Fare impresa nel Mezzogiorno non è facile: per questo chi ce l’ha fatta merita un plauso
Sud e innovazione possono stare nella stessa frase? La domanda non è peregrina, almeno per chi ha voglia di lasciarsi alle spalle la retorica. È un dato oggettivo che il Meridione non mostri il grado di sviluppo del Nord e che molti dei giovani più promettenti decidano di partire; lo è altrettanto il fatto che non sia sempre stato così. Anzi.
La Magna Grecia, culla della civiltà e della cultura occidentale, ha lasciato vestigia di un passato glorioso un po’ ovunque. Archimede era nativo di Siracusa. Napoli, nel Settecento, era una delle principali capitali europee; Palermo, con la dinastia dei Florio, divenne un rinomato centro di vita mondana tra l’Otto e il Novecento.
Ma già nel 1876 i toscani Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, nel corso della loro “Inchiesta in Sicilia”, si accorsero che il Mezzogiorno era rimasto impantanato tra latifondismo, analfabetismo, mafie, inadeguatezza di una classe dirigenziale clientelare.
Senza avventurarci in analisi storiche, ma tuttavia senza timore di contravvenire al politicamente corretto, ci limitiamo a osservare quella che per chi ci vive è un’ovvietà: fare impresa al Sud è ancora molto più difficile rispetto al Nord, sebbene con i nostri SIOS in giro per l’Italia e in particolare per il meridione ci siamo impegnati a portare a galla tante storie e startup altamente innovative e di successo che i più non conoscono. Anche per questo l’articolo di oggi non ha la pretesa di essere conclusivo, ma un racconto destinato a evolversi col nostro viaggio e con le vostre segnalazioni.
Il Mezzogiorno nel mirino: il Fondo per il Sud di CDP
Per colmare la mancanza di liquidità è nato il Fondo Italia Venture II – Fondo Imprese Sud di Cassa Depositi e Prestiti Sgr: durante l’ultima edizione di SIOS Sardinia, a maggio, la responsabile Francesca Ottier ha annunciato in anteprima lo stanziamento di 70 milioni di euro fra investimenti diretti e indiretti in realtà innovative che operano in Abruzzo, Campania, Sardegna, Puglia, Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia.
Il fondo, ha spiegato la manager, investe come socio di minoranza in tutte le fasi del ciclo di vita di un’impresa, preferibilmente in coinvestimento con soggetti privati indipendenti. La strategia predilige investimenti in round A, B e C. Quanto ai settori, nessuna preclusione: dall’agritech al biotech, dall’healthcare al digital, e poi IoT, Intelligenza Artificiale, robotica, meccatronica.
Secondo Ottier, la pandemia e il southworking hanno riportato a casa molti che si erano trasferiti al Nord o all’estero. Oggi, ragiona la dirigente, “le startup, le eccellenze e i capitali ci sono: si deve puntare a creare un solido ecosistema e le condizioni favorevoli per attrarre startup e talenti”. Un plauso anche agli acceleratori, che “al Sud fanno un ottimo lavoro. Adesso dobbiamo sfruttare le eccellenze del territorio in ambito digitale al fine di creare le condizioni che favoriscono lo sviluppo di nuove startup. Puntando soprattutto sulla formazione”.
La strada è lunga, ma il dado è tratto. Qui di seguito, in un articolo che aggiorneremo progressivamente, proviamo a raccontarvi qualche storia. Cominciando con la Sicilia, la più popolosa delle regioni meridionali.
Sud e startup: la Sicilia
Gli investimenti in venture capital in Italia nel 2021 hanno raggiunto e superato la soglia del miliardo di euro, toccando i 1.243 milioni (+118% rispetto ai 569 milioni di euro del 2020) con circa 334 deal (rispetto ai 111 dell’anno precedente). É quanto emerge dall’EY Venture Capital Barometer 2021.
Se la Lombardia si conferma il terreno più fertile e promettente per l’innovazione italiana, in Sicilia le startup sono ancora poche. Nel 2021 rispetto alle 382.473 imprese attive sull’isola di Pirandello e Sciascia (84.230 solo a Catania) le startup innovative erano solamente 683 ( 75 le PMI innovative).
“Si tratta di un problema certamente figlio della diseguaglianza economica che divide lo stivale in due parti, ma anche della resistenza culturale all’innovazione ed allo sviluppo dell’impresa privata sull’isola” ragiona con StartupItalia Monica Guizzardi, responsabile della Comunicazione di Arca, partenariato tra tra l’Università degli Studi di Palermo e i Consorzi Universitari di Agrigento, Trapani e Caltanissetta. Arca, attivo dal 2003, gestisce anche l’unico incubatore presente in Sicilia.
