La piattaforma lancia l’Oversight Board, un comitato indipendente di 40 membri che dovrà decidere sulla rimozione dei contenuti: chi li nomina, come e cosa potranno decidere i componenti
Facebook lancia la sua corte d’appello. A dire il vero, in un post sul suo profilo Mark Zuckerberg la chiama “Oversight Board”, quindi qualcuno ha pensato di tradurla come “comitato di supervisione”. Questioni onomastiche a parte, si tratterà dell’organismo indipendente – fino a un certo punto, è pur sempre un’emanazione di Menlo Park – che dovrà intervenire nel dirimere le controversie sui contenuti consentiti sul social network. Per fare un esempio, se fosse già stato operativo quando Facebook ha rimosso le pagine di CasaPound e compagnia fascista qualche giorno fa, quei gruppi avrebbero potuto ricorrere a questo sistema.
La composizione dell’organismo
Facebook ha appena pubblicato una carta fondativa di nove pagine (qui) in cui viene spiegato come opererà, da chi sarà composta e che poteri avrà questa corte dedicata alla difesa della libertà d’espressione. Per farla breve, il consiglio sarà inizialmente composto da 11 elementi, con la possibilità di salire a una quarantina, ovviamente tutti privi di conflitti di interesse di alcun genere. Rimarranno in carica per tre anni con un massimo di due rinnovi, per un totale potenziale di nove anni. E saranno rinnovati, un po’ come accade al Senato Usa dove però i senatori restano in carica per sei anni, a scaglioni.
Chi potrà rivolgersi al comitato
In un primo momento solo Facebook potrà rivolgersi al comitato ma già dall’anno prossimo vi potranno fare appello tutti gli utenti che vogliano opporsi alla rimozione di loro contenuti. Anche se nelle schede illustrative si parla in un’occasione solo di quelli “verificati”. “Ci sono volte in cui le persone usano le loro voci per danneggiare gli altri – ha scritto Zuck – ecco perché abbiamo gli Standard della comunità, che stabiliscono cosa è o non è consentito sulle nostre piattaforme. Siamo responsabili per le nostre politiche e prendiamo milioni di decisioni ogni settimana. Ma in definitiva crediamo che non debbano essere le aziende private come la nostra a dover assumere così tante decisioni importanti sulla libertà d’espressione. Per questo abbiamo chiesto ai governi di stabilire regole chiare riguardo i contenuti inaccettabili. Ed è anche per questo che daremo alle persone un modo per appellarsi alle nostre decisioni con l’Oversight Board”.
I poteri dell’Oversight Board
Ma cosa potrà fare questo organismo? Potrà anzitutto chiedere informazioni in tempi rapidi alla piattaforma, e per piattaforma si intende anche Instagram. Dovrà interpretare gli Standard della comunità e altre policy alla luce dei valori che Facebook dice di voler incarnare e difendere, decidendo in base a essi. Potrà poi indicare a Facebook di mantenere o rimuovere certi contenuti, anche ribaltando decisioni già prese e estendendo per analogia anche a contenuti simili o pubblicati in passato. Ogni decisione sarà accompagnata da una nota scritta, una specie di sentenza verrebbe da dire.
Zuckerberg: “Non sarà Facebook ad avere l’ultima parola”
“Se qualcuno non è d’accordo con una decisione che abbiamo preso potrà anzitutto appellarsi a noi. Presto, però, potrà eventualmente rivolgersi a questo consiglio indipendente la cui deliberazione sarà vincolante, anche se Facebook non sarà della stessa opinione” aggiunge il Ceo e cofondatore del social. Secondo il quale questo organismo funzionerà un po’ da “avvocato della comunità, tutelando la libertà di espressione”: “Speriamo che, essendo indipendente, dia alle persone l’idea che non è più Facebook ad avere l’ultima parola sulle loro opinioni. Un po’ come il nostro consiglio di amministrazione garantisce gli azionisti, crediamo che il comitato di sorveglianza possa incarnare la medesima funzione con la comunità”.
Il percorso è stato lungo. D’altronde, di un esito simile se ne parlava da tempo. Zuckerberg conferma infatti che nel corso dell’ultimo anno la società ha raccolto opinioni e pareri da una grande quantità di esperti in tutto il mondo su come mettere in piedi questo organismo. Ci sono stati approfondimenti su realtà ed esperimenti simili, revisioni su una serie di bozze, pubbliche consultazioni e molti altri lavori propedeutici.
Nel dettaglio: il “trust” dietro il comitato
A dettagliare il funzionamento e la struttura del board – un “passo cruciale”, come lo ha definito il vicepresidente ed ex leader lib-dem britannico Nick Clegg – non è stato pero Zuckerberg. Ci ha invece pensato Brent Harris, direttore della governance e degli affari globali della piattaforma. Anzitutto, la carta è solo un tassello: presto arriveranno altri documenti operativi utili al lavoro del board fra cui quelli che si occuperanno della trasparenza e del curriculum (oltre che degli atteggiamenti) dei componenti. A mediare fra il colosso e l’Oversight Board ci sarà un “trust”, una sorta di fondazione che medierà dal punto di vista economico, cioè girerà al board i fondi forniti da Facebook, e di garanzia.
La selezione dei componenti
La selezione dei componenti procederà come segue: all’inizio Facebook ne sceglierà una piccola parte. Questi primi, nel tempo, ne selezioneranno altri e, alla fine, sarà il consiglio stesso a proporre al trust la nomina di ulteriori membri al momento del rinnovo o verso l’aumento a quota 40 componenti.
Il filtro sui “ricorsi”
Ovviamente non tutti i “ricorsi”, chiamiamoli così, saranno accettati. Non solo Facebook tenterà in prima battuta di risolvere i problemi sui contenuti come al solito ma anche lo stesso comitato avrà un sottogruppo di cinque componenti, a rotazione periodica, che deciderà i casi più significativi e difficili da analizzare e li assegnerà a specifici gruppi di lavoro sempre di cinque elementi, un po’ come fossero le differenti sezioni di una Suprema Corte. Se un caso è stato accettato, l’utente riceverà una notifica e nel caso gli sarà richiesta una spiegazione scritta utile al giudizio, che sarà espresso a maggioranza dei componenti, uno dei quali deve appartenere alla “regione” da cui il fatto è originato (per esempio in un caso italiano dev’esserci almeno un componente europeo), riportando tutte le eventuali diverse posizioni e facendo riferimento anche alla “giurisprudenza”. La decisione sarà notificata all’utente, sempre tenendo in massima considerazione la legislazione sulla privacy, e Facebook dovrà rapidamente rispettare quanto stabilito dal board. Quindi tenere o cancellare. Ma anche iniziare a ragionare su modifiche strutturate se quella decisione dovesse contenere considerazioni più ampie relative alle policy che vadano oltre il singolo caso.
Ad avere la priorità saranno casi significativi, che abbiano cioè “un impatto sul mondo reale su questioni gravi, di ampia portata e centrali per la pubblica opinione”, spiega ancora Harris. Non solo: al centro dell’analisi ci saranno anche quelle difficili, così intendendo quei casi che mettono in dubbio le policy seguite da Facebook in un certo momento o la loro applicazione.