Quest’anno c’è una doppia fotocamera: ma niente grandangolo. Il design resta inconfondibile: a Mountain View continuano a fare gli smartphone a modo loro
La storia di Pixel 4, da sola, meriterebbe di essere raccontata. Google non lo dice, ma questo è il primo Pixel in tutto e per tutto pensato e disegnato in casa dopo l’acquisizione della divisione mobile di HTC: dunque incarna in tutto e per tutto i valori e le idee che Google ha (o non ha) a proposito di uno smartphone. In attesa che qualcuno si dedichi alla scrittura di una biografia del Pixel 4, però, a noi tocca raccontare com’è e come va: in più in giro troverete quasi sempre la review della versione XL che, rispetto a quella base, ha uno schermo più grande e una batteria più capiente, ma che per il resto cambia davvero poco. Vediamo quindi come se la cava il fratello minore, il Pixel 4.
Di arancione mi voglio vestire
A differenza del fratello maggiore, il Pixel 4 è in vendita anche in una versione in edizione limitata in un color mango che non troverete facilmente in giro: è una scelta stilistica inusuale che testimonia una volta e per tutte qual è la cifra che ora permea l’intera offerta di device marchiati Google, che si contraddistingue per un certo minimalismo nelle forme che in qualche modo finisce per condizionare anche le capacità del device. Attenzione, non stiamo parlando di limiti bensì di scelte: sui Nest Mini, gli speaker di casa, non c’è un connettore jack audio per agganciare uno speaker secondario, oppure sul Pixel ci sono solo due fotocamere. Perché, secondo Google, basta così.
Invece di rincorrere gli altri, Google decide di perseguire una propria strada: per questo il Pixel è immediatamente riconoscibile tra gli altri smartphone grazie ai colori, alla interfaccia, alla confezione e pure nei materiali impiegati per le cover. L’unico altro esempio analogo è quello dell’iPhone di Apple, ma come detto in altre occasioni il paragone tra Android e iOS è azzardato: sostenere che il Pixel sia l’iPhone di Android è una forzatura, si tratta di due strade differenti che solo in parte hanno punti in comune (pur sempre di smartphone si tratta), e che procedono su binari paralleli e inevitabilmente si rivolgono a un pubblico leggermente diverso.
Questo Pixel 4 è indubitabilmente ben fatto: assemblaggio impeccabile, materiali molto belli (soprattutto quello arancio è davvero originale, con una texture satinata sul posteriore), schermo OLED con refresh variabile che oscilla tra i classici 60Hz e i più intriganti 90 (ma solo quando è impostato su alti livelli di luminosità: quindi occhio ai consumi). Fa storcere il naso l’assenza del jack audio, ma ormai ci dobbiamo fare l’abitudine: più seccante la mancanza nella confezione di cuffie o di un adattatore da USB-C a jack audio, segno che per Google la strada da seguire è quella dagli auricolari Bluetooth (come i nuovi Pixel Buds, che però arriveranno solo in primavera 2020).
A bordo come processore Google monta lo Snapdragon 855 di Qualcomm, non l’ultimissimo modello ma davvero non c’è molto di più da pretendere per qualsiasi smartphone: la GPU Adreno 640 è in grado di tenere facilmente testa allo schermo FullHD (che diventa QHD sul modello XL, ma la differenza è impercettibile nella realtà). 6GB di RAM montati su tutti i device, e storage (non espandibile) da 64 o 128GB: attenzione, mentre in passato i 64 potevano andare più che bene visto che Google Foto permetteva di caricare le foto scattate coi Pixel a piena risoluzione, da questo modello si applicano le stesse restrizioni allo spazio che valgono per tutti gli altri smartphone. In altre parole, pensateci bene prima di scegliere il taglio di memoria che preferite (e, se potete, optate per il 128: che però non è disponibile per il modello arancione).
