Con i suoi reel dedicati a palazzi, musei e chiese barocche ha conquistato tutti in un solo anno. Per la rubrica Venti di futuro dedicata ai giovani talenti Eleonora Chioda intervista Roberto Celestri. «Sono agnostico. Ma credo nella forza del mondo. E in quella dei sogni»
Gira le chiese e i palazzi più sconosciuti, tra Roma e la Sicilia. Fa reel con una sola sequenza, mette una musica bellissima, pianoforte, violino, e sbanca sui social. Ha registrato qualcosa come 120 milioni di visualizzazioni. «Alleno gli occhi e il cuore alla bellezza». Si chiama Roberto Celestri, ha solo 21 anni, è il primo art influencer d’Italia, qui la sua pagina Instagram. Avvicina i più giovani all’arte. Voleva fare cinema “ma per entrare in quel mondo devi fare lo schiavo”. Durante la pandemia ha capito il suo talento. In un solo anno, ha conquistato quasi 350mila follower. Fa numeri che nessuno ha. Ha lanciato il trend delle chiese. «Ho costruito “un’armata di discepoli”, che vanno nelle mie stesse chiese e fanno video identici ai miei». Ha già fatto un TedX a Pavia, ha uno spazio tutto suo su La7 all’interno del programma ArtBox. 24 puntate dove parla – come dice lui – di chiese sfarzose e palazzi spettacolari. E se lo senti parlare, ti incanta.
«Non sono nemmeno battezzato: i miei genitori mi hanno lasciato libero. Ma credo in qualcosa: nella forza del mondo. E in quella dei sogni»
Nato e cresciuto a Noto, città d’arte dichiarata sito dell’Unesco. Figlio di antiquari e restauratori, ha trascorso un’infanzia inusuale. «La mia passione per l’arte nasce da lontano. Chiese, statue, cornici, arredi e materiali di ogni tipo sono stati il mio parco giochi. Vedevo sempre i miei genitori alla ricerca della bellezza. E passavano anche le vacanze a cercare l’arte. Io ero sempre al seguito. Mio padre fotografava tutto. E una volta a casa, scaricava le foto, le catalogava. Mi coinvolgeva. In quelle occasioni spesso scoprivo dettagli che non avevo notato. E capivo il potere creativo e osservativo della fotografia».
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Poi Roberto cresce, arriva l’adolescenza e parte la fase del rigetto. «Provavo una sorta di repulsione. Non volevo più andare con i miei genitori. E se loro erano appassionati di foto, il mio linguaggio erano i video. Ho iniziato a fare il videomaker: ogni giorno facevo un videoclip dedicato alla musica trap, con gli artisti di zona. Mia madre era preoccupatissima. Diceva: mi sono impegnata molto per avvicinarlo all’arte e ora dove è finito mio figlio?».
Nel 2019, da Noto si trasferisce a Roma. Si iscrive a corsi di Cinema Web e Tv all’ITS Roberto Rossellini. Intanto come autodidatta su Youtube si forma sull’uso della luce. Marzo 2020. Arriva il lockdown. Roberto torna a Noto. Ha 19 anni, voglia di vivere e di uscire. Rivendica quei diritti che forse tutti abbiamo rivendicato a quell’età. «Rinchiusi nelle camere, c’era da deprimersi. E stavo cadendo anch’io nella depressione, come tanti ragazzi: ma io avevo la passione per i video. Ho chiesto al sindaco di Noto se c’era la possibilità di fare una ripresa della mia città deserta. Mi ha dato il permesso. Sono schizzato fuori e solo a quel punto sono rimasto folgorato dalla bellezza. Ho capito che avevo un privilegio e dovevo condividerlo con gli altri». Così, nel 2020, gira per il Comune di Noto uno spot. Inizia a lavorare per l’amministrazione pubblica. Si occupa delle pagine social. Scopre i reels, i video brevi che Instagram ha appena lanciato in Italia. E nota un sacco di interesse.
