La startup polacca Polyamourus Games ci porta nel pieno del progetto segreto Projekt Riese: la Germania nazista ha edificato sotto la Polonia una lunga serie di bunker, dopodiché ha fatto esplodere armi atomiche per liberarsi dei suoi nemici
Da qualche tempo il mondo dei videogiochi ha assistito alla proliferazione dei walking simulator. Si tratta di un genere peculiare in cui non si incontrano nemici di sorta e al giocatore non resta altro che addentrarsi nelle ambientazioni, rinvenire oggetti (utili, per lo più, a scoprire dettagli della sinossi) e risolvere enigmi. L’azione è davvero pochina e tutto resta appeso alla bravura degli sceneggiatori: se la storia regge, si ha voglia di continuare a passeggiare per le ambientazioni offerte dallo sviluppatore di turno, se invece annoia, il titolo rischia di scivolare ben presto nel dimenticatoio. Paradise Lost segue pedissequamente (ehr…) i canoni del genere di riferimento ma prova a stimolare il giocatore con una versione differente della storia. La domanda da cui tutto parte è: cosa sarebbe successo al mondo se avesse vinto Adolf Hitler?
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A spasso per i bunker di Paradise Lost
I ragazzi della startup innovativa polacca di PolyAmorous Games hanno deciso di prendere un frammento di storia che conoscono bene, il piano militare – realmente esistito anche se mai completato – Projekt Riese che ha visto la Germania nazista scavare una incredibile quantità di bunker, depositi e gallerie nel sottosuolo della Polonia, cucendoci attorno una storia inventata di sana pianta che vede appunto il Terzo Reich uscire vittorioso dal conflitto mondiale e persino essere il primo a mettere le mani sull’atomica, grazie alla conquista dell’Africa e delle sue riserve di plutonio.
Il D-Day, nell’universo alternativo di Paradise Lost, non c’è mai stato, ma USA e URSS hanno comunque deciso di provare un ultimo, disperato, attacco congiunto da Est e da Ovest che ha portato i gerarchi nazisti a rifugiarsi nel sottosuolo polacco, facendo detonare in superficie tutte le atomiche a loro disposizione. Vent’anni dopo, nel 1980 circa, il dodicenne Szymon, dopo aver perso sua madre (di cui gli rimane soltanto una foto, in compagnia di un uomo misterioso), scopre un gigantesco bunker nazista vagando tra le aride lande contaminate della Polonia. Chi è l’uomo nella foto? Per qualche strano motivo Szymon è convinto che le risposte si celino nel bunker…
Strutturato in 5 capitoli che rievocano le 5 fasi di elaborazione del lutto (negazione, rabbia, negoziazione, sofferenza e accettazione) dalla durata più o meno di un’ora l’uno, Paradise Lost riesce a intrattenere e incuriosire fino alla fine, portandovi a setacciare le dettagliate ambientazioni, ottimamente ricostruite secondo gli stili dell’epoca, alla ricerca di documenti che vi svelino cosa è successo lì sotto negli atroci anni del conflitto.
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Se a livello tecnico, Paradise Lost è davvero un prodotto degno di nota, con un Unreal Engine 4 ben sfruttato, un buon doppiaggio e pure ottime musiche d’accompagnamento, a livello ludico presenta qualche incertezza di troppo: ok il walking simulator, ma qui di fatto non si fa davvero altro che camminare. Non esiste nemmeno un inventario, perciò non sarà possibile conservare i documenti che ritroveremo. Le stesse scelte che potremo compiere ai pochi bivi presenti, non paiono riverberarsi sulla prosecuzione della trama e l’impressione è che gli sviluppatori si siano concentrati molto sull’atmosfera, lasciando perdere però tutto il resto, dovendo infine chiudere il progetto nonostante le tante parti rimaste apparentemente sospese. Tuttavia, per quanto elementare e lineare, Paradise Lost sa intrattenere per il (poco) tempo che dura.