Viaggio in Italia fa tappa nel settecentesco Palazzo Biscari, inserito tra i beni Unesco. Qui trovano casa aziende, imprese, startup, associazioni, istituzioni. «Isola è il luogo in cui tutto è possibile», dice Antonio Perdichizzi, fondatore dell’hub dove in questi giorni si svolge l’evento Make in South
Questa volta il nostro Viaggio in Italia fa tappa a Catania, terra del profondo Sud dove si respira arte, bellezza, aria di mare e di innovazione. Già, perché proprio a Catania, in piazza Cardinale Pappalardo, all’interno di uno dei palazzi storici più importanti della città, è nato Isola, l’hub fondato nel 2020 da Antonio Perdichizzi, imprenditore da sempre attento all’innovazione e alla crescita di idee disruptive. Qui dentro sono arrivati, e arrivano, i “digital nomad”, coloro che hanno la possibilità di lavorare a distanza grazie allo smart working. E qui dentro nasce l’innovazione che vuole guidare l’ecosistema catanese verso la rinascita di un tessuto imprenditoriale che si è un po’ perduto, soprattutto post pandemia. Ne abbiamo parlato con colui che quell’hub lo ha fondato, Antonio Perdichizzi, imprenditore, startup mentor e presidente di Junior Achievement Italia.
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Antonio, come è nata l’idea di fondare Isola hub a Catania?
Il progetto è iniziato tra i due lockdown che ci hanno imposto di restare a casa durante la pandemia. Conosco bene il palazzo storico dove oggi ha sede Isola; si tratta di uno dei più importanti di Catania, sorto nel 1693. Furono gli stessi proprietari a chiedermi consiglio su come poterlo valorizzare e in quel momento mi balzò in testa l’idea di creare un hub che potesse dare una nuova linfa vitale al tessuto formativo e imprenditoriale catanese.
Poi cosa è successo?
A Catania c’erano diverse realtà innovative che, proprio a causa della pandemia, hanno chiuso. La città sarebbe rimasta un luogo dove c’era voglia di innovare ma non si sapeva come farlo. Per altro, durante la pandemia, in tanti sono tornati sull’isola: spesso si è trattato di coloro che qua erano nati ma anche di stranieri e persone che hanno scelto l’isola per viverci. Si è verificato quello che, poi, è stato definito il fenomeno del “south working”, che ha interessato la Sicilia da vicino. Dopo circa 9 mesi di lavori, da settembre 2020 a giugno 2021, Isola ha aperto le porte ai south worker con l’ambizione di diventare una casa per loro, con un ampio spazio di co-working, aperto e iper-connesso, e un laboratorio di sperimentazione che guarda al lavoro. Adesso Isola compie 2 anni, promuove e supporta progetti d’impresa, startup e PMI innovative e offre opportunità di apprendimento e crescita ai talenti del territorio. E in quei saloni affrescati adesso c’è una comunità che lavora sull’innovazione, l’arte, la cultura e la creatività.
Cosa si fa in Isola?
Qui vogliamo costruire quello che io definisco un “umanesimo tech”, ovvero una comunità che comprende associazioni locali, digital nomad che provengono da 45 nazionalità diverse, siciliani che hanno deciso di tornare a casa. Si sta creando un luogo di scambio, rigenerato e riempito non più con attività sporadiche ma con oltre 500 eventi, durante il corso dell’anno, che attraggono talenti internazionali. Crocevia di culture e di scambio, in Isola prestiamo anche un’attenzione particolare ai rifugiati. Infatti, qui hanno sede alcune delle più importanti associazioni che si occupano di migranti come Unicef e Save the Children e proprio in questi giorni si tiene Make in South, il festival sull’impatto sociale che proprio dal Sud punta a creare un network tra aziende, startup, istituzioni e talenti emergenti che qui possono trovare occasione di confronto e dialogo.
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Cosa significa questo progetto per il territorio?
Devo dire che è molto importante perché punta a una riqualificazione dell’intera città. Ad esempio, assieme ad altri 30 giovani innovation manager stiamo lavorando alla rinascita di un parco nel centro storico di Catania e stiamo allargando Isola da un palazzo a un intero quartiere. Ci siamo costituiti come personalità giuridica lo scorso dicembre e la nostra mission è quella di generare una comunità di luoghi, persone e organizzazioni lavorando costantemente per rispondere alle esigenze di cui questa società ha bisogno. Oggi Isola fa da ponte digitale e culturale a più di 50 organizzazioni e PMI che qui hanno la loro sede. In questa ottica, ogni 3 mesi organizziamo Make in South, adesso giunto alla 9° edizione. Si tratta di un evento in cui si pensa alla costruzione di una comunità che lavora a stretto contatto con i partner attraverso una serie di call, mostre e workshop che puntano a creare nuove opportunità per l’intero territorio.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Principalmente lavoreremo sulla formazione e sull’imprenditorialità per costruire un ecosistema locale fatto di competenze e percorsi formativi sul digitale. In questi mesi, inoltre, stiamo mettendo a punto un piano per mettere insieme le imprese, il terzo settore, le pubbliche amministrazioni e i fondi a queste destinati, al fine di ridurre le asimmetrie. Le risorse ci sono ma, al momento, in questa zona non c’è una grande capacità di usarle e scaricarle a terra. Sono più di 275mila i giovani che se ne sono andati dalla Sicilia e noi puntiamo a evitare lo spopolamento. Catania, di fatto, è uno dei pochi centri del Sud che conta un’industria di altissima tecnologia con stabilimenti importanti come la gigafactory di Enel e STMicroelectronics. Vorremmo che Isola diventasse un punto di riferimento centrale per l’innovazione nel Mediterraneo.