Diego Banovaz, CEO di Fairbooks, ha raccontato in maniera leggera e divertente, l’incontro con Mark Zuckerberg all’Università LUISS di Roma.
Lo sanno anche i sassi: il buon Mark d’oltreoceano ha pensato bene di venir nella capitale e di tenere un’oretta di Q&A per gli studenti della LUISS e pochi altri eminenti personaggi accreditati. E qua già il primo colpo di scena: il Sottoscritto, Diego Banovaz, CEO di Fairbooks e blateratore impertinente ammesso alla corte dell’imperatore del Regno di Social.
Il discorso di Zuckerberg visto con gli occhi di uno startupper
Ormai le domande fatte le sapete già, il discorso l’avete già visto, seguito in diretta da quasi centomila spettatori. Quello che, forse non sapete, è cosa prova uno squattrinato startupper di fronte a “quello che ce l’ha fatta” per eccellenza.
Innanzitutto la partecipazione all’evento: ormai il CEO “di professione” manda l’application per qualunque cosa. Sagra del Becco? Festa della Sardella Triestina? Cercano una startup biotech e tu produci pistoni per auto elettriche? Applichi. Non c’è un filtro, non c’è cognizione di causa, c’è solo un “tanto fanno loro la selezione”!
E così, circa un mese fa, ti arriva la classica Email che comporta l’”insta-application”
Il sunto era: “Ciao a tutti, verrà qualcuno di superfichissimo a Roma. Compilate sta cosa e se non gli fate troppo schifo magari lo incontrate” E, come sempre, Insta Apply. E così, mentre sei a lavorare a Zante con tasso etilico pari a quello di un alpino durante l’adunata nazionale, ti arriva un’email che ti annuncia che sarai uno dei partecipanti ad un Q&A con il CEO di Facebook
Ma.. quali domande fare?
Ti inizi ad arrovellare su quali possano essere le domande che effettivamente potresti porre ad una persona di quel calibro.
“Mi dai soldi?” Scartata.
“Ciao, ho una startup di cui vorrei sapere la tua opinione…” Scartata
“Mi capita spesso che mi dicono che ti assomiglio, ti è mai successo lo stesso?” Teniamola per buona
E così arriva il grande giorno, attraversi mezza Roma a piedi mentre cerchi di assaporare le sensazioni per l’imminente incontro. Avete presente la quiete prima della tempesta? O almeno, presupponi che ci sarà una tempesta poi, non ne sei sicuro. Ti culli in una soffice apatia mentre ti trovi a pensare che se l’avessi saputo prima che c’era il live streaming non ti saresti fatto 4 kilometri a piedi per Roma in agosto.
L’atmosfera alla LUISS
Arrivi alla LUISS e vedi un’accozzaglia di persone in fila per entrare attorniate da miriadi di giornalisti alla ricerca di qualcuno da intervistare. Ti butti in coda e aspetti il tuo turno. Ti ricordi di avere un biglietto VIP che, all’ingresso, diventa un braccialetto dorato. Entri nella sala, un’aula storica dalla capienza di (a stima) cinquecento persone e ti siedi su uno dei seggiolini dorati (del colore del braccialetto) prima di renderti conto che se talmente lontano che davvero speri ci sia il Wi-Fi per vederlo in diretta dal tuo computer. Guardi l’orologio, manca un’ora e un quarto all’intervento. Telefono in Tethering, ti metti a lavorare.
A pochi minuti dall’inizio escono due figuri di Facebook che spiegano le regole del Talk. Non si possono far domande su acquisizioni, non si possono far domande sul titolo di borsa. A differenza di quanto ti fossi immaginato, le domande non erano già state selezionate, ma verranno prese a random dalla folla.
Una parte di te si immagina in mondo visione mentre gli domandi se davvero capita anche a lui che la gente per strada gli dica che gli assomiglio.
