Basta un dato: il 99% dei formaggi “italiani” in Usa è tarocco. Così per combattere un italian sounding che drena ben 60 miliardi al made in Italy, scatta un’offensiva in Usa e Canada. Che punterà su scaffali, informazione e… “evocazione”
Il made in Italy va alla guerra per contrastare la diffusione dell’Italian sounding (letteralmente, “quello che suona italiano”) nei principali mercati di Canada e Stati Uniti. E lo fa con una campagna di promozione del cibo 100% made in Italy promossa da Camera dei Deputati, ministero dello Sviluppo economico e Assocamerestero. Il progetto, a cui collabora l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche (Aicig) rientra nel Piano straordinario sul made in Italy che per la promozione dell’agroalimentare in America prevede 50 milioni di euro, 40 da utilizzare negli States e 10 in Canada.
Stati Uniti, Canada, Messico
La promozione sarà, si promette, battente: nel primo anno le iniziative si concentreranno su Stati Uniti, Canada e Messico e coinvolgeranno le Camere di commercio di Montreal, Toronto, Vancouver, Chicago, Houston, Los Angeles, Miami, New York e Città del Messico. Le massicce attività di promozione sono rivolte a importatori, distributori, responsabili acquisti di catene alberghiere e specialty stores, chef, food blogger, gionalisti di settore, nutrizionisti, testimonial e opinion leader legati al mondo del food e del wellness.
Una “domanda di Italia” da intercettare
«La prima azione da fare è con la Gdo. Il contrasto all’italian sounding, attualmente pari a un valore di 60 miliardi di euro, il doppio dlel’export agroalimentare, si fa sugli scaffali portando prodotti originali», ha detto il viceministro Carlo Calenda. Una delle azioni prevede che per promuovere i prodotti italiani ci sia un rapporto tra incentivi e valore degli acquisti di 1 a 10, 12 volte e l’ingresso di marchi nuovi sul mercato Usa per favorire anche le imprese medio piccole. Dunque il prodotto che già vende farà da traino ai prodotti che devono entrare. Del resto il giro d’affari dei prodotti Italian sounding dice che nel mondo esiste una significativa domanda di Italia ancora tutta da intercettare. Determinanti a questo proposito saranno operatori del trade, opinion leader, giornalisti di settore, capaci di comprendere il valore delle produzioni autentiche italiane e di testimoniarlo a fasce sempre ampie di consumatori. Per questo il progetto si avvale della rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, che coinvolge e aggrega le community che consumano e vendono prodotti italiani. C’è poi l‘informazione del consumatore che assieme alle attività di formazione degli operatori del settore può contribuire alla diffusione di produzioni Dop e Igp.
Usa, il 99% dei formaggi “italiani” è tarocco
Per capire di cosa parliamo, basta un dato: negli Stati Uniti il 99% dei formaggi di tipo italiano sono tarocchi, nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note d’Italia, dalla mozzarella alla ricotta, dal provolone all’Asiago, dal Pecorino romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola. A spiegarlo è Coldiretti. La produzione di imitazioni dei formaggi italiani nel 2014 ha raggiunto negli Usa il quantitativo record di quasi 2228 milioni di kg con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, tanto da aver superato addirittura la produzione di formaggi americani come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack che è risultata nello stesso anno pari a 2040 milioni di chili. Tra i formaggi italiani Made in Usa più gettonati ci sono la mozzarella (79%), il Provolone (7%) e il Parmesan (6%), con quasi 2/3 della produzione realizzata in California e Wisconsin, mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. Uno scippo che riguarda anche denominazioni tutelate dall’Unione Europea con la produzione di Parmesan statunitense che ha raggiunto i 144 milioni di kg, circa la metà di quello originale realizzata in Italia. Peraltro le esportazioni di formaggi italiani originali si sono invece fermate nel 2014 a circa 28 milioni di kg, in calo del 6% rispetto all’anno precedente, anche a causa della concorrenza sleale delle imitazioni.
Italian sounding, divieto di evocazione
Ma c’è di più, in eventuali strategie. Per combattere la piaga del falso made in Italy alimentare, all’estero, si dovrebbe introdurre il divieto di evocazione, come propone il viceministro Calenda: «Con il divieto di evocazione si potrebbe impedire di apporre segni, scritte e qualsiasi richiamo che possa evocare il made in Italy sulle confezioni di cibo, perché oggi c’è totale libertà». E infatti confezioni di pasta, formaggi, passate di pomodoro e conserve sott’olio e sottaceti, sono il cibo più imitato in Nord e Centro America. Il vice ministro ha spiegato che sarebbe auspicabile soprattutto in tutti quei casi in cui c’è coesistenza di prodotti e che si tratta di un percorso «ricalcabile» dall’accordo stabilito con il Canada. Intanto, comunque, la battaglia del made in Italy è cominciata.