Ex sviluppatori di capolavori come Dying Light e The Witcher 2 fondano la loro startup e danno vita a un survival game davvero emozionante
Prendete gente che i videogiochi sa svilupparli per davvero e che ha lavorato a titoli del calibro di Dying Light, Dead Island, Call of Juarez: The Cartel, Shadow Warrior, Juju, The Witcher 2, Silent Hill: Downpour, Bulletstorm, Sniper Ghost Warrior 2 e Dogfight 1942 (potremmo continuare). Convincetela a lasciare le software house di provenienza e a mettersi in proprio, fondando una startup innovativa (Creepy Jar). Ecco, 90 su 100 il risultato dei loro sforzi sarà senz’altro un videogame che, per quanto acerbo sul piano tecnico – i fondi sono quelli che sono -, merita di essere provato. È il caso di Green Hell.
Le avventure di sopravvivenza attraggono molto non solo i videogiocatori, ma anche gli sviluppatori indipendenti. Nemmeno un mese fa recensivamo sempre su queste virtuali pagine l’ottimo The Long Night, avventura che vi abbandona in mezzo al Canada imponendovi di restare in vita. Sono passate soltanto poche settimane e stiamo testando la sua variante tropicale, Green Hell, appunto.
A spasso per Green Hell
Chi tra voi, vedendo un documentario sulla vita delle tribù primitive, comodamente spaparanzato in poltrona, al fresco del proprio condizionatore e sgranocchiando pop corn, non ha mai pensato che siamo stati fortunati a nascere in questa parte del mondo, circondati come siamo da confort e comodità moderne? Perché, ammettiamolo, va bene il campeggio, ok fare il safari in auto guardando gli animali feroci, d’accordo il bird watching, ma noi, uomini europei del 2020, in un ambiente davvero selvaggio e ostile non sopravviveremmo nemmeno mezza giornata.
Non ci credete? Provate a smentirci installando Green Hell sul vostro Nintendo Switch. Il gioco dei ragazzi polacchi di Creepy Jar sembra partire proprio da questo assunto, dato che vi butta in una giungla e vi chiederà di arrangiarvi per non morire dopo soli dieci minuti. E tra ragni velenosi, virus mortali, batteri che si annidano ovunque, serpenti grossi come autobus, coccodrilli famelici, terreni accidentati, tirare le cuoia anche solo mentre si cerca la legna per accendere un fuoco da campo – ammesso che lo sappiate fare – è davvero facilissimo.
A nostra disposizione avremo solo un orologio-bussola che monitora anche le funzioni vitali, un walkie-talkie, uno zaino tutt’altro che capiente e un taccuino in cui annoteremo pazientemente nozioni e progetti appresi. Tutto qui. Per il resto occorrerà arrangiarsi esattamente come se fossimo all’alba dei tempi, o appena atterrati su di un pianeta ostile. Bisognerà alimentarsi (l’alimentazione è suddivisa in carboidrati, proteine e grassi e una dieta sbagliata altera i valori vitali), ma anche costruirsi un riparo per la notte e armi per difendersi dai tanti predatori che ci circondano. Nel cuore dell’Amazzonia saremo infatti all’ultimo anello della catena alimentare, o quasi.
Una natura matrigna
L’aspetto più divertente e inquietante di Green Hell è che potremo morire senza aver capito cosa ci ha ucciso. Vermi, sanguisughe e parassiti di ogni tipo proveranno infatti a infilarsi sotto la pelle, sotto le unghie e nei capelli e starà a noi, con l’opzione diagnosi, setacciare ogni centimetro del nostro corpo alla ricerca di ospiti indesiderati e potenzialmente mortali. Bisogna però avere gli strumenti adatti per rimuoverli e curare le ferite, come qualcosa di appuntito per aprire la carne purulenta, qualcosa di simile a un cucchiaio per rimuovere i parassiti e qualcosa per disinfettare il tutto, o moriremo comunque di infezione. Per questo in Green Hell, nonostante ogni passo sia potenzialmente l’ultimo, non si può mai restare troppo nello stesso luogo ma occorre girare di continuo alla ricerca di oggetti, che possono essere rinvenuti casualmente in campi base abbandonati oppure costruiti sul momento, disponendo delle materie prime necessarie.
Il dottor Livingstone, suppongo…
Come se tutto questo non bastasse, il nostro alter ego, un antropologo alle prese con il suo viaggio più difficile, dopo un po’ inizierà a dare di matto e a essere tormentato dalle allucinazioni. Un aspetto che non ci ha particolarmente convinto, dato che introduce a forza una ennesima variabile fuori dal nostro controllo ma che certo amplifica la situazione di essere completamente soli e in balia degli eventi.
Sopra la versione per console maggiori, sotto quella per Nintendo Switch
L’aspetto che delude maggiormente di questa conversione di Green Hell su Nintendo Switch è senza dubbio il comparto tecnico. Se già le versioni per PlayStation 4, Xbox One e Microsoft Windows ogni tanto lasciavano intravedere la natura budget del prodotto, sull’ibrida Nintendo il downgrade grafico è notevole, tanto da riportare il titolo ai livelli di una generazione di giochi fa. Quindi scalettature a perdita d’occhio, texture scialbe e slavate, mole poligonale irrisoria, pop up ed effetto fogging. Non mancano nemmeno i bug: in diverse occasioni, prendendo a pugni degli indigeni (cattivi, eh) sono schizzati misteriosamente in orbita come i poveri romani nei fumetti di Asterix, salvo riapparire alle nostre spalle facendoci fuori in un attimo…
Non giocatelo nemmeno in modalità portatile: non vedreste nulla. Anche perché già sul televisore si fatica a capire quali sono gli oggetti con cui si può interagire e quali invece appartengono allo scenario. Grafica e bug a parte, Green Hell è comunque un gran esponente dei survival games. Che scegliate la modalità Sopravvivenza o la Storia (in questo caso vi metterete sulle tracce della vostra ragazza, Mia, scomparsa mentre studiava la tribù degli Yabahuaca), il titolo dei ragazzi di Creepy Jar, prodotto da Forever Entertainment saprà intrattenervi e divertirvi a lungo. Ma, soprattutto, sarà in grado di inquietarvi e nausearvi parecchio, perché quando di colpo vi ritroverete un braccio coperto da pustole gialle andrete nel panico, dovendo trovare una cura prima che la misteriosa malattia si propaghi a tutto il resto del vostro corpo…