Realizzato magistralmente, tra i migliori su piazza, il nuovo P40 Pro non è un device per tutti i palati. Chi lo sceglie lo fa per riconquistare il controllo del suo cellulare
L’attesa per questo P40 Pro, almeno da parte di chi scrive, era molto alta: perché il P30 Pro è stato un telefono che di fatto ha costituito una tappa fondamentale della crescita di Huawei, e perché ormai sono passati davvero molti mesi da quando è arrivata la scomunica USA che ha privato l’azienda cinese dei suoi contratti con Google per Android. Nel frattempo, Huawei non è restata con le mani in mano: ha dato vita a una alternativa possibile, ma ancora solo potenziale, alla piattaforma software di Mountain View e ha anche deciso di investire in modo massiccio su questa sua iniziativa. L’attesa per questo P40 Pro era dunque molto alta: sarebbe riuscita Huawei a dare un successore all’altezza al P30 Pro?
La risposta breve alla domanda è: sì, c’è riuscita. Ma in questo caso non si può negare che, rispetto a quanto avevamo detto con il Mate 30 Pro, si registrano ancora dei ritardi nello sviluppo della piattaforma Huawei Mobile Services (HMS) che oggi diventano sempre più difficili da digerire: tutto questo lo rende uno smartphone sospeso (se mi seguirete, capirete cosa intendo). Ed è davvero un peccato, perché le potenzialità di questo smartphone sono altissime: è un device con una autonomia invidiabile, con un ottimo schermo e con una fotocamera allo stato dell’arte. Usarlo non è impossibile, richiede però un impegno diverso da quanto siamo abituati ormai con i telefoni “intelligenti”: qualcosa che potrebbe persino intrigare chi ama smanettare con i propri device, ma che potrebbe invece spiazzare altri.
I moduli fotografici di P40 Pro e P30 Pro a confronto
Ricordiamo quali sono i prezzi del P40 e del P40 Pro: il P40 con tripla camera posteriore parte da 799,90 euro nella versione 8+128GB, il P40 Pro con quad-camera costa invece 1049,90 euro nella versione 8+256GB, entrambi sono 5G e sono in promozione fino al 4 di maggio – per ogni acquisto si riceve in omaggio un Huawei Watch GT2. Entrambi sono disponibili in tre colori: nero, argento e oro. Tutti i dettagli della scheda tecnica dei nuovi smartphone li trovate nell’articolo sul lancio del prodotto.
Leggi anche: Huawei e i tre P40, la fotografia prima di tutto
La mia vita col P40 Pro
Come recensisco di solito un cellulare: appena ce l’ho tra le mani inizio la procedura di migrazione dal mio smartphone “stabile”, quello che mi porto dietro tutti i giorni, a quello da testare e che userò come “principale” per almeno qualche giorno. Per capirci: è quello con cui navigo a colazione, con cui faccio le telefonate, con cui gioco, con cui controllo i social e ascolto musica o guardo video. Ciò che ho deciso di fare con il P40 Pro è stato leggermente diverso: mi sono preso 24 ore per studiare la situazione, per decidere quale strategia adottare per spostare i miei dati, e poi ho iniziato la procedura. Ciò dimostra esattamente il punto che illustravo poc’anzi: le procedure di migrazione messe a punto da Huawei possono essere indolori, nel mio caso lo sono praticamente state (tra un attimo spiego cosa ho fatto), ma richiedono un momento di riflessione che in altri casi avrei potuto tranquillamente tralasciare.
Cosa ho fatto, nella pratica. Ho acceso il P40 Pro e seguito le procedure di avvio, che sono standard meno un particolare: non c’è ovviamente il momento nel quale va inserito il proprio Google ID, bensì si opta per un Huawei ID che fa un po’ lo stesso – ovvero mettere a disposizione un cloud dove salvare alcune impostazioni, fare il backup delle foto ecc (per il primo anno ci sono anche 50GB di spazio gratuito). Ad avvio completato avevo tra le mani un telefono pulito, nudo e crudo: a bordo solo le app essenziali (la posta e il browser di Huawei, qualche app scaricata dal marketplace AppGallery e poco altro). La prima cosa che ho fatto è stata scaricare TrovaApp, una sorta di app-utility disponibile proprio su AppGallery: è uno strumento di ricerca app molto utile per comprendere rapidamente quali sono disponibili sulla piattaforma HMS nativamente, quali sono adattabili, per quali invece è necessario un sostituto. L’hanno sviluppata degli appassionati italiani, ed è curata con passione: ci sono dentro centinaia di app censite e testate, insomma è piuttosto affidabile ed è una risorsa estremamente utile.