Niente notch, doppia fotocamera
Da sottolineare due aspetti del design. Il primo è l’assenza di notch (o tacca) sul display: c’è un’ampia barra nera sulla parte alta del frontale, che contiene la fotocamera frontale (8 megapixel, f/2: funziona bene, anche in modalità notturna – ci torniamo dopo), ma soprattutto una novità davvero inedita che è costituita da un sensore radar denominato MotionSense che permette di velocizzare il riconoscimento facciale (unico sistema biometrico di riconoscimento, niente lettore di impronte) e di controllare coi gesti alcune funzioni del telefono. Il risultato è un certo sbilanciamento tra ciò che sta “sopra” e ciò che sta “sotto” il display, una soluzione stilistica che non sarà gradita a chi invece predilige la simmetria.
MotionSense è un concetto affascinante, ma il suo impiego reale è limitato: tutto lo sfoggio di gesture per cambiare canzone senza toccare il telefono è probabilmente poco più che qualcosa da usare per stupire gli amici la prima volta che gli si mostra il telefono nuovo, ma la sua utilità reale (per esempio per cambiare canzone mentre si sta guidando) è davvero scarsa. Bisogna azzeccare la distanza giusta ed essere sicuri che non ci sia nulla a intralciare la vista, insomma non proprio sempre comodissimo. Altro discorso l’uso di MotionSense per rendere più intelligente lo smartphone: per esempio spegnendo lo schermo (compreso l’Always On Display) quando non siamo vicini al telefono, così da risparmiare batteria, o per riaccendere il display al volo quando ci si avvicina al telefono che magari è appoggiato su un tavolo. Tra l’altro il rilevamento del viso, grazie al MotionSense, è davvero rapido e preciso: non c’è elastico tra i capelli, occhiali da sole o cappuccio che tenga, funziona ed è preciso in praticamente qualsiasi condizione (anche al buio).
Altro aspetto da sottolineare, sul posteriore, è la configurazione della fotocamera: in un quadrato nero, che ricorda iPhone 11 (o prima ancora il Mate 20), ci sono due sensori da 16 e 12,2 megapixel, rispettivamente zoom 2x (f/2,4) e il classico con lente f/1,7. Entrambi i sensori sono stabilizzati otticamente, ma in più lo zoom mette in campo un sistema per evitare lo sfarfallio nelle foto (tipico degli scatti sotto le luci a fluorescenza). Su come va la fotocamera, comunque, torneremo tra un attimo. Sul davanti c’è una singola fotocamera da 8 megapixel per i selfie: a differenza del modello dello scorso anno niente doppia fotocamera neppure sull’XL, a riprova che Google non si intestardisce se un tentativo non ottiene il risultato sperato.
Esperienza software impeccabile (o quasi)
Una delle ragioni principali per decidere di acquistare un Pixel 4 è il software a bordo: Android 10 puro, che più puro non si può, con una qualità grafica e una fluidità davvero eccellente. Ulteriormente affinato l’Assistente (ma per ora solo in lingua inglese: in italiano le novità arriveranno nel 2020), c’è un nuovo registratore vocale che fa sfoggio di AI ed è in grado di trascrivere automaticamente l’audio in testo (anche questo per ora vale solo per l’inglese) tra l’altro senza bisogno di ricorrere al potere del cloud ma facendo tutto in locale, sfruttando i potenti mezzi del processore e del software sviluppato a Mountain View.
Ci sono tante piccole cose che distinguono il Pixel 4 dal resto degli smartphone Android: per esempio si può attivare una funzione software che permette di sottotitolare automaticamente i video mostrati sul display, così come il sistema di gestione della doppia fotocamera è impressionante se si considera che appunto monta solo due sensori. Il trucco è sfruttare al massimo tutte le funzioni di accelerazione hardware e software che ci sono a disposizione in un telefono moderno: Google, che di certo non punta a battere record di vendita con il Pixel, si diletta a flettere i propri muscoli e mostrare che cosa è in grado di fare uno smartphone ben costruito e programmato.
Prendiamo appunto la fotocamera: i due sensori lavorano di concerto, e se questa non è certo una novità va sottolineato che il risultato è davvero impressionante guardando gli scatti. Nonostante lo zoom ottico sia soltanto 2x, grazie alla combinazione dei dati provenienti dai due sensori si può agevolmente arrivare a 8x in digitale ottenendo comunque dei risultati più che accettabili (e per alcuni aspetti impressionanti). Alla sera il risultato degli scatti, con la modalità notturna attivata, è pari o in alcuni casi persino superiore a quello dei migliori smartphone su piazza che montano magari 4 sensori e tecnologie ottimizzate per catturare ogni singolo fotone della luce disponibile.
