Il sogno di Matteo Lai di aiutare le persone è rimasto lo stesso, anche quando la allora startup italiana Empatica è sbarcata negli Stati Uniti, dove grazie all’approvazione della FDA l’idea di un braccialetto che potesse monitorare l’epilessia e altre patologie simili è diventato un business della salute vincente
Da piccolo i suoi progetti li costruiva con i Lego, dopo aver disegnato il “progetto” su carta. Crescendo la passione per progettare le cose non è scomparsa, ma anzi, ha assunto la forma di quei progetti che vogliono (e possono) aiutare le persone, risolvendo i loro problemi e cambiando un po’ il mondo. È quello che fa Matteo Lai, architetto con un master in gestione dell’innovazione, con Empatica, società di cui è Ceo, che ha fondato nel 2011 con Simone Tognetti e Maurizio Garbarino, che con lui hanno studiato ingegneria presso il Politecnico di Milano, dove tutto ha avuto inizio.
L’obiettivo al tempo, quando Empatica era appena una startup era proprio quello di aiutare le persone. Come? Interpretando le emozioni delle persone con un algoritmo, per prevenire condizioni patologiche e in alcuni casi salvare loro anche la vita. È a questo che serve l’affective computing, branca del computing science e della medicina che cerca di capire il comportamento delle persone senza chiedergli nulla, monitorando in automatico dal corpo.
Prevenire è meglio che curare
“Quello che volevamo fare e su cui ancora lavoriamo, è provare a capire il comportamento umano nella vita quotidiana” spiega Lai. “Con riferimento in particolare alla salute. Molte condizioni di cui soffriamo oggi, come diabete ipertensione, problemi di sonno, depressione ecc. potrebbero essere prevenute se avessimo e gestissimo meglio le informazioni sul nostro corpo e potessimo fare scelte migliori. Invece aspettiamo che una persona si ammali per curarla. I prodotti che abbiamo sviluppato con Empatica cercano invece di monitorare i parametri fisiologici del corpo e interpretarli in base a un algoritmo per capire cosa sta succedendo. Come se venissero eseguiti test diagnostici in continuo del tuo corpo per vedere cosa succede nella vita quotidiana”.
Dallo stress all’epilessia
Il primo progetto a prendere forma nelle menti dei tre giovani nel 2011 è un braccialetto gradevole esteticamente, che sia in grado di monitorare lo stress, grazie all’analisi del battito cardiaco, della conduttività della pelle e della temperatura corporea. Nel 2012 la startup italiana viene incubata da Polihub e sviluppa il primo prototipo, E2. Poi nel 2014 la svolta: Rosalind Picard del MIT Media Lab, pioniera del settore che ha inventato l’Affective Computing, entra nel gruppo ed Empatica si fonde con Physio, uno spinoff dell’MIT Media Lab.
È proprio lo sbarco a Boston che consente alle menti di Empatica di sperimentare la tecnologia di misurazione dei dati Embrace (oggi alla sua seconda versione con Embrace2), il braccialetto che serve a monitorare l’epilessia e altre patologie simili. Fino ad entrare nel mercato statunitense, dove Embrace nel 2018 diventa il primo medical device wearable approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per lʼimpiego in ambito neurologico. La scalata è inarrestabile: dalla Sardegna, terra di origine di Lai, passando per Milano, fino agli Stati Uniti dove l’idea diventa un vero e proprio business venduto in tutto il mondo alle strutture ospedaliere.
“Ci siamo spostati dallo stress all’autismo e all’epilessia” continua Lai. “Embrace è stato il primo dispositivo approvato negli Usa e anche nel resto del mondo, a fornire informazioni su una condizione neurologica. Grazie all’algoritmo che abbiamo sviluppato il dispositivo può rilevare in tempo reale gli attacchi epilettici allertando paziente e caregiver. Utile soprattutto di notte mentre si dorme, perché il pericolo è che si blocchi il sistema respiratorio”.