A questo punto, avviata TrovApp, mi sono anche scaricato e installato altre due fonti di approvvigionamento: ovvero APKPure (al primo avvio TrovApp suggerisce esplicitamente di farlo), e l’Amazon Appstore. Con questi tre strumenti a disposizione mi sono messo a cercare le app che di solito utilizzo sul mio smartphone: per alcune è stato semplicissimo, per esempio WhatsApp si scarica facilmente dal sito ufficiale (e lo stesso si può fare per Facebook), per altre può essere più complesso. La differenza la fa TrovApp in questo caso, che ha già all’interno una collezione di app tra le più richieste e per ciascuna propone una soluzione. Telegram si scarica da AppGallery, TikTok pure, Instagram (ci ho aggiunto pure Facebook e Messenger per comodità) lo prendi dallo store Amazon: e così via.
Microsoft Office l’ho scaricato da AppGallery, Plex e Outlook da Amazon, come pure DAZN e Spotify. Il mio browser preferito del momento, Microsoft Edge, l’ho scaricato da APKPure: questo browser utilizza un Microsoft Account per sincronizzare preferiti e cronologia con i PC, quindi mi sono ritrovato tutto quanto mi serviva subito a portata di mano. Per farla breve, nel giro di poco avevo tutto quanto mi occorreva pronto all’uso: solo per un paio di app non c’era una soluzione e per quelle mi sono dovuto inventare qualcosa, ma per dire la posta G-Suite (quella a pagamento di Google) la gestisco agevolmente via Outlook calendario compreso. Ho usato la utility PhoneClone, fornita da Huawei, per trasferire il backup di WhatsApp (messaggi, foto, video) dal telefono precedente, e lo stesso ho fatto anche per app come Satispay e Stocard. Fuori sono rimaste praticamente soltanto le app Google: esistono delle alternative, come nel caso di Edge o di Outlook, le uniche funzioni di cui sento davvero la mancanza sono la tecnologia Cast – per spedire video e musica sui miei device smart in giro per casa – e Google Pay. Per alcune app tipo quelle per il delivery (uso Deliveroo e Esselunga Online) ho trovato una soluzione: le uso tramite browser (come nel caso di Deliveroo) o direttamente nell’app ottenuta da APKPure – basta ignorare l’avviso generico che l’app potrebbe avere problemi con l’assenza dei GMS e tutto fila liscio. Gli aggiornamenti, infine, li segnalano i vari store: AppGallery, APKPure e Amazon Appstore permettono tutti di effettuare gli update del caso.
Altro aspetto cruciale: funzionano i vari Netflix, Disney+, Prime Video, TIMVision e tutto il resto di queste piattaforme? La risposta è sì, con qualche avvertenza: come detto non c’è Cast disponibile, quindi se avete la casa tappezzata di speaker Google e Chromecast (come il sottoscritto) vi troverete un po’ a disagio nell’immediato. Però per esempio Netflix funziona con la Fire TV e Spotify con gli speaker Echo di Amazon, e pure le smart TV che hanno app Netflix a bordo possono essere controllate dal telefono. Altro aspetto da segnalare è che alcune app non riconoscono il P40 come una piattaforma “sicura”: siamo difronte qui a una di quelle questioni da smanettoni, ovvero la licenza DRM che Huawei non può ottenere perché l’azienda che controlla di fatto questo settore è stata comprata anni addietro proprio da Google. Widevine è una Google-company dal 2010, tutti si rivolgono a Widevine: se Huawei non può ottenere la licenza per i servizi Google lo stesso vale per la licenza Widevine L1, che è quanto servirebbe per avere i video in streaming HD e HDR che lo schermo del P40 si meriterebbe. I video si vedono ugualmente, e non sono male tutto sommato su queste diagonali: però non si può dire che sia tutto perfetto come dovrebbe essere.
Ne vale la pena?
Come ho scritto al principio, ci sono tre aspetti su tutti che vale la pena sottolineare parlando del P40 Pro: l’ottima autonomia, ci sono stati giorni in cui sono arrivato a sera con il 60 per cento abbondante di carica residua e vi assicuro che in questi giorni il telefono lo uso eccome (e poi il SuperCharge 40W è rapidissimo a riempire di nuovo la batteria, se serve); lo schermo decisamente migliorato rispetto al modello precedente (il nuovo OLED da 90Hz è un bel passo avanti per qualità complessiva); infine un pacchetto fotografia che ha fatto un altro passo in avanti (pure la selfie-camera è da primo della classe ora). Ci sarebbe da spendere anche un paio di parole per il design: i materiali usati sono eccellenti, così come la costruzione, e nel complesso trovo l’intera estetica del P40 Pro molto gradevole. Con l’unica eccezione del maxi punch-hole della fotocamera frontale, che però consente di sbloccare il telefono col viso anche al buio: ci sono dentro quasi gli stessi sensori del Pixel 4 (meno il radar), e tutto sommato la dimensione scelta da Huawei è tollerabile (sebbene alcune app siano più scomode da usare).
