Nel cuore della città il maker space di Carmen Russo. Mission? Investire nelle idee e supportare le piccole e medie imprese
«E’ stato come veder crescere un figlio. ogni macchina che è arrivata in questi primi 12 mesi è stata un parto. Scarica, sballa, installa, studia, prova, riprova e, finalmente, usa». Queste le parole che aveva usato, in occasione del primo anno dall’inaugurazione (data di apertura 8 maggio 2014) del FabLab Catania, Carmen Russo, unica founder del laboratorio di fabbricazione digitale di via Cifali 22, a Catania. «E non è finita: crea il workshop, condividi le tue fatiche in modo che altri possano imparare ad usare e creare le loro idee. Quando vengono qui al FabLab in cerca di aiuto e di consigli mi sento davvero come una mamma e mi piace un sacco dare quel che so e quel che posso» ha aggiunto Carmen Russo. «Al Fablab quasi ci dormo. Eppure non si si stanca mai». Tre vetrine che danno sulla strada «in una zona centrale di Catania, dove non c’è problema di parcheggio, non ci sono molti negozi. Siamo davanti ad un istituto di salesiani, ma non si sono mai interessati troppo a noi».
Il modello commerciale
Il FabLab è guidato, ospitato e sostenuto da Alfa Lab, società (una srls) di progettazione di Carmen Russo. «Nel 2012-2013 ho presentato il progetto e vinto la prima edizione di Smart&Start, il bando di Invitalia. Così ho creato la società. E’ stato un grande sprint per l’acquisto dei macchinari». Per quello che riguarda il team di lavoro, Carmen ci risponde così: «Il team? E’ composto da tutti quelli che aderiscono, ma che soprattutto partecipano. Gli abbonati? In tutto 30 abbonati, 10 quelli più attivi».
Personalizzazione prima di tutto
Investire nelle idee. Supportare le piccole e medie imprese a far crescere il proprio business. Ma anche far scoprire a ognuno che è possibile avere un prodotto che sia corrispondente alla sua personalità e alle sue necessità. Mirare alla crescita della persona e alla consapevolezza. Ecco la mission di FabLab Catania. E’ scritta a chiare lettere sul sito del laboratorio. «Se sai quello che vuoi vuol dire che ti stai conoscendo. Vorrei stimolare la personalizzazione come strumento di conoscenza». Come si concretizza tutto questo? «Fornendo dei servizi». Insomma, stampare un oggetto in 3D non è solo far andare una macchina «ma serve scansionare e ridigitalizzare l’oggetto». Tanti passaggi che vanno dritti verso la personalizzazione del prodotto.
Progetto sulle competenze femminili e Dr-Jack
Passione, gestione del FabLab, personalizzazione del prodotto, ok. Ma il territorio come risponde? «Ho provato ad entrare in contatto con il Comune, ma la risposta è stata tiepida». Abbiamo ricevuto il patrocinio per un Women on Work, progetto sulle competenze femminili. «Un progetto di formazione durato un mese». Ma c’è un progetto cui Carmen Russo è più legata. «Si chiama Dr-Jack» ed è stato presentato alla Maker Faire Rome 2015. E’ un dispositivo sviluppato al lab su cui è possibile memorizzare le informazioni sul proprio stato di salute, eventuali allergie, patologie, gruppo sanguigno, interventi subiti, anche i numeri di emergenza e portarli sempre dietro. In caso di necessità, incidente, malore, se non si è in grado di comunicare, chiunque soccorra, potrà leggere in modo semplice ed immediato i dati sanitari salvati su Dr-Jack e aiutare l’infortunato nel miglior modo possibile. «Funziona su smartphone e gira sui IoS e Android».