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Certo questo approccio ha comunque qualche limite. Niente di insormontabile, ma far sparire di colpo il sensore delle impronte digitali da uno smartphone può causare qualche grattacapo: per esempio alcune app come Satispay non prevedono ancora di optare per il riconoscimento facciale, altre app come LastPass semplicemente quando richiederebbero l’uso dell’impronta si accontentano di quanto il sistema operativo gli dice (previo riconoscimento facciale, si intende) e concedono accesso alle proprie funzioni. In questo caso la frammentazione di Android rispetto a iOS si mostra concretamente, ma non è il caso di farne una tragedia: gli aggiornamenti software possono fare miracoli.
La fotocamera, sopra tutto
Altro aspetto che si giova del costante aggiornamento di Google del lato software del device Pixel è la fotocamera: chi possiede o ha provato un Pixel 3 sa quanto gli aggiornamenti nel corso di un anno abbiano cambiato e migliorato la qualità degli scatti, e questo Pixel 4 promette di fare lo stesso. Anche perché in certi casi è evidente che soffre ancora di qualche difetto di gioventù soprattutto per quanto attiene il bilanciamento del bianco con la fotocamera principale: può capitare di vedere il grigio trasformarsi in blu, e non c’è verso di convincere il telefono a cambiare idea se non cambiando l’inquadratura e la composizione dello scatto. Difetti di gioventù dicevamo (chi si ricorda il G4 di LG? montava un innovativo sensore colorimetrico che all’inizio aveva un problema simile), che si risolveranno nel corso delle prossime settimane: per il resto invece il software sembra già molto maturo, con scatti di giorno e di sera che restituiscono uno stile costante e coerente e che sono davvero soddisfacenti considerando che parliamo di uno smartphone.
Ancora qui possiamo vedere che l’approccio seguito da Google è diverso da quello seguito dalla maggioranza dei produttori: abbiamo appena assistito al lancio di un telefono con sensore da 108 megapixel, ma messi assieme i due sensori posteriori del Pixel 4 non arrivano neppure alla metà di tale valore (neppure sommando il sensore frontale al totale). Magari non scatterà foto da 10.000 pixel di larghezza, ma il Pixel 4 scatta belle foto: e il risultato è tanto più efficace considerando appunto che si misura con un hardware buono ma non estremo, che compensa con efficacia i megapixel in meno col software.
L’interfaccia della fotocamera fa anche qualche passo in avanti in termini di flessibilità: ora mostra in tempo reale il risultato finale (con qualche approssimazione) che si otterrà dopo lo scatto, applicando lo stesso tipo di elaborazione che il sistema operativo applica sulle foto che finiscono salvate in memoria (lo chiamano HDR Live). In più si può interagire con la regolazione di alte luci e ombre, tappando sullo schermo e regolando tramite due cursori questi due parametri. Anche la modalità ritratto e la modalità notturna sono state migliorate (e funzionano anche con la frontale, con ottimi risultati per altro): lo scontorno della prima e l’effetto bokeh applicato via software sono tra i migliori in circolazione, la seconda invece è più agevole e semplice da usare e produce come detto risultati eccellenti.
Insomma, se la vostra passione sono le belle foto con lo smartphone il Pixel 4 è senz’altro una scelta da tenere in considerazione: ripetiamo, non ha tutte le funzioni avanzate che vantano altri competitor in questa fascia di prezzo (sensore zoom con lente periscopica, macro dedicata, milioni e milioni di megapixel) ma se la batte alla pari in quasi qualsiasi condizione. Merito del lavoro portato avanti in questi anni dal team che sviluppa il software della fotocamera: che di certo non ha smesso di lavorare, e che quindi migliorerà il rendimento della fotocamera nel corso di tutta la vita del prodotto.
