Non è una startup, ed esiste da 97 anni. E’ l’Aclu, l’organizzazione che sta contrastando l’ordine esecutivo con cui Trump ha “congelato” i visti degli immigrati e rifugiati di 7 paesi islamici. Dopo aver raccolto 24 milioni in pochi giorni, ora l’associazione si allea con la Silicon Valley
Y Combinator, il più importante acceleratore di startup guidato da Paul Graham, si prepara ad accogliere una startup un po’ particolare. Si tratta dell’Aclu, la celebre American Civil Liberties Union, una delle ong più note e potenti degli Stati Uniti. Per capirci, è quella da sempre in prima linea nella lotta per i diritti civili e, per rimanere alla stretta attualità, è quella che ha portato di fronte al tribunale di Eastern New York l’ordine esecutivo del presidente Donald Trump sul blocco dei visti per sette Paesi a maggioranza islamica. Vincendo.
L’ingresso del giro di Graham
E proprio a questi ultimi giorni sarebbe legata la decisione di entrare nel roster di un acceleratore, per quanto celebre. Le donazioni ricevute online nel corso delle proteste delle ultime settimane hanno infatti portato nelle casse dell’Aclu – che ha sede a New York ed è stata fondata nel 1920 col nome di Civil Liberties Bureau – una somma inaspettata: 24 milioni di dollari. Si tratta di sei volte tanto la raccolta media annuale, almeno stando ai conti riportati dal Washingont Post.
Quei soldi vanno trasformati in soluzioni inedite, che aiutino la battaglia per le storiche cause, dalla libertà d’opinione all’aborto passando più in generale per i diritti umani e dei migranti. Ecco dunque la strada da percorrere: in un post sul blog ufficiale Sam Altman, presidente di Y Combinator, ha svelato che il prossimo inverno l’Aclu entrerà nel giro dell’acceleratore partecipando alle sessioni in programma per quella stagione. E, come ogni altra startup, si presenterà il prossimo marzo al Demo Day biennale.
«L’Aclu è sempre stata importante ma adesso ha un ruolo centrale – ha scritto Altman – siamo onorati di poterli aiutare e spediremo presto una delle nostre squadre a New York per dare loro una mano». La Silicon Valley entra dunque a pieno titolo nella sempre più lacerata agorà politica statunitense. Non che mancassero iniziative, associazioni, fondazioni, prese di posizioni piuttosto dure e nette – se ne sono accumulate numerose in questi giorni, da Reed Hoffman di Netflix a Travis Kalanick di Uber passando per Google e Microsoft senza contare l’attivismo di Mark Zuckerberg, che molti vorrebbero in corsa per la Casa Bianca fra quattro anni – ma questo è un passaggio ulteriore. E forse più importante.
Perché lassociazione ha bisogno di Y Combinator
Da Mountain View, sede dell’acceleratore lanciato nell’’ormai lontano 2005, l’associazione statunitense potrà costruire una rete più fitta ed efficace con i player digitali e soprattutto capire come spendere bene i tanti soldi che attivisti, semplici cittadini, aziende, enti stanno versando nelle sue casse preoccupati dalle continue e divisive mosse del presidente. Alcune testate, come The Verge, sottolineano anche i naturali cortocircuiti che verranno a crearsi. Perché se è vero che la maggior parte del mondo hi-tech è contro Trump, è altrettanto vero che alcuni personaggi di spicco come Peter Thiel, cofondatore di PayPal e consigliere proprio di Y Combinator, sono schierati dalla parte del nuovo inquilino della Casa Bianca.
Non è la prima volta che succede
Una ong che si traveste da startup non è tuttavia una novità assoluta. Anche se certo il coinvolgimento dell’Aclu – che dalla teoria dell’evoluzione nel 1925 al mitico caso di Skokie, Illinois, quello delle manifestazioni neonaziste per cui l’Aclu si è battuta, finite poi nel film Blues Brothers, si è spesa per ogni genere di causa – costituisce una svolta. In passato Y Combinator aveva infatti ospitato ong come il Detroit Water Project, CodeNow e DemocracyOS. Come è facile notare, il raggio d’azione dell’Aclu, dal 2008 guidato dall’avvocata e giurista Susane N. Herman, è decisamente più ampio. Il fronte fra attivismo e tech sempre più saldo che mai. Un po’ grazie anche a The Donald.