L’analisi è lucida, e non fa sconti. Ma c’è anche qualche segnale interessante: “Secondo la classifica stilata dal Global Ecosystem Report, la città di Catania sarebbe il settimo ambiente migliore per le startup in Italia, questo se partisse dalle stesse condizioni di buona amministrazione che sono normali altrove” prosegue Guizzardi. “Palermo, invece, sarebbe diciassettesima”.
Storie importanti, di quelle che fanno scrivere, nonostante tutto, non mancano. Da un siciliano, anche se trapiantato a Milano, è nata Greenrail, che produce traversine ecosostenibili per binari ferroviari (e nel 2018 vinse il SIOS organizzato da StartupItalia). Il fondatore Giovanni De Lisi partì con il piede giusto, rifiutando nel 2017 l’offerta di un investitore che gli proponeva un milione di euro per il 20% della società: a suo giudizio valeva molto di più. Sembrava un azzardo, ma il tempo gli diede ragione, e oggi è Greenrail è tra i leader di settore a livello globale.
La fortuna non arrise, invece, a Mosaicoon, attiva nel settore della pubblicità, purtroppo una meteora. Riconosciuta tra le più promettenti startup italiane, concluse malamente la sua parabola nel giro di qualche anno, sepolta, tra l’altro, anche dai costi di un’espansione forse troppo precipitosa.
Oggi, spiegano ad Arca, si cerca di fare tesoro delle esperienze di chi ha percorso il cammino negli anni passati. non ripetere quegli errori. Tra le più interessanti realtà incubate c’è Ohoskin, che produce un sostituto della pelle per lavorazioni di lusso. La particolarità? Il biomateriale viene realizzato a partire dai sottoprodotti di arance e fichi d’India. Nata e cresciuta durante la pandemia, selezionata ne 2021 come miglior innovazione “Amica dell’Ambiente”, la startup siciliana sta consolidando la propria rete di collaborazioni. Ad esempio, con le aziende della Motor Valley emiliana, cui ha proposto un’alternativa ecologica e cruelty free per chi non vuole rinunciare al lusso degli interni automobilistici. Perché arance e cactus? “Abbiamo scoperto che hanno le proprietà perfette per innescare un circolo virtuoso” raccontano i fondatori.
Talent Players, invece, propone un dispositivo per monitorare le prestazioni degli atleti: a differenza di molti device in commercio, spiegano i fondatori, non è basato sul GPS ma su sensori inerziali e può quindi essere usato anche al chiuso. Inoltre, affermano, la soluzione sarebbe più economica rispetto alle altre attualmente in commercio.
MUV si occupa di mobilità sostenibile con una gamification educativa: “Più cammini e ti sposti con bici e mezzi pubblici e bici, più vinci” spiega a StartupItalia l’ad Francesco Massa. “La sfida era questa: trasformare la mobilità urbana sostenibile in uno sport. I cittadini sono gli atleti, le amministrazioni locali gli allenatori e le aziende rivestono il ruolo di sponsor”.
Restorative Neurotechnologies, invece, si occupa di riabilitazione e potenziamento cognitivo, per favorire la deospedalizzazione di pazienti con patologie neurologiche. Nel 2020 ha chiuso un round da un milione di euro per lanciare il prodotto principale sui mercati esteri.
Kymia è una startup di cosmetici made in Catania che ha brevettato una crema anti-age innovativa. Il suo ingrediente peculiare? Il mallo, ovvero la parte più esterna del pistacchio che è un prodotto tipicamente di scarto.
Advanced Medical Engineering Devices – Amed, invece, sta mettendo a punto una protesi aortica contro l’aneurisma.
“Sono tutte idee molto interessanti, che stiamo supportando nel percorso di crescita. Perché anche le intuizioni migliori hanno bisogno di essere messe a terra” riprende Guizzardi. “Per questo, il 7,8 e 9 luglio Arca ha organizzato uno Startup Weekend nella nostra sede di Palermo (qui le info per l’iscrizione e il programma, ndr). Sarà una maratona di 54 ore per sviluppare un’idea da concept alla messa a in strada con l’aiuto di 12 mentor”. Un minuto per raccontarla, poi due giorni di affiancamento per provare a immaginarne la realizzazione pratica. Durante il percorso, pillole di formazione, storie imprenditoriali, consigli pratici su come fare un pitch. La tre giorni è focalizzata sul networking ed è aperta a tutti.