Lunga solo 3 centimetri, è pensata per essere impiantata in un vaso sanguigno nei pressi del cervello. I primi esperimenti sugli animali hanno mostrato risultati sorprendenti, a breve la sperimentazione sull’uomo
Nessuno scheletro artificiale, nessuna macchina ingombrante, ma solo un micro dispositivo impiantabile che permetterà alle persone che non possono camminare di cominciare a sperare. Un team di 39 neurologi e ingegneri ha messo a punto un device che si interfaccia con il cervello registrando l’attività neurale e collegandola agli arti, che possono essere arti bionici oppure esoscheletri. In altre parole invia gli ordini di movimento prodotti dal cervello a gambe e braccia.
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Una bassa invasività
Il lato innovativo di questa tecnologia è la sua bassissima invasività, dato che non richiede alcuna operazione al cervello, ma prevede solo un piccolo taglio sul collo del paziente. Si tratta infatti di un sensore di appena 3 cm di lunghezza pochi millimetri di diametro che viene impiantato nei vasi sanguigni vicino al cervello, e che come hanno dimostrato i primi risultati ottenuti in studi pre-clinici condotti su pecore e pubblicati su Nature Biotechnology, è in grado di registrare i segnali provenienti dalla corteccia cerebrale senza bisogno di operazioni al cervello.
Un’innovazione enorme, se pensiamo che oggi un esoscheletro (ne avevamo parlato qui) viene controllato manualmente attraverso un joystick, mentre qui avviene tutto automaticamente a partire dagli input forniti dal nostro cervello, esattamente come accade quando ognuno di noi cammina.
L’anno della svolta: il 2017
Secondo quanto si apprende, il device verrà impiantato per la prima volta sull’uomo nel 2017, al Royal Melbourne Hospital, in Australia, per condurre il primo esperimento clinico che testerà anzitutto la sicurezza dell’uso prolungato del prodotto.
Il dispositivo è stato messo a punto e testato proprio dal Royal Melbourne Hospital, in collaborazione con l’Università di Melbourne e il Florey Institute of Neuroscience and Mental Health, e ha visto coinvolti 39 scienziati provenienti da 16 dipartimenti.
Come un pacemaker
Il principio è lo stesso di un pacemaker che viene impiantato nel cuore: un’interazione elettrica con i tessuti circostanti utilizzando dei sensori che vengono collocati nelle vene, solo che qui l’organo su cui si agisce è il cervello.
«Il nostro obiettivo attraverso questo device – spiegano gli autori – è restituire la funzionalità e la mobilità ai pazienti che soffrono di paralisi completa, registrando la loro attività cerebrale e convertendo i segnali acquisiti in comandi elettrici, che portano al movimento degli arti attraverso dispositivi di supporto come un esoscheletro. In breve si tratta di una sorta di midollo spinale bionico».
Lo sviluppo di questo dispositivo è per noi il Santo Graal della ricerca bionica
Le potenzialità di questa spina dorsale bionica infatti non si fermano qui. Come rilevano i ricercatori, questa tecnologia, una volta ottenuti i risultati attesi nella sperimentazione clinica, potrà essere utilizzata anche per persone affette da malattie neurodegenerative come Parkinson o epilessia.