiscono nel nostro corpo. Esattamente come le piante, non siamo in grado di biodegradare questi residui minuscoli di plastica. Così rimangono in circolo nell’organismo. All’inizio di ottobre 2022, per la prima volta nella storia umana, alcuni scienziati hanno trovato microplastiche nel latte materno. Inutile dire che la notizia ha allarmato la comunità scientifica per i potenziali impatti sulla salute dei bambini, che sono vulnerabili agli agenti tossici presenti in queste sostanze.
Cosa sono le microplastiche
Le microplastiche sono particelle inferiori al millimetro. Finiscono nell’ambiente – tra terra e mare – a causa della degradazione degli imballaggi in plastica che usiamo tutti i giorni. Anche un vestito fabbricato in tessuto sintetico può rilasciare piccoli frammenti di plastica che, superato il filtro della lavatrice, finiscono in mare. Da lì allo stomaco dei pesci che finiscono sulle nostre tavole, il passo è breve.
L’acqua è il principale vettore delle microplastiche. Dalla pioggia, che trasporta piccole particelle di pneumatici al mare o nelle falde acquifere, le microplastiche finiscono nel nostro cibo. Fermare questa epidemia silenziosa non solo è necessario, ma può diventare un business.
Gli effetti delle microplastiche sulla salute
Il passaggio delle microplastiche altri organi sembra possa avvenire sono per una frazione limitata, di dimensioni inferiori a 1,5 micrometri. Studi sperimentali hanno evidenziato che le microplastiche, una volta penetrate nell’organismo, si accumulano in fegato, reni e intestino. Le conseguenze? Secondo l’Istituto Superiore di Sanità sono da annoverare stress ossidativo, processi infiammatori, patologie metaboliche e danni sia al sistema neurologico sia immunitario. In più, le microplastiche possono anche contenere sostanze chimiche coloranti, attaccate alla superficie, oltre a eventuali organismi patogeni.
La Commissione Europea ha richiesto all’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) di valutare i dati disponibili. Obiettivo: presentare una proposta per limitare l’utilizzo delle microplastiche primarie in prodotti di consumo quali cosmetici, detergenti e fertilizzanti. L’approvazione di tale restrizione avrà come effetto quello di ridurre le emissioni di microplastiche di circa 400.000 tonnellate nell’arco dei prossimi 20 anni.
Il lavoro di Nanomnia sulle microplastiche
“Gli organismi viventi non possono degradare le microplastiche – spiega Marta Bonaconsa, Ceo e co-founder di Nanomnia S.r.l. – Proprio come non lo sono il suolo e i frutti. Così le microplastiche presenti nelle formulazioni di agrofarmaci, cosmetici e altri prodotti industriali, possono diventare residui che si accumulano anche nella falda acquifera e quindi anche nel cibo che consumiamo”.
Gli organismi viventi non possono degradare le microplastiche che si accumulano anche nella falda acquifera e quindi anche nel cibo che consumiamo
Nanomnia è una startup biotech che ha sviluppato una tecnologia in grado di sostituire le microplastiche presenti in molti prodotti. A fondarla nel 2017 sono stati Marta Bonaconsa, biologo, PhD Neuroscienze; Michele Bovi, biotecnologo agro-industriale, PhD in Biotecnologie, e Pietro Vaccari, Ingegnere dei Bio e Nanomateriali. Insieme hanno iniziato a lavorare alla tecnologia plastic-free, dapprima con applicazioni in campo biomedicale. Successivamente, quando il tema delle microplastiche ha assunto una rilevanza sempre maggiore, diventando un argomento politico, ambientale e sanitario, Nanomnia ha presentato la sua proposta ad un settore che necessita di una soluzione al problema: l’agricoltura.
“Entro alcuni anni le microplastiche presenti nelle formulazioni di agrofarmaci dovranno essere pesantemente ridotte. Nanomnia ne propone la sostituzione con composti organici, biodegradabili e plastic-free, e si rivolge alle aziende presenti sul mercato collaborando con loro per sviluppare alternative sostenibili in modo da poter mantenere la presenza dei prodotti sul mercato”.
Microplastiche: cosa possiamo fare noi
In attesa di decisioni stringenti da parte della Comunità europea, anche le nostre scelte in materia di consumi possono limitare la dispersione di microplastiche nell’ambiente. “Il mercato agroalimentare europeo è tra i più regolamentati al mondo. Ciò permette di avere un monitoraggio continuo sull’origine degli alimenti di cui ci nutriamo”.
“Oltre al cibo, è necessario far attenzione ai prodotti per la cura del corpo. In essi sono contenuti plastiche che facilitano l’assorbimento di alcuni composti”.
Bonaconsa ci tiene a specificare che ciò che rende il fenomeno microplastiche allarmante non è la molecola in sé, bensì il sovraddosaggio, dannoso e deleterio per l’uomo e l’ambiente. Questo è il punto di partenza su cui lavorare per costruire uno scenario differente.