I dati di CrowdTangle e l’umore sui social a pochi minuti dall’apertura delle urne negli USA
Purché se ne parli. La cifra comunicativa del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è sempre stata questa. Oggi gli USA vanno al voto per scegliere chi guiderà il paese per i prossimi quattro anni. Sarà un secondo tempo del tycoon, oppure il democratico Joe Biden avrà la meglio? La risposta arriverà nella notte italiana. Nel frattempo molti osservatori stanno discutendo sulla partita social. Se fino a qualche anno fa nessuno avrebbe considerato decisive piattaforme come Facebook e Twitter, oggi il potere di queste piazze web è conclamato. Stando a una recente indagine di CrowdTangle citata da Il Sole 24 Ore, sul social di Mark Zuckerberg non ci sarebbe partita se dovessimo guardare al seguito dei candidati: nell’ultimo mese Trump ha collezionato 130 milioni di interazioni su Fb (commenti e reazioni); Biden appena 18 milioni. Certo, non sono voti. Però…
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Trump: seguire i sondaggi o i social?
Il 2016 ha significato una tragedia per il settore demoscopico. Prima Brexit e poi Trump: è stato un anno drammatico per le previsioni fatte da sondaggisti ed esperti, tutti sbugiardati dalle urne. Il 2020 vede, come all’epoca, in vantaggio il candidato democratico. A differenza di allora, però, non esiste un solo americano che ritenga impossibile la vittoria di Trump. A dirlo è stato anche il giornalista Francesco Costa, esperto di fatti USA, in una live su Instagram.
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Fonte: profilo Twitter Donald Trump
E i giornali?
Gli esperti sottolineano che lo strapotere social non è una cartina tornasole fedele per segnare già un vincitore delle elezioni USA. Tuttavia, il successo di interazioni e coinvolgimento evidenziano il vantaggio competitivo indiscusso del 45esimo presidente degli Stati Uniti. Nel 2016 quasi nessun giornale o emittente TV – a parte Fox News – sosteneva Donald Trump. Mentre gli Stati Uniti si stanno risvegliano per vivere l’Election Day, come si è suddiviso il dibattito giornalistico di giornali democratici e repubblicani?
La risposta viene da un’analisi su 50 pagine Facebook di altrettante testate statunitensi condotta dall’azienda italiana Extreme. Come si legge nel grafico, anche in questo caso sembra non esserci partita. Si parla quasi sempre di Donald Trump, con una visibilità del 65% grazie a citazioni su citazioni. Dopo quattro anni di presidenza, è ragionevole credere che la stampa di area democratica voglia sottolineare gli insuccessi e le promesse mancate. D’altra parte, mettere in secondo piano le proposte per concentrarsi soltanto sulla critica non è quasi mai la scelta vincente. Il libro “Non pensare all’elefante” di George Lakoff può dare spunti interessanti.