La fotocamera frontale “punch-hole” allungata del P40 Pro
L’autonomia: qualcuno sostiene che l’assenza dei servizi GMS sia un bene, perché così si capisce quanto impattino nella vita di tutti i giorni sull’autonomia del terminale. A mio avviso l’autonomia raggiunta dal P40 è frutto di una seria ottimizzazione della piattaforma nel suo complesso, dal processore Kirin 990 (che è sempre più potente, ma anche sempre più efficiente) fino allo schermo, e posso anche dire che non mi sono perso neppure una notifica come invece accadeva su alcuni Huawei con a bordo Google. Lo schermo, poi, è una gioia per gli occhi: è super-fluido e ha i colori che mi aspetto da uno schermo, non sgargianti ma piuttosto fedeli alla realtà. L’ho tenuto fisso a 90Hz e non ha influenzato in negativo l’autonomia: non male davvero.
Lo schermo OLED che monta il P40 Pro fa un passo avanti in termini di qualità e fedeltà cromatica rispetto alla generazione precedente
La fotocamera. Iniziamo dalla frontale, quella che ha fatto il più importante passo avanti: ora è una delle migliori fotocamere per autoscatti in circolazione – e non è poco visto che da sempre Huawei scontava un certo ritardo in questo aspetto – le immagini che produce sono ottime e buoni sono pure i video. Sul posteriore invece non è cambiata in modo significativo la configurazione complessiva dei sensori: abbiamo un principale da 50 megapixel (con pixel-binning, quindi le immagini risultanti avranno meno megapixel ma anche meno rumore di fondo e più gamma dinamica), un ultra-wide da 40 megapixel che assomiglia a quello del Mate 30 ma è ulteriormente migliorato; uno zoom 5x ottico con sensore RYYB da 10 megapixel e una lente periscopica di seconda generazione; dulcis in fundo il TOF, che serve a ricostruire tridimensionalmente la scena ripresa.
I selfie sul P40 Pro sono di ottima qualità: merito del nuovo sensore 32mpx con autofocus
Il modulo fotografico del P40 Pro: da sottolineare il diametro della lente davanti ai sensori Cine e UltraVision (i primi due dall’alto)
Qui il miglioramento più significativo è nei video, molto meglio anche che sul Mate 30: per registrare il telefono predilige il sensore da 40 megapixel, non a caso chiamato Cine-camera, che produce video super-stabili anche in risoluzione 4K 30fps (per la prima volta ho impostato questa risoluzione come default in un telefono che uso). I video fanno la differenza soprattutto di sera: quando gli altri telefoni producono un’immagine buia, il P40 tira fuori comunque qualcosa di comprensibile. Anche l’audio è migliorato grazie a un microfono dedicato sul posteriore. Per quanto attiene le foto, non c’è stato lo stesso gran passo avanti quanto un certo affinamento delle prestazioni: la gamma dinamica è aumentata in modo evidente, ma in certe condizioni di luce particolari si possono registrare degli scatti in cui alcuni colori caldi prevalgono un po’ troppo (le immagini sono troppo “rosse”, ad esempio). Forse è qualcosa che si potrà aggiustare col tempo, con qualche aggiornamento che tari meglio il colorimetro di bordo: ma parliamo di un dettaglio, le foto che tira fuori questo P40 Pro sono eccellenti (sempre parlando di smartphone, si intende), e sono migliorate anche quelle in modalità notturna.
Messa così, il P40 Pro è un bel prodotto: alla fine le domande che ricevo più spesso quando si parla di smartphone sono sulla batteria, la fotocamera e lo schermo, e questi tre aspetti sono ottimi nel nuovo Huawei. Forse l’audio, solo mono attraverso lo speaker integrato in basso, non è proprio da fuoriserie: ma è comunque adeguato. Poi ovviamente c’è il software: la EMUI 10.1 batte finalmente qualche colpo, alla buon ora, e finalmente ci sono degli affinamenti che ci volevano per stare al passo con la concorrenza. C’è meno stile asiatico in questa versione dell’interfaccia Huawei, e l’app per i temi consente un discreto controllo granulare di icone, testo e sfondi, anche se siamo ancora lontani dalla possibilità di personalizzazione che vantavano smartphone come il glorioso HTC One: però la EMUI 10.1 si fa voler bene e personalmente (sarà anche questione di abitudine) mi pare anche gradevole su questo schermo OLED.
