Esiste davvero o è un’invenzione giornalistica? Quel che è certo è che ha funzionato per anni
Ne hanno parlato per anni, soprattutto a cavallo tra il primo e il secondo governo Conte, quando Matteo Salvini era l’uomo più seguito in Italia, tra palazzi della politica e spiagge. La Bestia, nome dato alla macchina social del segretario leghista, è stata descritta da molti come l’arma politica (e tech) che ha consentito all’ex ministro degli Interni di cavalcare il dibattito su Facebook, Twitter e altre piattaforme e di dettare l’agenda politica in base al fatto del giorno; per altri, invece, è ancora come un ircocervo, creatura fantastica sulla bocca di tutti, ma che nessuno ha mai visto. Perché se ne sta parlando in queste ore? Luca Morisi, dimessosi poche settimane fa dal ruolo che ricopriva all’interno del partito, è stato per anni il regista social dell’attività politica di Salvini. Nelle ultime ore si è saputo che è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Verona per cessione di stupefacenti.
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La Bestia
Matteo Salvini è stato ed è forse il politico più abile nello sfruttare la potenzialità dei social network. Nel descrivere questa Bestia, gli osservatori politici hanno tratteggiato i contorni di una sorta di macchina della propaganda in grado di suggerire al team del politico qual è l’argomento del giorno, quali i fatti di cronaca più interessanti per il proprio elettorato. In base a tutto questo la capacità dell’organizzazione leghista è quella di pubblicare post, fotografie, meme e video in quantità. L’esperto di comunicazione Matteo Flora ha descritto come funziona questa tecnica con un lungo video disponibile su YouTube, nel quale spiega che «non basta essere nel posto giusto: bisogna essere preparati per l’occasione».
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Non si contano le volte in cui la stampa e gli oppositori di Salvini hanno tirato in ballo la Bestia. «È stata ideata a fine 2014, e finalizzata nel 2016 – ha spiegato a Rolling Stone lo spin doctor Alessandro Orlowski – All’inizio si trattava di un semplice tool di monitoraggio e sentiment. Poi si è raffinato, con l’analisi dei post di Facebook e Twitter e la sinergia con la mailing list». Al netto dei giudizi di ciascuno sul politico, è evidente che l’attività social di Salvini non ha avuto eguali in Italia: esattamente come per campagne marketing, la squadra del leader leghista ha utilizzato ciascun social in base al pubblico di riferimento.
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La Bestia non sarebbe tale senza un team. Sono oltre 30 i professionisti della comunicazione, tutti molto giovani, impegnati nelle fila del team di Salvini. Come ha spiegato in un Data Room del 2019 Milena Gabanelli, la media giornaliera di post è stata di 17 su Facebook durante una campagna elettorale. Nulla di quanto fatto o in programma per il leader viene trascurato: incontri, appuntamenti, interviste in tv, udienze in tribunale, ogni cosa è seguita e rilanciata per galvanizzare la propria base e dare l’idea di un politico che ha sempre scelto di presentarsi come uno del popolo.
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Ma non c’è soltanto la Bestia leghista. Il metodo social di Salvini ha fatto scuola in Italia. Se si guarda a destra, anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, è da tempo molto concentrata sui social; sul versante opposto, dal PD ai partiti di sinistra, l’idea di utilizzare i social con slogan per acchiappare like e creare coinvolgimento ha convinto non pochi politici. Che si sono spesso limitati a imitare un modello. In ultima analisi, della Bestia non esistono fotografie, ma la macchina social di Salvini non smette di macinare post e contenuti giorno dopo giorno.