Dopo trentatré anni riusciremo a risolvere i due gialli di Nintendo, magari stando sotto l’ombrellone?
Sono passati trentatré anni dal lancio dei titoli originari su NES. Qualcuno di voi comprenderà, dunque, cosa c’entri quel Famicom, versione abbreviata di Family Computer, nel titolo: era infatti il nome nipponico del Nintendo a 8-bit. Il NES, appunto. I due gialli ebbero poi un remake pure su SNES, curato con dovizia dal medesimo team che si occupò di Super Metroid, ma non riuscirono mai a uscire dall’arcipelago nipponico. Almeno fino a oggi, con l’arrivo di Famicom Detective Club: The Missing Heir & Famicom Detective Club: The Girl Who Stands Behind sui nostri Switch.
Volete far parte del Famicom Detective Club?
Il primo capitolo, Famicom Detective Club: The Missing Heir, ha inizio quando il protagonista, cui potrete dargli il nome, viene rinvenuto ai piedi di una scarpata nella campagna giapponese, afflitto da amnesia. Con la speranza di riacquistare la memoria, inizia a lavorare al fianco dell’assistente investigatrice Ayumi Tachibana, dell’agenzia investigativa di Shunsuke Utsugi. Un vero battesimo del fuoco dato che dovrà occuparsi di un complesso caso di omicidio tra i ranghi di una facoltosa famiglia, in un villaggio spettrale.
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Nel secondo titolo incluso nel pacchetto, farete invece una sorta di viaggio nel tempo. Famicom Detective Club: The Girl Who Stands Behind è a tutti gli effetti un prequel, cioè è ambientato prima degli eventi di The Missing Heir. La sinossi è animata da una giovane Ayumi ancora liceale profondamente scossa dalla dipartita della sua compagna di scuola, Yoko, nonché cofondatrice del “Detective Club”. L’amica è stata rinvenuta senza vita ai margini di un torrente. Nel frattempo, mentre è alla ricerca dei suoi genitori scomparsi, il protagonista viene arruolato per indagare sulla morte di Yoko.
In entrambi i capitoli, che hanno forti connotazioni da teen drama classico, vista la giovane età dei protagonisti e delle persone loro malgrado coinvolte nei cari di nera, le storie prendono subito la piega esoterica, con una forte presenza di fantasmi, occultismo e particolari sovrannaturali. Una caratteristica sicuramente insolita per chi è abituato ai gialli occidentali, inglesi o statunitensi, ma non fatevi trarre in inganno perché, nonostante queste divagazioni su mostri, spiritelli ed ectoplasmi, la trama e le investigazioni restano più o meno sempre ancorate alla realtà e alla concretezza.
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Essendo due titoli del 1988-89, attendetevi una visual novel molto classica: si indaga, si passano al setaccio le scene del crimine, si raccolgono indizi, si utilizza il proprio taccuino e molto spesso si fa il punto della situazione tra sé e sé, utile per ribadire e rinverdire gli ultimi accadimenti, nel caso si riprendano le inchieste dopo qualche giorno di pausa ma anche per avere suggerimenti dal gioco su come proseguire.
La parte migliore di Famicom Detective Club: The Missing Heir & Famicom Detective Club: The Girl Who Stands Behind è rappresentata però dagli interrogatori, visto che i personaggi sono ottimamente caratterizzati, soprattutto se si ama il Giappone (paiono usciti dall’anime di Detective Conan) e ogni dialogo riesce a risultare sempre intrigante.
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Insomma, tutto perfetto? Non proprio. Due i principali difetti dell’opera Nintendo. Il primo riguarda il gameplay: le inchieste si basano su un farraginoso sistema trial and error che può apparire frustrante, visto che spesso il gioco non dà gli indizi adatti per procedere verso la soluzione. Ok affidarsi al proprio istinto da giovane investigatore, ma qui si esagera e nel concreto si rischia solo di procedere alla cieca, per tentativi, finché non si imbrocca l’opzione che sblocca lo stallo. Allo stesso modo, spesso si comprende già la soluzione, ma non si può procedere se non si esauriscono le varie tappe predisposte dagli sceneggiatori: un modo così guidato andava bene sul finire degli anni 80, ma adesso poteva essere rivisto, se non altro per adeguarsi alle avventure interattive più recenti.
Il secondo elemento anacronistico riguarda la mancata localizzazione in italiano. Sono ormai quasi 20 anni che Nintendo traduce i suoi titoli nella nostra bella lingua e invece ha deciso di risparmiare proprio su due giochi che sono poco di più di libri interattivi. Va bene che, come si anticipava, si può andare avanti pure per tentativi, ma chi mastica poco l’inglese rischia di non goderseli affatto, anche se possono essere un’ottima scusa per fare lezioni estive, divertendosi.
Di qualità i componimenti audio, così come la grafica e le – per quanto limitate – animazioni (come abbiamo già detto, il character design rivaleggia con Detective Conan). Recuperare questi due classici del passato proposti digitalmente, zeppi di colpi di scena fino ai titoli di coda, vi intratterrà parecchio mentre sarete spaparanzati sotto l’ombrellone.