“Gli esseri umani hanno lasciato la clava per arrivare al telefonino”. Ne abbiamo parlato nell’ultima diretta di LIFE “Smartphone, la salute in mobilità e le sfide della Digital Health con la nuova relazione tra HCP (Home Care Premium)-cittadino”
“Gli esseri umani hanno lasciato la clava per arrivare al telefonino”. Uno strumento che permette oggi di superare i nostri limiti fisiologici – con le app che ci fanno da assistenti personali per esempio – ma anche di utilizzare una serie di servizi a valore aggiunto per la salute. Il percorso insomma porta sempre di più a un dottore 2.0 capace di usare i dati raccolti dai nostri strumenti per una cura più personalizzata. Ma se i numeri fossero sbagliati? Cosa succederebbe?
È l’immagine che dà della salute in mobilità e delle sfide della Digital Health, Giulio Pompei, divulgatore scientifico che ha illustrato con un video il tema della seconda diretta dell’anno di LIFE: “Smartphone, la salute in mobilità e le sfide della Digital Health con la nuova relazione tra HCP (Home Care Premium)-cittadino”, che si è svolta lo scorso 19 marzo in occasione della Milano Digital Week 2021. Per tutto il 2021 infatti, racconteremo il futuro della salute “una parola (e una diretta) per volta”.
Parola d’ordine: smartphone e digital health
Smartphone. È questa la parola del mese, un termine e uno strumento, ormai entrato nell’uso quotidiano che attraverso la navigazione in mobilità può attivare una serie di servizi a valore aggiunto. Ma anche Digital health, da poco entrata nell’enciclopedia Treccani, come ha raccontato Eugenio Santoro, esperto di digital health e capo del laboratorio di informatica medica presso l’Istituto Mario Negri. “È una parola importante” ha ribadito Santoro, “tanto che non solo la Treccani l’ha inserita come una delle parole del XXI secolo, ma anche le prestigiose riviste scientifiche hanno aperto sezioni dedicati alla tematica”.
“Anche i medici si sono accorti delle potenzialità dell’impiego di questi strumenti – aggiunge ancora l’esperto, che spiega anche brevemente di cosa si tratta e perché è importante che siano supportate da prove scientifiche importanti. “Con le stesse metodologie usate per studiare efficacia e sicurezza dei farmaci tradizionali”.
L’anagrafe vaccinale
Tornando allo smartphone e ai dati in tempo reale, Mario Merlo General Manager di Sanofi Pasteur, ricorda come “la sanità pubblica ha bisogno non solo della raccolta dei dati, che potenzialmente c’è già, ma anche dell’analisi e della traduzione in tempo reale di questi dati”.
Un fattore fondamentale se si pensa per esempio all’anagrafe vaccinale, nata con il Decreto del ministero della Salute 17 settembre 2018 con l’obiettivo di garantire la corretta valutazione delle coperture vaccinali. Utile sia a monitorare l’attuazione dei programmi vaccinali in atto su tutto il territorio nazionale, sia a fornire informazioni agli organi nazionali, comunitari ed internazionali nell’ambito dello svolgimento di funzioni e compiti correlati alla tutela della salute.
Uno strumento già attivato per la vaccinazione anti Covid-19, per cui è disponibile un dato grezzo aggregato, ma che andrebbe esteso anche al vaccino anti-influenzale, per esempio e a tutti gli altri vaccini obbligatori in parte messi da parte con l’emergenza pandemica. Perché come ricorda Merlo, “la produzione industriale del vaccino ha tempi e processi molto lunghi. Avere un dato sui consumi in tempo reale potrebbe essere utile per le compagne vaccinali dell’anno a seguire. Ma al momento questo non è disponibile”
Monitorare i dati per prevenire le malattie
Che gli smartphone possono essere utili per la salute l’ha capito molto bene Matteo Lai, Ceo di Empatica, società fondata nel 2011 con Simone Tognetti e Maurizio Garbarino. Ex startup nata in Italia e arrivata fino oltreoceano dove nel 2018 la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato il primo medical device wearable per monitorare l’epilessia e altre patologie simili in tempo reale. Uno strumento capace potenzialmente di salvare vite umane.