Dagli astronauti al Covid-19
Ma questo è solo un esempio delle attività su cui è impegnata Empatica e il suo team. I progetti attuali e futuri spaziano dalla predizione della depressione, alle emicranie, al monitoraggio del dolore cronico nelle persone affette da cancro e altre condizione ecc. Forniscono anche tecnologia a diversi istituti di ricerca, case farmaceutiche e agenzie governative. Come la NASA, dove gli strumenti di Empatica vengono usati per misurare lo stress e il sonno degli astronauti che si allenano per andare su Marte. E proprio lo scorso 9 marzo la società ha ricevuto il marchio CE per la diagnosi precoce di Covid-19 tramite Aura, il sistema di rilevamento delle infezioni respiratorie. “Il principio è sempre lo stesso – precisa Lai – il dispositivo rileva cosa succede al corpo, raccoglie i dati fisiologici e in base all’algoritmo che abbiamo costruito ti diciamo cosa sta succedendo”.
Il lavoro era iniziato nel 2018, in seguito a un accordo con il BARDA statunitense per sviluppare una tecnologia indossabile in grado di rilevare l’insorgenza di un’infezione respiratoria. Ed è ovviamente tornata utile in seguito all’esplosine della pandemia di Covid-19. “Il progetto su Covid è capitato – commenta Lai – durante l’emergenza abbiamo provato a dare una mano con quello che sappiamo fare. Il prodotto forse sarà utile per altre pandemie (anche se spero non se ne verificheranno altre) o anche ‘solo’ per l’influenza e altre malattie respiratorie”.
Verso trial clinici decentralizzati
Sempre durante la pandemia inoltre, i dispositivi di Empatica sono tornati utili per la conduzione delle sperimentazioni cliniche a distanza. L’arrivo di Sars-Cov-2 infatti ha paralizzato anche la ricerca scientifica, come ricorda Lai: “Non si potevano più fare trial e tante aziende e ospedali sono passati a studi clinici decentralizzati, monitorando i pazienti in remoto senza il bisogno di recarsi in ospedale. Questo tipo di tecnologie saranno anche di aiuto in futuro, per impattare meno sui sistemi sanitari dei vari Paesi. Perché evitano le spese logistiche legate allo spostamento delle persone e soprattutto puntando sulla prevenzione permettono di risparmiare costi dovute alle cure”.
Unire design e rigore scientifico
Se nei sogni del giovane progettista non era certo in programma di diventare prima startupper e poi manager, di certo è sempre stata chiara la volontà di unire il design dei prodotti “consumer” esteticamente gradevoli e che non hanno bisogno di essere testati, con il rigore scientifico dei dispostivi medicali professionali, utili spesso inusabili. Una scelta non convenzionale quella di unire i due estremi, che forse ha contribuito al successo di Empatica. “Ma ci vuole anche un po’ di fortuna” commenta Lai, che ammette di essere stati aiutati dalla buona sorte in questo, con una tempistica perfetta. “Abbiamo avuto un timing appropriato, per sviluppo questa tecnologia ci vogliono anti anni e ora che è stata pronta il mercato è esploso”.
L’amore per la Sardegna
Oggi di base a Boston, Lai però non ha mai dimenticato la Sardegna, che negli ultimi tempi ha sviluppato una rete locale di startup molto florido. “È un posto perfetto per lavorare in remoto. Ha un’infrastruttura digitale, c’è già un ecosistema locale di co-working e società, è economica e ha tanti altri vantaggi come cibo, clima, popolazione, cultura. Mi spiace avere pochi contatti sul territorio ormai – conclude – ma penso che la Sardegna in questo momento in cui vi è un passaggio verso il lavoro in remoto abbia un’opportunità da cogliere”. Per una volta insomma si potrebbe parlare di attrazione di cervelli e non di fuga.
Matteo Lai sarà con noi il 19 marzo alle 15 per la prossima puntata di Life. Vi aspettiamo!