Il suo profilo è passato da 3mila follower di novembre 2021 a 50mila a gennaio 2022
Poi nel settembre 2021, torna a Roma, ha molto tempo libero. È un iperattivo. Tutti i suoi amici studiano. Quello stato d’animo negativo che ha provato durante il lockdown ricomincia a farsi sentire. E lui scopre l’arte come terapia. Inizia a camminare per ore. Per giorni interi. Perde 10 chili. «Giravo, camminavo, entravo in chiese, palazzi, musei. Facevo video. Poi una sera ho pubblicato un collage di posti di Roma. 20 secondi con la musica. 90mila like. Ho intuito che forse potevo creare qualcosa sul mio profilo Instagram. Sono entrato in una chiesa. C’era una luce bella. Ho girato un video. Con un piano sequenza, ossia una ripresa unica, e con un leggero avvicinamento a un dettaglio. Risultato 103mila like». Il suo profilo passa da 3mila follower a novembre 2021 a 50mila a gennaio 2022.
Roberto inizia a programmarsi le giornate in base alle chiese e alle sue riprese. Tenta di capire, studia, fa ricerche e poi gira decine e decine di video. «La terapia funzionava. L’umore si ricostruiva». Un giorno decide di scrivere un messaggio su Instagram al Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo. Lo chiamano e per un mese collabora e cura i loro canali social. Poi scrive ai Musei Vaticani e dice: “Sono un influencer, posso far conoscere al mondo le nostre bellezze”. Il capo ufficio stampa gli risponde: “Vieni, mi fai vedere i numeri e ne parliamo”. Controlla gli insights, capisce che quelli che vede sono numeri veri. Gli concede una visita a porte chiuse alle 6 del mattino dove può riprendere qualsiasi cosa.
«Mi sono sentito nuovamente in quel parco giochi dove passavo le ore da bambino. Ho girato reel immersivi. Ho ripreso la Galleria delle Carte Geografiche senza nessuno. Percorrerla è stato come viaggiare. Ho capito di avere un privilegio, di vedere quello che gli altri non vedevano. Il mio privilegio doveva diventare il privilegio di tutti. E i video hanno registrato 10 milioni di like».
Chiese barocche e rinascimentali sono la sua passione. Predilige luoghi meno conosciuti ai più. Usa sempre la stessa tecnica, sequenza unica, e registra la stessa chiesa in momenti diversi. «La luce è tutto. E le ombre ti fanno innamorare, perché creano contrasto. Creano profondità. Io non uso parole. Le mie parole sono la luce. Se entra male in una chiesa, la appesantisce. Se invece è bella e dolce, crea armonia». Poi aggiunge musica. «La musica fa il 40% del successo dei miei reel. Seleziono quella che mi piace. Non metto mai l’hip pop per il rispetto del monumento. Morricone mi piace moltissimo ma è troppo mainstream». Il rispetto e l’amore per l’arte lo senti parola dopo parola. «Quando vedo gli attivisti buttare torte sui monumenti sto male. Stai mancando di rispetto alla storia. Puoi lanciare un messaggio importante senza fare la figura del coglione».
«La luce è tutto. E le ombre ti fanno innamorare, perché creano contrasto. Creano profondità. Io non uso parole. Le mie parole sono la luce»
Poi si scusa per la parolaccia e aggiunge: «Vedo una gioventù sfasciata, fatta di sdraiati, di gente che non ha la forza di credere nei propri sogni. Un anno fa, io stesso stavo tornando a casa, a Noto. Non trovavo lavoro, avevo gli incubi di notte, capivo che il mondo del cinema era troppo duro per me. Poi la scintilla è scattata, ho trovato questo progetto e ci ho creduto fino alla morte». Da qualche mese, Roberto è seguito da un’agenzia. «Mia madre ci ha messo un po’ a metabolizzare che io lavorassi sui social. Quando le ho detto che avrei voluto fare un programma televisivo mi ha dato del montato».
Ma lui ci crede. «Io non sono nemmeno battezzato. I miei genitori mi hanno lasciato libero. Sono agnostico. Ma credo in qualcosa. Credo nella forza del mondo. E in quella dei sogni. Luce è la prima parola che ho detto da bambino».