Come è strutturata (e a cosa serve) la rete Mak-Er: il primo caso di network organizzato tra fablab in Italia.
Avere una comunità a cui rivolgersi – e con la quale scambiare idee e competenze – è vitale nel 2016. Fare network è fondamentale in tutti i settori, specie in quelli dell’innovazione e della ricerca, per ottenere risultati che vadano al di là delle capacità dei singoli. Ambizione, cooperazione e condivisione sono i tre elementi alla base della rete Mak-er, la prima rete di fablab strutturata in Italia.
La rete Mak-er è patrocinata dalla associazione MakeinItaly.org e riceve supporto tecnico dal consorzio della Regione Emilia-Romagna Aster. Si tratta di una aggregazione, per adesso informale, di fablab che viene però gestita con metodo e con una struttura regionale alle spalle.
Per questo motivo si può parlare di un vero e proprio network e non di un semplice “gruppo di fablab”.
«Sappiamo dell’esistenza di altre piccole aggregazioni di fablab. Ciò che ci distingue è il metodo con cui operiamo e la capillarità attraverso la quale siamo in contatto con ogni singolo fablab della nostra regione. O, almeno, con ogni fablab che voglia farsi vedere» spiega Barbara Busi, la referente di Aster per il coordinamento della rete Mak-er».
Barbara individua tre aspetti essenziali che un progetto come quello della rete Mak-er deve avere per adempiere alla propria funzione: rilevazione, conoscenza e progettualità. Senza ciascuno di questi elementi perde di significato l’idea stessa del network. «Spesso, parlando del mondo dei fablab, si scade nella filosofia senza andare a trattare poi le tematiche pratiche, che sono importanti per la vita degli stessi fablab. Noi abbiamo cercato di tenere il discorso sugli aspetti pratici della questione, per avere degli effetti tangibili nell’aiuto ai vari laboratori».
Ogni fablab al suo posto
Il primo elemento suggerito da Barbara è la mappatura dei fablab nella regione Emilia-Romagna. Questo aspetto non è scontato e l’operazione è tutt’altro che semplice: nel corso degli anni, molti nuovi fablab hanno iniziato la loro attività e alcuni invece hanno cessato di esistere. Sono realtà mutevoli, che devono passare diversi step prima di raggiungere una solidità e una stabilità economica.
Mappare i laboratori è importante perché solo così si può avere una visione chiara della situazione dei fablab sul territorio. Capire quali siano i centri più sviluppati e perché, capire quali zone si prestano di più allo sviluppo della manifattura digitale e quali di meno, sono tutti ragionamenti necessari nell’ottica dello sviluppo. Insomma, avere la situazione sempre aggiornata è il punto di partenza per gestire delle realtà diffuse sul territorio e diverse tra loro.
Rete Mak-er: connecting people (and fablabs as well)
«Una vera rete deve fare in modo che i singoli attori si conoscano tra di loro. In questo modo si potranno scambiare idee e nasceranno delle nuove possibilità progettuali. Perché questo fosse possibile, noi della rete Mak-er abbiamo individuato le attrezzature che ogni fablab poteva mettere a disposizione, così come le competenze e le professionalità delle persone che operano all’interno dei vari laboratori».
Questa è la chiave per attuare progetti più complessi che vedano la partecipazione di più fablab nello stesso momento. Fare network comporta diversi benefici, ma implica anche che i progetti debbano prendere forme e ambizioni più grandi. Perciò inizialmente la rete si premura di aiutare i fablab più piccoli, quelli più giovani o sprovvisti di determinati macchinari e competenze.
Poi vengono anche affrontati discorsi diversi che servono prettamente ad allargare il discorso attorno ai fablab
Uscire dalla rete
Un network come la rete Mak-Er non può e non deve mai essere fine a sé stessa. I progetti più grandi servono anche a diffondere la cultura dei fabbers al di fuori del mondo fablab. Questo è il caso di “Make the Beach”, un progetto presentato alla Mini Maker Faire a Rimini Beach per la salvaguardia di uno dei patrimoni più importanti del nostro turismo: le spiagge.
«È un progetto che si propone di essere la soluzione all’esigenza territoriale che riguarda le nostre coste, a seguito della direttiva europea che rimette in discussione le concessioni delle spiagge. Di fatto è un progetto che riguarda non solo la riviera romagnola, ma tutto il Paese. Questa è l’utilità di fare rete: trovare soluzioni più grandi per problemi più grandi».
La presenza di una progettualità e di un’organizzazione strutturata garantisce il successo dei progetti e apre nuove possibilità di sviluppo in tutti i settori. Questo modello ha dimostrato di essere funzionale e adatto alla situazione italiana, a patto che sia controllato e che rispetti determinate linee guida. Per stabilire quali fablab possono entrare a far parte del network – in questo momento sono 19 all’interno della rete Mak-er – viene seguita la definizione internazionale dei fablab. In questo modo è più semplice dare una coerenza al lavoro svolto dai singoli laboratori.
Cerchiamo di affrontare situazioni reali con lo spirito dei fablab. Per questo abbiamo bisogno che ogni fablab sia un vero laboratorio e non altro
In definitiva, fare network per ottenere dei grandi risultati si può. E conviene. Speriamo che, sull’esempio emiliano della rete Mak-er, ne possano nascere altri in tutta Italia. Perché l’unione fa la forza. Soprattutto quando parliamo di idee.