L’idea dei prodotti di Empatica (come abbiamo raccontato in un’intervista a Lai) è raccogliere dati e interpretare le emozioni delle persone con un algoritmo, per prevenire condizioni patologiche e mantenere le persone in salute. Lai, ospite della diretta, ha raccontato anche le differenze tra l’ente regolatorio europeo e statunitense (“che dà sì più fiducia nell’immediato con poche regole, ma che devono essere tutte rispettate rigorosamente” spiega Lai), l’utilizzo dei loro prodotti anche contro la pandemia di Covid-19 fino a toccare il tasto della privacy e dell’utilizzo dei dati.
L’interesse crescente per la sanità digitale
Sui dati è intervenuta anche Chiara Sgarbossa, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, che puntualmente si occupa di raccogliere dati sull’utilizzo del digitale in ambito healthcare in Italia. Le ultime rilevazioni, riprese da Sgarbossa durante la diretta, mostrano un aumento di interesse, in seguito alla pandemia, da parte di medici, aziende sanitarie e cittadini soprattutto per la telemedicina. “Prima dell’emergenza solo il 10% dei medici di medicina generale era interessato, ora si parla del 62%” commenta l’esperta, che ricorda come la telemedina sia solo uno dei tasselli che consente al cittadino di connettersi al sistema salute e al modello connected care. “Oggi si parla di un approccio multicanale o ‘omnicanalità’, cioè dell’integrazione tra punti fisici e telematici, in modo che ognuno possa scegliere il canale che preferisce per accedere ai servizi sanitari”.
Ripensare al sistema sanità
Ma attenzione perché non si tratta solo di sviluppare nuovi strumenti digitali, ma anche di ripensare a tutta la sanità, come spiega bene Letizia Gabaglio, divulgatrice scientifica che spesso si è occupata di questi temi e autrice del recente libro “Epidemie, vaccini e Novax. Per capire e scegliere consapevolmente” edito da Centauria. “La digitalizzazione non è solo una sostituzione del servizio ‘dal vivo’ ma serve una riorganizzazione del sistema” precisa Gabaglio che aggiunge: “La pandemia di Covid-19 è stato un acceleratore di alcuni fenomeni già noti e nell’aria, ma solo per gli addetti ai lavori. Ora lo sono anche per grande pubblico”. Secondo la giornalista in futuro avranno un forte sviluppo soprattutto le terapie digitali, più capibili dal cittadino e perché prescritte dal medico di medicina generale, con cui il paziente ha un rapporto di fiducia che favorisce l’aderenza.
Favorire l’empatia
La salute del futuro insomma è sempre più connessa e digitale ma probabilmente anche empatica. Perché “l’uso delle tecnologie digitali in ambito salute e sanità non deve farci pensare a una tecno-medicina, fredda automatica senza medico o caregiver ecc., ma a una medicina in cui gli operatori sanitari avranno più tempo per i pazienti. Proprio perché le macchine saranno così performanti da sgravare il personale sanitario da una serie di compiti che non spetterebbero loro” precisa Roberto Ascione, CEO di Healthware Group, autore del libro “Il futuro della salute”, edito da Hoepli.
Disinibizione
E in fondo anche l’utilizzo dello smartphone qualcehe vantaggio lo ha, come ha spiegato Danila De Stefano, founder Unobravo, servizio nato per gli italiani all’estero che avevano necessità di mettersi in contatto con una psicoanalista, poi tornato utile durante la pandemia. “Certo il rapporto tra paziente e psicoterapeuta online è diverso, c’è sempre un certo scetticismo iniziale per la terapia online” conferma De Stefano, “ma il rapporto si crea molto più velocemente rispetto a quanto accade in uno studio, perché c’è meno imbarazzo per aprirsi. Dietro lo schermo insomma ci si libera prima”.