Titolo di debutto per la startup 2 Ton Studios di Stephen Danton (ex Microsoft) e Sara Kitamura. Riuscirete a riabbracciare la vostra famiglia?
È un gioco minimalista, Unto The End. Minimalista come i suoi bianchi scenari innevati, o le sue grotte buie in cui dominano solo il nero, il grigio e le loro sfumature; minimalista come la sua sinossi, che non ha bisogno di nomi e dialoghi per procedere, minimalista come alcuni aspetti del gameplay appena abbozzati eppure presenti. Minimalista come il bisogno di sopravvivere che scatta nell’uomo quando sente di essere in pericolo: se ci si trova in un territorio ostile e ogni cosa è potenzialmente letale, nessuno di noi starebbe a spaccare il capello in quattro e a filosofeggiare sui massimi sistemi. Chiunque combatterebbe per riportare a casa la pellaccia.
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Trascinandosi in Unto the End
In Unto The End, opera prima della coppia che anima 2 Ton Studios disponibile su PC, Xbox One, PlayStation 4, Stadia e Switch, si fa appunto quello. Si deve sopravvivere per tornare a casa. Il titolo ideato dalla startup di Stephen Danton (ex Microsoft) e Sara Kitamura è un bizzarro miscuglio tra un platform e un survivor game. Come si diceva, l’intera opera è minimalista, a partire dalla sinossi. Voi impersonerete un padre di famiglia che, in una sfortunata battuta di caccia, casca in un crepaccio e viene assalito da creature mostruose. Isolato, stremato, affamato e dolorante dovrà iniziare una lunga peregrinazione che lo riporterà dai propri affetti.
Facile a dirsi, tutt’altro a farsi. Perché Unto The End è un’opera ruvida, dalla difficoltà media di un’altra generazione di videogiochi. Si muore davvero facilmente, per colpa dell’asperità del luogo e, soprattutto, della perizia con cui dovrete gestire le fasi di combattimento. Anche queste sono appena abbozzate: colpo leggero, colpo pesante (che vi costringerà a impugnare l’arma con due mani, posando quindi la torcia), schivata e possibilità di lanciare il coltello. Non crediate di andare avanti a testa bassa perché il protagonista non è Jon Snow. Non penetra nelle file degli Estranei come il grissino col tonno. È un povero cacciatore che nemmeno imparerà a combattere cammin facendo perché non c’è un sistema di progressione. Solo di crafting, con tre-quattro materiali per aggiustare e potenziare tre-quattro oggetti. Tutto qui? Tutto qui.
Il sistema è crudele e non permette il minimo errore, proprio così come la montagna in pieno inverno. Se, nel tentativo di schivare un nemico, urterete un elemento dello scenario, perderete la vostra spada e dovrete riprenderla in mano. Allo stesso modo, lanciare il coltello a un avversario troppo vicino vi esporrà per alcuni secondi alla sua sete di sangue. Per avere la meglio su ogni creatura che vi si parerà di fronte bisognerà mantenere la calma e, soprattutto, osservarne la routine comportamentale. Prima di ciascun attacco avrete qualche millesimo di secondo per capire se vi conviene attaccare, parare o schivare.
Unto The End richiede un po’ di pratica, ma è possibile concluderlo in un’oretta e mezza. E vi consigliamo di rigiocarlo, dopo aver visto i titoli di coda, perché difficilmente al primo giro assisterete al finale “positivo”. In più, il titolo dei ragazzi di 2 Ton Studios sfoggia animazioni quasi cinematografiche. Sarebbe un peccato archiviarlo dopo novanta minuti, considerati i dettagli che possono esservi sfuggiti in questo platform 2D solo all’apparenza minimalista. Pare impossibile, eppure anche una grafica piatta, dalla palette cromatica limitata e dai personaggi simili a marionette riesce a sprigionare un forte senso di apprensione e pathos misti a malinconia. Un’opera da non lasciarsi sfuggire.