Giorni parecchio difficili attendono la nostra economia, con appuntamenti ad alto rischio spread
Abbiamo scomodato tante volte l’inflazionata immagine della “tempesta perfetta” nel tentativo di spiegare come, sulla debolezza storica della nostra economia, rallentata dalla mole del debito pubblico, si stia innestando una crisi sanitaria senza pari, capace di spalancare la porta a scenari macroeconomici inediti. La tempesta perfetta si verifica insomma quando abbiamo una concatenazione di eventi sfortunati. Per il nostro Paese, mai così debole ed esposto alle bordate della speculazione, anche una cattiva calendarizzazione può creare qualcosa di simile e questa settimana, ahinoi, presenta un numero di appuntamenti ad alta tensione per Piazza Affari…
Gli appuntamenti in grado di fare tremare l’economia
Il primo di questi eventi cadrà domani. Per il 5 maggio è infatti prevista la sentenza della Corte Costituzionale tedesca sulla legittimità della partecipazione della Bundesbank al programma di acquisti di titoli nazionali della BCE nell’ambito del Quantitative Easing che, come è noto, al momento è la principale arma (dovuta a Mario Draghi) che l’istituzione bancaria ha predisposto per salvarci dal fallimento in più occasioni, dal 2011 a oggi, stante la nostra incapacità di restare sul mercato con le nostre sole forze.
Naturalmente, la Corte Costituzionale tedesca non ha potere di bloccare il QE, che è stato recentemente ridisegnato per far fronte alle conseguenze economiche del Coronavirus, come PEPP, nuovo piano da 750 miliardi e che la BCE si è detta pronta a espandere ulteriormente. Ma i giudici di Berlino hanno comunque modo di vietare alla Bundesbank di partecipare, indebolendo da un lato il programma stesso, dall’altro l’immagine della risposta comune agli occhi degli investitori occidentali. E dato che l’Italia sarà con ogni probabilità tra i principali beneficiari del PEPP, eventuali fibrillazioni potrebbero immediatamente tradursi in un aumento dello spread.
La Commissione alle prese con il fondo francese (che non piace all’Aia)
Entro il 6 maggio la Commissione europea dovrà invece elaborare una proposta sul Recovery Fund da sottoporre poi ai Ventisette. Il compito affidato a Ursula von der Leyen equivale a fare quadrare il cerchio, dato che le posizioni sulle forme del finanziamento sono antitetiche: Olanda e Germania parlano di prestiti, Italia, Francia e Spagna pretendono che siano finanziamenti a fondo perduto. Probabilmente il compromesso sarà “un po’ e un po’”, o curiose formule di prestito che non vadano però computate nel debito (ormai tutto è davvero possibile). Da quella decisione, però, dipende il nostro futuro dato che l’Italia non dispone delle risorse necessarie per avviare la ricostruzione post pandemica.
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Che fine ha fatto il decreto Aprile?
In tutto ciò, il decreto Aprile è il convitato di pietra della situazione. Tutti ne parlano, soprattutto i membri dell’esecutivo che non smettono di fare roboanti annunci sul suo contenuto, tutti lo aspettano, in particolar modo un tessuto produttivo che rischia di uscire dalla pandemia in braghe di tela, nessuno però lo ha ancora visto. Sarebbe dovuto arrivare entro Pasqua, invece slitterà ancora di almeno qualche giorno. Il Consiglio dei ministri previsto per domani sembra infatti destinato a slittare a giovedì, perché nella maggioranza non c’è ancora accordo sul suo contenuto che determinerà anche il giudizio dei mercati su come il nostro governo intende affrontare la “coronacrisis”.
MES, sarà davvero senza condizioni?
E poi c’è il MES, che in Italia è stato protagonista di infinite diatribe politiche, ma di fatto non esiste neppure ancora. Per capire se sarà o meno senza condizioni come annunciato dall’ultimo Eurogruppo, occorrerà attendere l’8 maggio. In quella data i ministri delle Finanze dell’Unione europea dovranno dare il via libera definitivo ai dettagli tecnici della nuova linea di credito: quali spese potrà finanziare e quali le maturità dei prestiti.
Nuovo appuntamento con le agenzie di rating
La settimana si chiuderà venerdì 8 maggio con le pronunce di Moody’s e Dbrs sul rating del debito sovrano. Finora abbiamo scampato il downgrade di S&P, che ci ha lasciato a due gradini dalla spazzatura con outlook negativo, mentre abbiamo preso in pieno quello di Fitch, per cui da qualche giorno siamo BBB- con barometro tendente al brutto tempo. Ma l’appuntamento che tutti temono maggiormente è proprio quello con Moody’s per cui siamo già “Baa3” con outlook negativo, ovvero a un soffio dalla pattumiera con ottime prospettive di cascarci dentro fino alla cintola.
Perché avere BTp “spazzatura” può essere fatale
Cosa succederebbe se i nostri titoli di Stato iniziassero a essere valutati come carta straccia? Diverremmo terreno per gli speculatori, nel vero senso della parola. Investire in BTp nostrani sarebbe troppo rischioso e dunque vietato da statuto per banche e fondi privati che devono anzitutto tutelare i propri clienti evitando di mettere in cassaforte titoli ad alto potenziale cancerogeno. Senza parlare ovviamente del fuggi-fuggi degli investitori che si avrebbe nei giorni immediatamente precedenti e successivi, fuggi-fuggi che innescherebbe una spirale infernale da cui non è facile riemergere.
Il declassamento del rating, per un Paese già sull’orlo della pattumiera, può insomma essere fatale. Se accadesse, dovremmo, in quel caso, ricorrere alla BCE, la Banca centrale europea che, in vista di quel momento (o quantomeno per non farsi trovare impreparata) ha già annunciato che accetterà, come garanzia a fronte della liquidità fornita alle banche, titoli che a seguito di un downgrade non avessero più il rating d’investimento, fino ad oggi prerequisito essenziale. La decisione al momento coprirà investimenti solo fino a settembre 2021 ma l’istituto guidato da Christine Lagarde ha annunciato che «può decidere, se necessario, ulteriori misure per continuare ad assicurare la trasmissione della politica monetaria in tutti i Paesi dell’Eurozona».
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Scintille tra Cina e Stati Uniti
Infine, anche se non c’è una data, l’altra tessera degli imprevisti che la nostra economia potrebbe pescare durante il giro dell’oca settimanale riguarda il possibile inasprirsi delle relazioni tra gli Washington e Pechino. Il recente calo nei sondaggi sembra aver convinto il presidente statunitense Donald Trump a passare al contrattacco, accusando la Cina di avere fabbricato in provetta il Coronavirus.
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Si tratta, con ogni probabilità di accuse insensate e destituite di ogni fondamento, che servono solo all’attuale inquilino della Casa Bianca a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal modo in cui ha affrontato la pandemia in vista della prossima corsa elettorale per le presidenziali. Ma tanto potrebbe bastare per scatenare una nuova guerra dei dazi tra le due superpotenze con l’Europa che rischia di finirci in mezzo.