Ma il Paese non si arrende al lock down. Verrà consigliato di limitare le uscite, senza punizioni per chi trasgredisce
Il mondo è curioso di comprendere come evolverà la situazione in Giappone, al momento il solo grande Paese moderno a non aver decretato un lock down totale. Questo nonostante sia densamente abitato e caratterizzato da un’alta percentuale di popolazione anziana. Pochi minuti fa, il premier Shinzo Abe ha dichiarato lo stato di emergenza, che consentirà ai governatori delle singole regioni di procedere con inviti alla popolazione a restare a casa, ma non si prevedono chiusure vere e proprie.
La maggior parte delle misure non si accompagna a sanzioni per chi non le rispetta. E le webcam che corredano questo articolo permettono di vedere che in fondo a Tokyo, la città più popolosa del Giappone nonché il principale focolaio di Covid-19, la vita prosegua più o meno come sempre.
Cos’è lo stato di emergenza
“Secondo una stima degli esperti, se tutti noi facciamo uno sforzo e riduciamo le interazioni con gli altri di almeno il 70-80 percento, dovremmo essere in grado di vedere l’aumento del picco di infezioni e poi rallentare in due settimane”. Lo ha detto il Primo ministro nipponico, Shinzo Abe, annunciando lo stato di emergenza. “La cosa più importante, più di ogni altra, è cambiare il comportamento delle persone”, ha ribadito il premier.
Lo stato di emergenza diramato è diventato immediatamente esecutivo e copre Tokyo, Osaka e cinque prefetture: Saitama, Kanagawa, Chiba, Hyogo e Fukuoka.
L’incrocio di Shibuya, a Tokyo, alle 20 del 7 aprile
Di fatto si tradurrà nella possibilità per le amministrazioni locali di chiedere ai cittadini di evitare uscite inutili e alle industrie di chiudere o di prevedere norme per il distanziamento sociale.
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La risposta ai detrattori
Abe ha anche replicato ai suoi sempre più numerosi detrattori, che lo hanno accusato di aver procrastinato inutilmente lo stato di emergenza per tre settimane: “Quando si tratta di fare la dichiarazione, è un dato di fatto che dobbiamo essere preparati con cura per evitare confusione riguardo allo stato di emergenza e alle misure per accogliere coloro che sono infetti”, ha detto il premier. “Abbiamo preso la decisione di oggi dopo aver preso collettivamente in considerazione questi punti”.
Nel caso si attuino nelle sette province le misure più restrittive, paragonabili a quelle prese in Europa, sono previste deroghe per le infrastrutture di base – elettricità, approvvigionamento idrico e gas – nonché per attività economiche come supermercati, minimarket, farmacie, banche, uffici postali e trasporti pubblici. Al momento però è tutto virtualmente ancora aperto, dalle scuole alle università, passando per cinema, ristoranti e teatri. Starà quindi alle amministrazioni locali decidere cosa fare e rischiare in prima persona le conseguenze di decisioni parecchio impopolari.
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