Già senti il sapore dell’imperitura gloria che ti si posa addosso per non togliersi più, simile a quel sapore di vaniglia che gli eroinomani dicono di sentire sempre, qualunque cosa mangino. Ti rivedi mentalmente il video del magico Signor Giancarlo alla ruota della fortuna, vent’anni fa mentre rinunciava al montepremi per incidere il proprio nome nella storia.
Mark.
E così, nell’ovazione generale, dopo che ti han tolto la voglia di vivere venti volte con quelle lagne dei Coldplay, eccolo sul palco. È inevitabile, la prima cosa che pensa uno stratupper addestrato è controllare il suo standing, il suo portamento, il suo modo di parlare, il suo modo di guardare o meno il pubblico.
È una cosa, purtroppo o per fortuna, che ormai è naturale come respirare.
E così, dopo aver analizzato velocemente le prime due frasi, solo dal punto “musicale” e del “ritmo”, attivi la controparte semantica del tuo cervello per capire il suo bel discorsetto. “Earthquake?” La parola terremoto rimbalza nella tua testa con fastidio. La sensazione che il buon Mark stia facendo una marchetta bella e buona ti fa girare un po’ gli zebedei. Parte con dieci punti di svantaggio.
Arriva la prima domanda, li riguadagna. Ti rendi conto che la cosa è tutto fuorché costruita. Arrivano un paio di domande scomode, un paio di domande personali. Inizi a capire quel virtuoso meccanismo che sta alle spalle di una delle più grosse compagnie al mondo, inizi a percepire una sorta di candore di fondo ma, soprattutto, una cosa che, da ingegnere, ti fa gridare “EUREKA!” Tutto ciò che dice il CEO di Facebook è dannatamente LOGICO, le decisioni aziendali, i cicli di approvazione patch, l’accento sull’apprendimento continuo da parte dei sistemi e la “fluidità” dello stesso non sono altro che l’applicazione di ciò che una persona sana farebbe.
Ti rendi conto all’improvviso che, dopo esser partito in svantaggio di 10 punti, Mark ha completamente ottenuto il tuo consenso. Ci sono risposte o passaggi che ti fanno dubitare ma, ogni volta che c’è qualcosa di “sbagliato”, il perché viene subito spiegato, riportando la risposta nei limiti di accettabilità logici.
I tre punti fondamentali dello speech
I tre punti sui quali batte tanto Mark a tutti coloro che gli domandano “il segreto del successo” sono SEMPRE QUELLI (si, quelli che ti insegna un libro, un acceleratore di impresa, un advisor…)
- Vision (andare sempre nella direzione del cambiamento che si vuole apportare al mondo)
- Team (circondarsi delle migliori persone possibili e crescere con esse. Nessuno fa tutto da solo)
- Persistance (non abbandonare alle prime difficoltà, l’imprenditore deve essere capace di imparare e cambiare ad una velocità impressionante)
E mi avvio alla fine con una risposta spontanea data da Mark, una risposta che ha tratto in ballo anche la sua infanzia e famiglia. (sottointeso, per te che hai già tutto) Dove trovi la motivazione? La risposta è arrivata schietta e sincera: la motivazione deriva dalla profonda responsabilità che abbiamo nel creare un mondo migliore.
Ho, onestamente, preso parte all’evento di oggi mosso più da curiosità che da interesse e devo ammettere che sono rimasto entusiasta dell’aver partecipato. Non per trovarmi di fronte al classico discorso motivazionale / startup / keep pushing, ma per essermi trovato di fronte ad un caso di successo meritato, ad una persona che è riuscita a mantenere integrità ed umiltà.
Non credo Mark Zuckerberg sia un super uomo, uno di quelli inarrivabili alla Einstein o un moderno Leonardo da Vinci, ma proprio per questo è la dimostrazione che la Storia (si, perché volente o nolente è entrato nella Storia) è scritta grazie a Vision, Team e Persistance.
Cosa chiedere, come imprenditore, di più motivazionale?