Dentro il laboratorio ospitato a Officine On/Off, lo spazio che cerca di mettere a disposizione del territorio macchine e know-how per affrontare i temi della fabbricazione digitale e dell’innovazione tecnologica
Sensibilizzare il territorio alla cultura dei makers è uno dei compiti dei FabLab. I laboratori digitali devono essere il connubio tra strumenti e competenze, un luogo in cui si possano recare tanto le aziende quanto i singoli per produrre, sviluppare e conoscere. Il FabLab Parma va in questa direzione e cerca di mettere a disposizione del territorio competenze tecniche, i macchinari e il know-how per affrontare i temi della fabbricazione digitale e dell’innovazione tecnologica.
Il FabLab Parma è stato inaugurato nel marzo 2014 , in seguito ad una call aperta a tutti gli interessati alla fabbricazione digitale lanciata dall’A.P.S. On/Off e dalla Cooperativa Sociale Gruppo Scuola. Pietro Dioni, coordinatore del FabLab insieme ad Alessandro Catellani, è il responsabile per le relazioni esterne del laboratorio.
«La nascita del FabLab ha visto come tema centrale quello della promozione sociale. Tutto è partito dalla creazione delle Officine On/Off e di uno spazio coworking destinato alle persone tra i 18 e i 35 anni che avevano difficoltà a trovare lavoro. Dal lì si è inevitabilmente arrivati al FabLab» spiega Pietro.
FabLab Parma è collocato all’interno degli spazi delle Officine On/Off, che include spazi di coworking, aule didattiche per la formazione ad adolescenti e adulti e spazi per eventi in tema di innovazione sociale, culturale e tecnologica. Il laboratorio si trova all’interno di una ex casa coloniale chiamata Centro Polifunzionale Casa nel Parco, in condivisione con altri 2 servizi educativi, di proprietà del Comune di Parma. Il laboratorio è anche presente all’interno della rete Mak-er, essendo collocato in Emilia Romagna. Per questo motivo può contare anche sul supporto degli altri FabLab e delle istituzioni collegate alla rete, come ad esempio la Regione e gli enti per la formazione e l’innovazione.
Fablab Parma: un laboratorio educational
«Da quando abbiamo avuto uno spazio più grande e ci siamo ristrutturati, abbiamo portato avanti meno lavori di gruppo in favore di progetti più aperti ai cittadini. Abbiamo dedicato molto tempo all’ambito educational all’interno del FabLab Parma. Dentro al laboratorio abbiamo sempre avuto una parte educativa. Abbiamo anche lanciato un nuovo spazio con un’aula 3.0, dotata di LIM, allestimento multimediale e disposizione dei banchi “ad isola” per favorire la collaborazione».
Il cambiamento di sede e il conseguente ampliamento degli spazi ha comportato un significativo aumento di attività per il laboratorio, soprattutto per quanto riguarda i corsi e le lezioni. Da fine gennaio a giugno si sono succedute ben 44 classi all’interno del fablab Parma. Nonostante ci siano spesso collaborazioni con scuole medie ed elementari, il più degli alunni proviene dalle scuole superiori. Vengono sviluppati con le scuole dei percorsi diversi, come alternanza scuola-lavoro, corsi di programmazione o per l’utilizzo di Arduino. Le possibilità sono infinite.
«Abbiamo collaborato con una startup di Parma chiamata Dnaphone. Ha sviluppato We Lab, un kit che permette di creare progetti scientifici in modo semplice e interattivo attraverso l’uso di tecnologie smart e Mobile. Il prodotto per le scuole lo hanno testato al FabLab Parma quando era in fase di ultimazione. Hanno allestito un piccolo banco di prova in grado di fare alcune rilevazioni dei liquidi collegandosi con uno smartphone. Abbiamo trovato questa startup nel territorio e le abbiamo proposto di fare dei corsi gratuiti, e loro hanno accettato».
Ogni FabLab dovrebbe avere una parte dedicata all’educational. «Purtroppo non sempre è possibile» dice Pietro «non è semplice lavorare con le scuole e interfacciarsi con loro. Noi abbiamo avuto anche il Comune che ci ha aiutatio sostenendo parte del lavoro degli educatori. Senza educatori, ovvero senza persone in grado di lavorare con i ragazzi, l’esperienza non sarebbe fattibile».
La necessità di cambiare la mentalità del territorio
Il fablab Parma è attivo anche nella ricerca di collaborazioni con le aziende del territorio. Da tempo il laboratorio è in contatto con l’unione parmense degli industriali, ma nonostante ciò fatica ancora a trovare la giusta direzione. Come spiega Pietro, il fablab si rivolge alle piccole-medie imprese e questo significa interfacciarsi spesso con aziende dalla vecchia mentalità, gestite da una persona sola in maniera verticale. In questo contesto è difficile trovare persone interessate o anche soltanto informate sul movimento maker in Italia.
«Stiamo avendo alcuni piccoli risultati con aziende legate alla lavorazione della pelle o alla produzione di scarpe ortopediche, perché sono già entrate nel contesto della fabbricazione digitale. Molte aziende, però, si rivolgono a noi solo per i servizi. Questo non ci aiuta, perché preferiamo che ci sia uno scambio di conoscenze tra il fablab Parma e le aziende con cui collabora. Purtroppo alcune aziende credono che il fablab sia soltanto puro assistenzialismo, ma non è così. Serve per il bene comune ma necessita un riconoscimento tanto economico quanto morale per la funzione che ricopre».
«Quando parlo con gli industriali, spesso ci si chiede se dell’artigiano digitale ci sia realmente bisogno, se le imprese ne abbiano bisogno. È un discorso che stiamo portando avanti anche con l’unione industriale perché le aziende non si fermano a ragionare sulla questione. Noi vorremmo implementare queste figure all’interno delle aziende, innanzitutto spiegando loro la funzione della manifattura digitale nell’industria 4.0».
Insomma, il fablab Parma si trova a dover svolgere due ruoli diversi, ma entrambi educativi. Da una parte, il lavoro in collaborazione con le scuole e rivolto agli studenti per stimolarne la curiosità e la creatività in ambito digitale. Dall’altra, la promozione della cultura maker nel territorio e la divulgazione delle funzioni dei fablab e delle loro potenzialità per le aziende.
«Un’altro progetto interessante che abbiamo sviluppato è stato un percorso per startup dal basso. Consisteva in dieci pillole, che partivano da “come nasce un’idea” fino a “come fare un pitch”. Abbiamo avuto una media di 25 persone a pillola, un successo. Alcuni erano degli startuppers, altri avevano un’idea, altri ancora erano studenti. Dopo il risultato dell’anno scorso, quest’anno stiamo lavorando a un progetto più ampio dedicato alle startup che riguarda l’open innovation».
I fablab e il settore dell’innovazione in generale hanno diversi mantra, tra cui uno in particolare: non si finisce mai di imparare. Nel caso del fablab Parma, però, si può dire che “non si finisce mai di insegnare”. La speranza è che tutte queste lezioni siano utili per avere, un giorno, un territorio formato e in-formato sulla causa dei makers in Italia.