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Il verticale di B4i – Bocconi for innovation – dedicato alla sostenibilità punta sul lavoro in sinergia, la costante innovazione e la capacità di saper guardare al futuro con ottimismo
Oggi la sostenibilità è una priorità. Per il Pianeta, per l’essere umano, per le aziende e per tutto l’indotto che crea. La sostenibilità, da tempo, si trova al centro dei verticali che guidano i programmi di B4i – Bocconi for innovation. Coordinati dal professore Stefano Pogutz, i percorsi di accelerazione e pre-accelerazione di B4i che interessano questo tema hanno fatto molti passi in avanti durante gli ultimi anni, immersi in uno scenario dove l’innovazione è in costante evoluzione. Se, infatti, da un lato il livello di attenzione al tema della sostenibilità è prioritario per le startup che si candidano, allo stesso tempo è cresciuto sia il numero che la qualità delle application che Stefano Pogutz riceve e analizza assieme al direttore operativo Nico Valenti Gatto, Massimo Della Ragione, coordinatore del verticale Digital Tech e Gabriella Lojacono, coordinatrice dei percorsi dedicati al Made in Italy. Abbiamo scambiato due parole con il professore per farci raccontare in quale direzione stanno andando i programmi di B4i che interessano la sostenibilità e che cosa ci si deve aspettare nei prossimi anni.
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Professore, come è strutturato oggi il verticale di B4i che coordina?
All’interno dei nostri percorsi di accelerazione e pre accelerazione ci sono realtà molto interessanti. Abbiamo spinto molto sul tema, oggi considerato una priorità anche da un punto di vista imprenditoriale, oltre che di impatto ambientale e sociale. Bocconi già da anni propone una serie di Master incentrati sulla sostenibilità e un laboratorio di ricerca. Con questo verticale l’Università vuole creare le competenze adatte per lanciare sul mercato le startup che della sostenibilità hanno fatto il proprio core business. Noi, indubbiamente, lavoriamo in sinergia anche con gli altri verticali, nei quali emerge una sempre maggiore attenzione al tema.
Nota qualche differenza nella qualità dei progetti rispetto agli anni scorsi?
La differenza sostanziale che ho notato negli ultimi tempi risiede nel fatto che, internamente, sia gli studenti che i giovani sono molto più attenti al tema della sostenibilità, sia in chiave specialistica che in generale. Molto interessanti sono, ad esempio, i settori del Cleantech e dell’impatto sociale. Per citare qualche esempio di startup di successo che sono state da noi ci sono Zero Impack, che elimina i rifiuti di packaging monouso nel food delivery, Quick algorithm, che si occupa di analisi di dati per migliorare i prodotti, i processi produttivi e diminuire gli sprechi, Sly che lavora al supporto e al monitoraggio dati delle tecnologie clean, Microx che utilizza una serie di strumenti tech per l’analisi delle acque.
Come si immagina il futuro del verticale?
Oggi il mondo dei giovani viaggia a forte velocità e ho una visione positiva sul loro modo di reinterpretare le startup e il mondo del lavoro. Indubbiamente, ci sono grandi cambiamenti in atto: da un lato avremo a disposizione più risorse finanziarie e, da un altro, più competenze che i giovani d’oggi avranno acquisito nel corso degli anni. Si creerà un mix a mia opinione vincente. Oggi assistiamo, anche nei percorsi di pre accelerazione, alla nascita di belle realtà che spaziano dall’agroalimentare alle piattaforme che aiutano il consumatore verso scelte intelligenti; dalla sensoristica per il monitoraggio delle aree e delle acque con i big data all’offsetting. Già oggi vedo tanti studenti dei nostri corsi di laurea che puntano alla creazione di una startup, con l’idea di avvalersi di percorsi di mentoring.
Quale è il messaggio che si sente di trasmettere ai giovani innovatori?
Prima di rispondere vorrei fare una premessa: il 38% del piano di decarbonizzazione deve arrivare da soluzioni basate sulla natura con la validazione di programmi che puntino ad assorbire le emissioni di CO2. Senza che questo accada, il pianeta non si metterà mai sulla giusta rotta. Pertanto è necessario lavorare sempre più, e sempre meglio, con gli esperti di scienze ambientali e con le Università. Fondamentale è la parte di monitoraggio e controllo, che guarda alla mappatura geo-satellitare, alla sensoristica, all’integrazione dell’intelligenza artificiale e al digitale. Quello su cui siamo un po’ in difficoltà, specialmente in Italia, è il settore del Deeptech, che andrebbe incentivato di più soprattutto attraverso investimenti cospicui.