Partita per scontrarsi con i grandi attori del settore dello sharing, Esco ha saputo cambiare in corsa. E adesso offre un servizio essenziale. “Ne abbiamo viste di tutti i colori. Monopattini nel letto del fiume, gettati selvaggiamente dalle banchine del porto, ritrovati in discarica perché erano stati infilati nei cassonetti della spazzatura”
Hanno cominciato a settembre 2020 proponendo, come tante altre realtà fiorite nell’ultimo periodo, un servizio di noleggio di monopattini nella splendida Palermo. Due ruote per spostarsi in libertà tra Palazzo d’Orleans e la Vuccirìa, tra la Cattedrale e Ballarò, godendo della bellezza di monumenti senza tempo e della brezza che spira dal mare. Il traffico del capoluogo siculo è rinomato ben oltre i confini comunali; abbinato al caldo e alla mancanza di parcheggi, è una combinazione micidiale per chi ha bisogno di spostarsi. Il successo, dopo qualche mese di studio, pareva assicurato.
Dallo sharing del monopattino alla gestione delle flotte
Ma la realtà ha ben presto realizzato che i concorrenti già operativi (sei) fossero troppo forti, troppo alti i budget da allocare in comunicazione e marketing, attività chiave per aprire un mercato nuotando in un oceano pieno di pesci. Poche, soprattutto, le risorse per chi ha cominciato da solo.
Così, nel giro di pochi mesi, Gabriele Calcagno (27 anni) e Francesco Di Simone (26), fondatori di Esco, si sono tenuti l’indovinatissimo nome e hanno deciso di ricominciare da zero, rivolgendosi agli ormai x concorrenti. Il trucco per restare in pista è stato semplice: concentrarsi su quello che potevano fare meglio di tutti, cioè permettergli di ridurre i costi aiutandoli a gestire il parco veicoli.
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“Nei primi mesi del 2021 abbiamo parlato con i dirigenti dei nostri ormai ex concorrenti proponendo di farci carico di tutte le operazioni. Il mercato avevano imparato a conoscerlo, e già a marzo abbiamo potuto partire – dice a StartupItalia Di Simone, che incontriamo a Palermo – “Oggi forniamo servizi di ricarica, manutenzione e riposizionamento ai grandi attori del settore della mobilità condivisa ”. La ricetta ha funzionato. “Perché”, sintetizza Di Simone, “vince chi coopera, non chi compete”. Benedetta gioventù, dotata di dosi rilevanti di sano pragmatismo.
Le politiche anti – coronavirus hanno gonfiato la voglia di mobilità di una popolazione abituata a vivere la dimensione collettiva della piazza. Ma Palermo è una città difficile. “Sono tanti, troppi i monopattini che spariscono o dobbiamo recuperare nei posti più improbabili” afferma l’imprenditore poco dopo aver raccontato la sua storia a un gruppo di aspiranti colleghi nello Startup Weekend organizzato a inizio luglio dal Consorzio Arca.
La storia di Gianmarco
Incuriositi, abbiamo chiesto a Di Simone di parlare con un operatore. Non ha avuto problemi ad accontentarci. “Le segnalazioni ci pervengono dagli utenti, dalle persone sul posto o dai manager dei gruppi per cui lavoriamo – racconta Giamnarco Martorana, responsabile delle operazioni di Esco – . Ma molto spesso siamo noi stessi ad accorgerci di monopattini in posizioni inconsuete”. Un eufemismo. “Significa nel letto del fiume o addirittura in mare”, precisa. Uno scempio non privo di creatività. “Ne abbiamo viste di tutti i colori. Monopattini nel letto del fiume, gettati selvaggiamente in mare dalle banchine, ritrovati in discarica perché erano stati infilati nei cassonetti della spazzatura”.
Non si tratta solo di lavoro: è anche questione di empatia nei confronti di una città difficile per gli affari, alle cui (note) problematiche sociali e sociologiche si aggiunge, assai più che spesso, l’incuria dei cittadini. Assuefatti, e, in qualche caso, attori di un degrado che colpisce anche la parte migliore della comunità. “Non conosciamo i colpevoli, ma il presentimento è che si tratti di vandali isolati che per goliardia e mancanza di senso civico si sfogano con questi atti ignobili. La sensazione che mi attanaglia è la vergogna nei confronti degli utenti abituali e corretti, e ovviamente di chi ha deciso di investire e portare valore aggiunto con i servizi di mobilità condivisa in una città come Palermo che ha davvero bisogno di innovazione e alternative alla mobilità tradizionale”.
