Lo sport come strumento di inclusione e integrazione. È assodato ormai che le attività sportive non limitino i propri benefici al solo campo di gioco, ma rappresentino un aiuto concreto nella quotidianità e nel mondo del lavoro. Startupitalia ne ha parlato con Erika Morri, già campionessa di rugby e formatrice. Con due Mondiali e sette campionati europei per un totale di 12 anni passati con la maglia Azzurra su 21 giocati, Morri ha deciso di trasmettere e implementare l’esperienza maturata con la palla ovale nel mondo del lavoro e dell’integrazione. Per questo ha creato “Wo*men’s rugby land of freedom: chi semina sport raccoglie futuro”: un ecosistema di progetti basato su 4 obiettivi dell’AGENDA 2030 dell’ONU (Istruzione di qualità/Salute e benessere/Parità di genere/Pace), che ha come scopo il far emergere quanto l’attitudine mentale, i valori e le capacità relazionali dello SPORT, siano uno strumento fondamentale per il futuro dei nostri bambini e bambine e per tutta la comunità.
Il rugby e la socializzazione
Erika Morri unisce l’approccio creativo con la dimensione esperienziale del gioco, strumento efficacissimo per operare lo sgretolamento delle barriere contro il cambiamento e la conseguente apertura a nuovi mondi cognitivi: «Per 5 anni, sino al 2021, ho fatto parte del Consiglio Nazionale della Federazione Italiana Rugby, per la quale ho creato progetti di marketing nazionali ed internazionali principalmente legati al rugby al femminile ed alla visione del rugby non solo come sport, ma come strumento di socializzazione sana per i giovani». Nel 2019 l’atleta è stata anche membro della Commissione per lo sviluppo del Rugby femminile in Europa per Rugby Europe.
Rispetto dentro e fuori dal campo
Come si coniuga il rugby con l’integrazione e l’emancipazione? «Il rugby lavora sulla coscienza di sé, aiuta a capire come tutti siamo diversamente abili l’uno rispetto all’altro e nessuno è meglio o peggio», sottolinea Morri. Per fare questo bisogna subito uscire dallo stereotipo: «A volte si confonde lo sport violento con uno sport di contatto», ma le due cose non sono uguali, «abbiamo una filosofia di comportamento insegnata sin dai primi anni: si va sul campo per divertirsi, non per fare male a qualcuno, e si rispetta il corpo dell’altro». Lo stesso discorso vale per il rapporto tra mondo femminile e rugby. «Ci sono ancora pregiudizi – aggiunge l’ex Azzurra -, ma per fortuna negli anni ci sono stati tanti miglioramenti, anche se all’inizio, negli Anni 90, noi giocatrici siamo state riconosciute quasi per forza, perché stavamo per partecipare alla prima Coppa del Mondo come UISP». Fondamentale, poi, sarebbe una maggior comunicazione dei principi di supporto dello sport all’intera comunità per attirare nuovi sponsor, come suggerisce Morri. Che sia femminile o maschile, va sottolineato che «il rugby è l’unico gioco in cui avviene un movimento di insieme: la mischia. In questa fase di gioco dove 8 giocatrici/giocatori compiono lo stesso movimento all’unisono, per questo è considerato lo sport di squadra per eccellenza».
Lo sport e le relazioni
Attraverso il gioco sul campo ragazze e ragazzi possono imparare cosa sia la motivazione, la mediazione e l’importanza della cultura. «Io ho iniziato a giocare in quinta superiore – ricorda Morri -. Venivo dal mondo agonistico dell’atletica, che per me è stato un grande aiuto, avevo già una certa preparazione e poi ho avuto anche il supporto di mia madre e di mio padre». La vicinanza della famiglia è fondamentale: «Anche per questo, ad esempio, quando qualche ragazzo o ragazza va male a scuola chiediamo ai genitori di non togliere lo sport come forma di punizione. Non farli venire agli allenamenti non è una scelta giusta, perché lo sport arricchisce, è complementare allo studio e non in contrasto, serve anche ad allenare la mente e ad aiutare a relazionarsi meglio con gli altri, che siano i compagni di classe o i futuri colleghi di lavoro». Il mindset vincente fa dire: «Questa volta abbiamo perso, ma la prossima? Migliorerò per avere più possibilità di vincere». Aiuta a capire come perfezionare noi stessi, che sia nello sport, a scuola o nel mondo del lavoro: «L’esperienza nel rugby mi ha permesso di sperimentare l’orientamento all’obiettivo e la negoziazione, oltre a confermarmi quanto l’animo umano sia complesso, ma meraviglioso. Coordinando e armonizzando questa complessità in una squadra, si possono raggiungere obiettivi importanti», conclude Morri.