Con i progetti “She Works for Peace” e “Bale Khanom” aiuta le microimprese di donne afghane a emergere in un contesto sociale estremamente difficile. «Non andrebbe mai dimenticato chi non ha le nostre stesse opportunità»
Classe ’82, Selene Biffi dopo aver girato il mondo si è occupata di cooperazione allo sviluppo e di affari umanitari in 15 Paesi e quasi vent’anni fa ha fondato Youth Action for Change, organizzazione no-profit interamente gestita da giovani e attiva in oltre cento Paesi. Negli anni, ha lavorato con diverse agenzie ONU fino alla fondazione di “She Works for Peace“, associazione non-profit che supporta donne, associazioni e imprese femminili in Paesi interessati da conflitti come l’Afghanistan e l’Ucraina. Innovatrice, imprenditrice, sempre attenta agli “ultimi” e, soprattutto alle “ultime”, attraverso progetti innovativi e di riscatto sociale Selene offre una seconda opportunità a coloro che non ce l’hanno mai avuta. «Anche se l’attenzione mediatica spesso verte su altri temi, non ci si dovrebbe mai dimenticare di chi vive in contesti estremamente difficili, come quello afghano – racconta Selene a StartupItalia – È proprio lì che c’è bisogno di innovazione nel senso più profondo del termine».
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She Works for Peace
«Ho visto resilienza e speranza anche nelle situazioni più complicate», ci aveva raccontato un anno fa Selene durante un’intervista. E proprio quella resilienza e quella speranza sono i motori che la spingono nei suoi progetti inclusivi e solidali. «Con “She Works for Peace”, dal 2022 forniamo supporto tecnico, finanziario e di mentoring per le donne che, tra le mura domestiche, hanno avviato delle microimprese vere e proprie – racconta Selene – In particolar modo ne abbiamo seguite oltre 300, che si occupano principalmente di produzione alimentare, tessile e di artigianato. In un momento di forti cambiamenti per il Paese abbiamo voluto aiutare il maggior numero di donne possibile. Noi stessi ci siamo trovati in una fase transitoria tra numerose richieste di supporto e la nostra volontà di ampliare il raggio d’azione con progetti più incisivi rispetto alle necessità». E quel raggio d’azione si è ampliato prima con la Cooperativa Agricola Girolomoni di Isola del Piano, associazione che ha contribuito alla rinascita di un pastificio gestito da donne in una località al nord dell’Afghanistan, dove gli spaghetti sono il prodotto principale, poi con l’avvio di altri progetti. Tra questi, Bale Khanom, un centralino che aiuta le donne afghane a crearsi un lavoro.
Un centralino per le imprenditrici afghane
Con l’obiettivo di offrire supporto manageriale e imprenditoriale a queste microimprese nate in Afghanistan, il progetto “Bale Khanom” incoraggia la partecipazione delle donne a svolgere ruoli sempre più attivi nel proprio contesto sociale – e non solo – attraverso un centralino che risponde a molteplici richieste. La tecnologia utilizzata dal progetto per la ricezione, lo smistamento e la valutazione delle telefonate è stata realizzata in collaborazione con Viamo, impresa sociale con focus su tecnologia e comunicazioni per i Paesi in via di sviluppo, mentre il progetto è reso possibile grazie al supporto del Fondo di Beneficenza ed opere di carattere sociale e culturale di Intesa Sanpaolo. «Stiamo notando che, piano piano, questo tipo di servizio è sempre più conosciuto – spiega Selene – Questo ci dà tanta forza a continuare e ci aiuta a comprendere sempre meglio e sempre più nel dettaglio le necessità di queste imprenditrici che spesso non sanno neanche di esserlo. Bale Khanom è solo il primo di tanti progetti che abbiamo intenzione di avviare, ma non è semplice farlo in territori di questo tipo. Ci sono voluti mesi per avere i permessi e per fare formazione tecnica». Selene conta anche sul supporto del suo team afghano, che è stato capace di aiutare fino a 5000 microimprese in un anno.
Progetti per il futuro
Nonostante non sia facile creare un ecosistema di supporto alle donne in territori così difficili, Selene è sempre positiva e guarda al futuro con speranza, sempre attenta all’innovazione. «Questo per noi è stato un anno di passaggio, in cui ci ha guidato l’obiettivo di creare un sistema differente e dare vita a nuovi progetti per offrire sempre più possibilità a queste donne che, spesso, avviano piccole imprese le quali, formalmente, non sono né registrate né hanno una contabilità e un bilancio – spiega Selene – Stiamo parlando di ricavi inferiori ai 12mila dollari annui e si pensi che non sono le produttrici a vendere i manufatti direttamente, nella maggior parte dei casi, ma i loro familiari uomini che hanno possibilità di movimento». E riguardo i progetti per il futuro Selene afferma: «Vogliamo ampliare quello che già facciamo adesso creando progetti e imprese sociali che rispondano a necessità e meccanismi di partecipazione aggiuntivi come leva di inclusione e di autonomia economica – conclude Selene – Contiamo di allargare il team in Afghanistan nel 2024, e io spero di riuscire a partire presto». Nel frattempo, chi vuole comunque approfondire questo mondo così difficile ma anche così ancorato alle proprie tradizioni può dare un’occhiata alla mostra fotografica di Oriane Zérah “Afghanistan, rose sotto le spine”, in esposizione fino all’Epifania all’aeroporto di Milano Linate.
«Si tratta di un percorso che vuole mostrare un altro lato della cultura afghana, di cui non si parla molto, e che consiste nella profonda relazione che gli afghani nutrono verso la natura e la bellezza dei fiori – conclude Selene – Vogliamo tenere sempre acceso un riflettore su questa realtà di cui non si sente quasi più parlare ma che non per questa ragione non esiste».