“Il nostro è il Paese in cui investire”. Parola di Luca Marola della startup Easyjoint che con la pianta mai così al centro di polemiche ha creato un buisiness milionario
“Il futuro della canapa in Italia? È appena iniziato. Nonostante Salvini”. Parola di Luca Marola, fondatore e ceo di Easyjoint, uno dei principali player di settore nel nostro Paese. Gli affari vanno bene, tanto da aver attirato, nei mesi scorsi, l’attenzione del fondo di investimenti canadese Lgc Capital di Toronto: la compagine ha rilevato il 47% per la cifra di 4,8 milioni di euro.
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Come diventare ricchi con un’idea. Undici punti vendita momomarca, 300 negozi serviti tra Grecia, Austria e UK. Il business c’è, e si vede. Del resto, i segnali erano chiari: “Quando abbiamo cominciato nel 2017, nelle prime 48 ore di vendita online abbiamo mandato in crash Paypal Italia” ricorda l’imprenditore, raggiunto da StartupItalia.
“L’Italia primo Paese per chi vuole investire nella cannabis”
Ma il comparto non sarà minacciato dalle dichiarazioni del ministro nonché vicepremier Matteo Salvini che, lo ricordiamo, ha dichiarato una guerra senza quartiere alla commercializzazione della cannabis light? “Si tratta di dichiarazioni elettorali, forse si è fatto qualche errore di comunicazione nel settore recentemente, e questo dispiace. Ma quello che conta è la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, attesa per il 30 maggio. Siamo moderatamente ottimisti, al riguardo. E dopo potremo tornare al livello degli anni Cinquanta, quando il mercato è collassato sotto i colpi dei nuovi materiali, primo tra tutti il nylon”. Allora ci fu un crollo verticale: eppure solo dieci anni prima eravamo il secondo produttore al mondo di canapa dopo l’Unione Sovietica come ricorda Coldiretti (i dati relativi alla Cina, altro grande coltivatore, non sono disponibili).
La tendenza, però, si è invertita recentemente. “Al punto che secondo gli ultimi report di società di consulenza come Deloitte, l’Italia oggi è il primo paese europeo da tenere d’occhio per chi vuole entrare nel settore”. Un ritorno di fiamma di cui Marola si sente, in buona parte responsabile.
“Le tonnellate di infiorescenze che abbiamo acquistato con Easyjoint sono state un introito inaspettato per moltissime aziende che erano abituate a non riuscire a monetizzare una parte della pianta che sembrava impossibile da commercializzare – confida – Chi è stato furbo, da allora, ha investito in tecnologia, ricerca e sviluppo. Faremo concorrenza a paesi come Germania e Francia”.
Non solo fiori: della canapa non si butta via niente
Bioedilizia, bioplastiche, paglia, semi: della canapa non si butta via niente. I numeri cominciano a essere interessanti: nel nostro Paese si parla di un giro d’affari da 150 milioni di euro e 1500 imprese nel settore per un totale diecimila addetti. E dalla legge per la promozione della filiera di dicembre 2016 sono stati aperti 1000 shop sul territorio (dati del Consorzio per la tutela della canapa industriale).
Le piazze internazionali sembrano seguire: “Seppur con un numero ridotto di trattazioni borsistiche rispetto all’anno precedente, le società che coltivano, trattano e distribuiscono commercialmente prodotti a base di marijuana nel 2019 hanno ottenuto una rendita finanziaria pari al doppio di quanto ricavato nello stesso periodo del 2018” scrive Francesco Tortora sul magazine specializzato Mondidicanapa. Chissà che a qualcun altro, come a Marola, riesca il colpaccio.