Ogni recupero è un caso particolare e richiede un intervento speciale. “Mediamente, in base alla difficoltà impieghiamo dai trenta minuti fino a più di un’ora per ogni mezzo da ripescare”. E i passanti? “Sono i primi a mostrare stupore. I commenti sono i più disparati. Insultano gli ignoti colpevoli, si sfogano dell’inciviltà e del vandalismo, ci ringraziano per il lavoro che ogni giorno portiamo avanti, elogiando la nostra forza di volontà e tenacia”.
Un fenomeno che non si è attenuato. “Anzi. Mediamente ogni settimana abbiamo da recuperare nuovi veicoli”. Enjoy, il car sharing di Eni, nel 2019 lasciò la Sicilia. Troppi furti. Resistere non è facile.
Cresce il business del recupero e manutenzione dei monopattini
Ma l’attività di Esco non si limita al recupero. “Fortunatamente, il quotidiano è diverso e consiste nella ricarica e riposizionamento dei monopattini secondo le necessità del cliente” prosegue Di Simone. “Al momento, lavoriamo sulle piattaforme dei singoli clienti; ma stiamo studiando uno strumento proprietario che ci consenta di integrare tutto in un solo cruscotto tramite API”.
La storia imprenditoriale c’è già, gli affari vanno bene. “Alla fine, è servita tutta la resilienza da imprenditori del sud per riuscire a rimanere in pista”. L’audacia è stata premiata. “Se in due anni abbiamo segnato fatturato totale di 450 mila euro, gli ultimi sei mesi sono quelli in cui abbiamo siglato più contratti. Da gennaio il nostro fatturato si è alzato del 180%”. I soci sono due, ma possono contare su un gruppo di trenta collaboratori tra interni ed esterni.
Non ci sono grandi carriere aziendali alle spalle, messaggio rivolto a chi ha paura di buttarsi: “Il mio socio ha già fatto l’imprenditore per tre anni. Io l’esperienza pratica me la sto facendo sul campo; quella teorica, invece, mi viene dagli studi di ingegneria gestionale”.
Esco è basata nel quartiere della Zisa, alle spalle dei Cantieri Culturali, nel cuore della città. Da un lato i vicoli del centro, dall’altro le strade a scorrimento veloce, “come un raccordo anulare che ci consente di arrivare negli altri comuni dove operiamo, attualmente Isola delle Femmine e Mazara del Vallo”.
Qual è stata la parte più difficile?, chiediamo.
“Fondamentalmente, mettere in piedi modello di business e farlo reggere. La parte di finanziamenti e sostegno delle banche è stato inizialmente un ostacolo; però da ogni problema abbiamo tratto lo stimolo per trovare la strategia giusta, anche facendo di necessità virtù. Dall’altro lato, abbiamo un vantaggio: i nostri clienti sono multinazionali che hanno una mentalità aperta all’innovazione a 360 gradi”. Alla Startup Weeekend c’erano tanti coetanei imprenditori, e anche qualche collega più in età. Come li vedete, voi che siete ormai una realtà avviata? “Ho avuto modo di relazionarmi con altri giovani che vogliono fare impresa o già la fanno – riprende Di Simone – Chi già lavora è spesso come noi, ha la nostra stessa visione. Ma molti sono orientati già dai primi momenti a fare margine, sono poco disposti al sacrificio, al lavoro e alle rinunce”. Il futuro è scritto nei numeri. “Nel 2022 avverrà il lancio della piattaforma, nel 2023 l’espansione in altre cinque regioni, nel 2024 l’apertura al mercato internazionale. Sul fronte ricerca e sviluppo, siamo in partnership con le università di Palermo e Firenze, lavorando a soluzioni innovative sul processo di ricarica”. Per ora, però, “non abbiamo ancora preso finanziamenti. Per proseguire su questa strada, che sembra promettente, cerchiamo partner con cui chiudere un round da quattrocentomila euro. Data la natura operativa del nostro business, questa cifra ci consentirebbe di portare a termine il piano di espansione”.