Linee più pulite e icone più aggraziate per la EMUI 10.1
Veniamo al momento smanettone: la manutenzione del P40 è un’arte da apprendere con pazienza, tenere il passo con gli aggiornamenti delle app non è così banale come nel caso di quanto si farebbe con un Android qualunque. Di nuovo, non è impossibile: ma ci sono dei casi in cui una specifica versione di un’app scaricata o aggiornata via APKPure potrebbe stentare a funzionare e la frustrazione per chi non ha tempo o voglia di stargli appresso può montare: è successo per qualche giorno con Netflix, sono dovuto tornare a una release precedente e attendere che qualche dettaglio imponderabile del codice venisse sistemato (ora l’ultima versione gira senza problemi). In generale si deve sapere cosa si sta facendo: tutto dipende da quanta voglia abbiate di spendere un po’ del vostro tempo in queste operazioni.
Ah, dimenticavo: il telefono è anche 5G (non Stand-Alone e Stand-Alone: ovvero a prova di futuro) e WiFi6 (era ora!), monta Bluetooth 5.1 e tutto quanto vi aspettereste da un flagship nel 2020.
Questione di gusti, e di abitudini
Dopo aver letto un lunghissimo sproloquio come questo, ci si aspetterebbe una conclusione degna (e succinta) in cui si fa il rapporto tra prezzo e prestazioni e si consiglia o meno l’acquisto di un device. Ovviamente ora arriva: ma come si può già immaginare, leggendo questa review, le cose non sono soltanto bianche o nere pensando al P40 Pro.
Lo schermo tutto-curve del P40 Pro: bello da vedere e comodo da impugnare
Huawei ha fatto un gran bel lavoro: l’hardware di questo telefono è superiore a quanto abbia mai fatto la cinese fin qui, lo schermo curvo su ogni lato è gradevole da usare e non è “esagerato” come su Mate 30, le fotocamere sono finalmente ottime davanti e dietro, il processore Kirin è velocissimo e il telefono è 5G. Pure la forma, leggermente più allungata rispetto al precedente, è più comoda da usare. Se ci potessimo fermare qui i 1.049 euro chiesti per il P40 Pro sarebbero pienamente giustificati, in linea con tutta la concorrenza: però non ci possiamo fermare qui, dobbiamo anche parlare di Google Mobile Services (GMS) e Huawei Mobile Services (HMS). Ed è innegabile che a questi ultimi manchi ancora qualcosa per sostituire degnamente in tutto e per tutto i primi: succederà, abbiamo visto in questi mesi molti progressi, ma non abbiamo ancora visto l’accelerazione che avremmo sperato.
Si può vivere senza GMS, anzi semmai dovremmo porci il problema di come farlo: non è logico dipendere da un solo fornitore di servizi, non perché Google sia brutta e cattiva ma perché ai consumatori dovrebbe essere garantita una scelta alternativa. Però allo stato dei fatti chi vuole comprare un P40 Pro deve sapere cosa sta facendo: il telefono in questione regala grandi soddisfazioni, ma l’esperienza d’uso non è la stessa che si potrebbe avere su un telefono con a bordo i servizi Google. Per certi aspetti potrebbe persino essere migliore, se è vero che l’autonomia è influenzata in meglio (tutto da dimostrare), per altri aspetti ti complica la vita: se decidete di investire in questa piattaforma dovete saperlo, comprate un eccellente smartphone ma dovrete sudare un po’ per configurarlo al meglio (installare i GMS facilmente come su Mate 30 non è più possibile: si deve brigare un po’).
La confezione bianca del P40 Pro: da notare il riferimento esplicito alla AppGallery
Dunque torniamo al principio: il P40 Pro è un telefono sospeso. È sospeso tra la grandezza assoluta e la geopolitica: è senza dubbio un gran bel pezzo di hardware che, però, per qualcuno potrebbe risultare incompleto (e non certo per scelta o per colpa di Huawei). È una questione di abitudine, o per meglio dire di voglia di cambiare un po’ le proprie abitudini: non è impossibile da usare, ma bisogna volerlo ed esserne convinti visto il prezzo di listino.