Oggi al cinema, racconta di una business illegale che non ha saputo diventare startup. Abbiamo intervistato Enrico Frattasio, che ha anticipato le playlist digitali e gli algoritmi di Spotify e Youtube
Mixed by Erry: può una vicenda negli anni Ottanta tornare così attuale? La risposta a questa domanda è sì se si considerano due nodi che, malgrado l’avanzare delle tecnologie, non sono ancora stati risolti: la questione dei diritti d’autore (con il recente scontro tra SIAE e Meta) e la pirateria alla quale si prova a mettere nuovi argini, con la recente proposta di legge che rafforza i poteri dell’Agcom che potrà intervenire con più urgenza, chiedendo ai prestatori di servizi di disabilitare l’accesso a contenuti illeciti.
La storia, che è attualmente tornata alla mente grazie a un libro di Simona Frasca e un film di Sidney Sibilia, “Mixed by Erry”, ha come protagonista quattro fratelli napoletani, nati nel quartiere Forcella, che hanno creato illegalmente un business copiando prima cassette e poi cd e rivendendoli in Italia e all’estero. I quattro, Peppe, Enrico, Angelo, Claudio, hanno creato un impero, in grado di produrre e distribuire anche più di mille cassette al giorno con oltre 70 dipendenti, guadagnare 750 milioni di lire a settimane (calcolando il periodo tra il 1996 e il 1997) e anticipare fenomeni come il mash-up e alcuni degli algoritmi che oggi spiegano il successo di Spotify e Youtube.
La mente creativa è stata Enrico Frattasio, un ragazzo allora con il sogno di diventare deejay che si è trovato, insieme ai suoi fratelli, in qualcosa più grande di lui che li ha condotti poi, dopo l’iniziale successo, verso una parabola discendente, fino al periodo di carcere che ne ha segnato le vite. Oggi sono tornati alla luce dei riflettori con il libro e il film e con un messaggio positivo da dare ai giovani.
Prima di Spotify
Daniel Ek è il fondatore di Spotify. Sulla stregua del successo del libro, Se Steve Jobs fosse nato a Napoli di Antonio Menna, immaginiamo come sarebbe stato il futuro di Enrico e dei suoi fratelli se fossero riusciti a legalizzare il loro business (ci hanno provato a dire il vero con scarsi risultati e poca convinzione, come si racconta nel libro), seguendo proprio il modello di sviluppo di una startup. Avevano tutto per riuscire: le intuizioni creative di Enrico che nelle sue compilation aveva anticipato le playlist digitali e algoritmi complessi come quello di Spotify o Youtube: «Se ti piacevano i Duran Duran, immaginavo che potessi amare anche gli Spandau Ballet o i Pink Floyd. Puntavo sempre a sorprendere il cliente, grazie al mio bagaglio musicale», spiega Enrico a Startupitalia. E nello stesso modo, si era inventato di inserire un brano di un autore completamente sconosciuto all’interno di una compilation, immaginando quello che sarebbe stato il pezzo in coda di Youtube.
Inoltre, c’erano altri elementi che assomigliano molto da vicino al modello di sviluppo di una startup. Tra questi la ricerca spasmodica sul mercato della migliore tecnologia, con il fratello Peppe che investiva nei registratori più avanzati per il tempo per aumentare la produzione, migliorare la qualità e diminuire il tempo (dalle piastre Basf, fino a duplicatori Graft e Tascam). Peppe era solito frequentare le più importanti fiere delle nuove tecnologie e si teneva aggiornato, comprando le novità su suggerimento di Enrico.
E poi c’era la flessibilità nel sistema organizzativo e di distribuzione, con Angelo che aveva la capacità di immaginare dei mini depositi, sempre più vicini ai compratori e in grado di svuotarsi e di spostarsi rapidamente, nel caso specifico per sfuggire alle perquisizioni della finanza, e la capacità di arrivare primi sul mercato, con il paradosso che le loro compilation di Sanremo illegali arrivassero sul mercato prima di quella originale. E un sistema di “talent scout”, in grado di individuare e segnalare le novità musicali in Europa e nel mondo. Nel periodo d’oro spendevano anche 800 mila lire al giorno per acquistare dischi.
E poi ancora la capacità di costruire un marchio, diventato nel tempo sinonimo, è anche questo è un paradosso, di qualità del suono: «Mixed by Erry nasce quando mi portarono dall’America un disco di Studio 54, con su la scritta Mixed by Foxy John. All’epoca avevo 15 anni e decisi di inventarmi Mixed by Erry. Ho deciso di lanciarmi in quest’avventura per estinguere i debiti di mio padre. Tutto è nato grazie alla fortuna, con una schedina con cui vinsi 11 milioni di lire e iniziai a comprare i primi impianti e a realizzare le prime cassette», ricorda Enrico.
Il messaggio agli startupper
Fa strano oggi vedere uno che è stato insieme ai suoi fratelli, il re della pirateria, schierarsi dalla parte della SIAE, nella contesa con Meta: «La SIAE fa bene a svegliarsi e a chiedere i suoi diritti. Come ha deciso, giustamente, di ribellarsi a noi deve farlo oggi con le grandi piattaforme che non si fanno tanti problemi a fare accordi a buon mercato, pensando unicamente ai propri interessi. A Meta seguiranno poi altre querelle, la prossima che prevedo è quella con Spotify», confessa Enrico che, malgrado tutto, ci sembra sincero nella sua dichiarazione.
Se il ricordo più bello della sua avventura con Mixed by Erry è di aver estinto i debiti di suo padre e supportato la sua famiglia, quello più brutto è l’arresto, con le minacce di morte ricevute in quel periodo da persone poco raccomandabili, ma soprattutto l’incapacità di aver veramente messo a frutto il suo straordinario talento creativo, riconosciuto anche dai suoi detrattori. «Amavo e amo la musica. All’epoca facevo il pirata a tempo pieno e il deejay a tempo libero. Feci la peggiore delle scelte perché non scelsi. Chissà oggi che vita avrei fatto, scegliendo di lavorare esclusivamente come dj».
Oggi Enrico è un piccolo imprenditore, vende scatole regalo per i bar ed è recentemente tornato a fare serate come dj, grazie all’ondata di visibilità ottenuta con il libro e il film. Ogni settimana, mi confessa, ricevono tantissime richieste da parte di imprenditori e startupper per fare uso del loro marchio registrato, ma finora non hanno detto sì a nessuno. Un agente oggi si occupa di questo. Termina la nostra intervista con un messaggio ai giovani: «Cosa ho imparato da questa esperienza? A non rimpiangere il passato, ma a imparare dalle esperienze. Ai giovani consiglio di seguire la loro passione. Ma non di farlo come ho fatto io, senza dedizione e disciplina».