Le dolenti note
Scegliere di puntare tutto sul software può avere qualche controindicazione. Tipicamente lo scoglio principale è costituito da una incapacità di sfruttare adeguatamente l’hardware a bordo, ma come abbiamo visto dal punto di vista delle funzioni, della qualità dell’interfaccia, dell’esperienza d’uso e della fotocamera non ci sono pecche particolari da segnalare. C’è un aspetto però su cui Google potrebbe fare di più: l’autonomia lontano dalla presa, in particolare di questo Pixel 4.
L’esperienza nell’utilizzo del Pixel 4 come telefono principale è stata per certi aspetti frustrante: non sono certo un utente medio di smartphone, i miei terminali restano con lo schermo acceso molto a lungo tra social, chiamate, fotografie e in generale diverse app che utilizzo ogni giorno, e l’uso intenso del terminale ha messo seriamente in difficoltà i 2.800mAh di questo Pixel con lo schermo da 5,7 pollici. Arrivare a sera in queste condizioni può essere problematico: a parità di utilizzo ho avuto esperienze molto migliori con terminali sicuramente più grossi e carrozzati dal punto di vista delle specifiche dell’accumulatore interno, ma ciò giustifica solo in parte il risultato che ho sperimentato.
Qui ci sono due possibilità: potrebbe darsi che sia solo una questione software, e che Google possa intervenire con i suoi aggiornamenti per migliorare in modo minimo o significativo l’esperienza d’uso, oppure se è l’hardware che non è stato studiato al meglio per offrire performance adeguate allora c’è poco da fare. Se vi aspettate performance di un certo livello dalla batteria del vostro Pixel, optate per il modello XL.
Il miglior Pixel mai prodotto
Difficile stabilire se la quarta versione del Pixel di Google sia la migliore mai realizzata: in realtà forse il modello XL dello scorso anno aveva qualcosa di più un termini di innovazione rispetto al modello che l’aveva preceduto, ma senz’altro questa release affina in tutto e per tutto ogni aspetto del prodotto. Il Pixel 4 è bello, rapido, scattante, scatta belle foto e si integra alla grande con tutto l’ecosistema di servizi di Mountain View.
Se siete soliti consultare il vostro smartphone per social, posta, messaggi e così via, però, fatevi un regalo e prendetevi la versione XL: con quella le performance della batteria sono all’altezza di un medio di gamma, riuscendo a portare senza patemi particolari a concludere la giornata. Il Pixel 4 standard, invece, è adatto a chi usa il telefono senza stressarlo mai troppo: certo le dimensioni compatte sono un argomento forte a suo favore, ma questa volta pare proprio che i compromessi fatti siano stati eccessivi.
Onestamente appare difficile consigliare il Pixel 4 a 759 euro (prezzo ufficiale) nella versione 64GB: meglio optare innanzi tutto per l’XL, e in seconda battuta scegliete il 128GB – serve spazio per le foto, visto che non si possono più salvare in qualità originale sul cloud. Le considerazioni da fare riguardano a questo punto il posizionamento di prezzo: bisogna mettere in conto di spendere 999 euro per il Pixel 4 XL da 128GB per fare la scelta più assennata oggi, che sono davvero tanti considerato quanto la concorrenza offre in questa fascia di prezzo.
Come già detto poco sopra, di sicuro Google non punta a realizzare volumi di vendita imponenti con questi smartphone: sono soprattutto un’esperienza unica per quanto attiene l’utilizzo di Android, sono lo stato dell’arte del software a bordo di uno smartphone, scattano foto notevoli e seguono un percorso differente da quello della gran parte della concorrenza. Consigliare il Pixel a chiunque non si può: si deve essere consapevoli che si opta per un’esperienza che è appagante sotto certi aspetti e meno per altri (batteria innanzi tutto). A parte tutto, però, riguardando gli scatti effettuati con questo Pixel 4 non posso che ribadire che ha una delle fotocamere più impressionanti mai vista su un telefono. C’è da imparare da Google in questo senso, e forse il Pixel serve proprio a questo: a mostrare a tutti che esiste un modo diverso di progettare uno smartphone, e a spostare un po’ più su l’asticella per tutti.