Gli investimenti in startup e scaleup nel 2023 hanno superato il miliardo di euro, dimezzandosi però rispetto all’anno prima. Gianluca Galgano, EY Italia: «Necessario un cambio di passo, anche culturale. L’innovazione deve diventare un concetto fondamentale per ogni azienda»
Secondo gli ultimi dati presentati dall’EY VC Barometer in occasione dell’EY Venture Capital talk, gli investimenti in startup e scaleup da parte dei venture capital in Italia nel 2023 hanno superato, per il terzo anno consecutivo, il miliardo di euro, attestandosi a 1.048 milioni di euro. La nota dolente è che, però, si sono dimezzati rispetto al 2022, segnando un -49,6%, con 263 deal rispetto ai 326 dell’anno precedente. Quali sono le ragioni del calo? E che cosa fare per rendere più attrattive le startup soprattutto da parte dei venture capital internazionali? Ne abbiamo parlato con Gianluca Galgano, Startup and Venture Capital Leader di EY in Italia.
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A che cosa imputa la forte decrescita di investimenti da parte dei venture capital in scaleup e startup italiane?
La decrescita può essere attribuita a vari fattori. Alcuni di questi potrebbero essere l’incertezza economica dato che stiamo vivendo, a livello mondiale, una fase di preoccupazione riguardo la stabilità del mercato, la volatilità dei tassi di interesse e le prospettive economiche future, ma anche l’aumento del costo del capitale, dato che ogni investitore razionale richiede un determinato ritorno sul proprio capitale investito, commisurando il rischio-rendimento delle attività che finanzia. Oggi, conseguentemente agli incrementi del costo del denaro per via dell’inflazione galoppante anche attività a basso grado di rischio (come i bond o i titoli di stato) restituiscono rendimenti molto alti. Necessariamente, il venture capital, che rappresenta una classe di attività rischiosa per sua natura, per essere interessante per gli investitori rispetto al passato deve restituire ritorni ancora più alti.
E poi?
Aggiungerei anche la maturità del mercato. Il mercato di startup e scaleup può attraversare cicli di crescita e di contrazione. In Italia, dopo alcuni anni di forte crescita, l’ecosistema delle startup ha subito un rallentamento (per la prima volta nell’ultimo trimestre il registro delle startup innovative ha evidenziato un segno meno tra il numero di aziende registrate), così come le potenziali aziende-tech nelle fasi più “growth”, quelle con maggiore fabbisogno di capitali, sono diminuite rispetto al biennio trascorso. E poi c’è anche il tema delle regolamentazioni, delle politiche governative e del ruolo degli investitori governativi. Tutto ciò può generare un impatto sugli investimenti.
Per esempio?
Il forte rallentamento nelle nomine del top management di CDP Venture Capital ha probabilmente causato un ulteriore elemento di incertezza sul mercato del VC italiano. E molti operatori tutt’oggi sono in attesa del nuovo piano industriale di CDP Venture Capital, che dovrebbe essere descritto pubblicamente nella prossima primavera.
Il calo si allinea con le tendenze osservate a livello globale, quale è il suo punto di vista?
In tutto il mondo il venture capital ha evidenziato una drastica riduzione nei volumi di capitali investiti in startup e scaleup. Le startup europee hanno raccolto meno di €50 miliardi nei primi nove mesi del 2023, quasi il 50% in meno rispetto allo stesso periodo del 2022. Nonostante la significativa diminuzione, il valore totale dei deal di quest’anno è in linea con i livelli pre-pandemia, segnalando, comunque, una crescita strutturale del venture capital in Europa a lungo termine, soprattutto in paesi come la Gran Bretagna, la Germania e la Francia.
Che cosa manca all’Italia per colmare il gap con altre nazioni più attrattive europee?
Nel nostro Paese è necessario un importante cambio di passo, anche culturale, nel definire l’innovazione come un concetto necessario e fondamentale per ogni operatore, entità e azienda, piuttosto che come un elemento desiderabile ma non essenziale. L’innovazione e il venture capital, parallelamente, devono diventare sempre di più dei bacini di opportunità per le grandi e medie aziende del nostro Paese, al fine di aumentare il livello di competitività rispetto ai propri peer internazionali. Una maggior coesione di tutto l’ecosistema che, quindi, comprende non soltanto investitori e imprenditori, dovrebbe favorire l’accelerazione e lo sviluppo di nuove aziende, anche attraverso una maggiore collaborazione tra grandi imprese, centri universitari e poli scientifici. Attraverso la creazione di competenze del futuro, teoriche e pratiche, si potrà sviluppare una classe imprenditoriale in grado di competere con quella degli altri Paesi europei.
Quali saranno i settori trainanti per gli investimenti dei VC in futuro?
Oggi l’AI. Non è soltanto la “buzz word” del 2023, ma una vera e propria rivoluzione che interessa tutti i settori. Le realtà tech vicine al mondo dell’industria potrebbero svilupparsi con applicazioni in una vasta gamma di attività, dalla sanità alla finanza. Le realtà che offrono soluzioni di telemedicina, diagnosi digitale e altre tecnologie sanitarie potrebbero continuare a vedere un forte interesse non solo grazie all’adozione sempre più veloce della tecnologia nel settore sanitario (che è stata dettata soprattutto dalla pandemia), ma anche con lo sviluppo dell’AI. Inoltre, con l’aumento dell’attenzione globale sul cambiamento climatico, le startup che offrono soluzioni innovative per ridurre l’impatto ambientale potrebbero vedere un aumento considerevole degli investimenti rispetto al passato.