“La nuova viabilità, il trasporto ferroviario e marittimo innovativo, la mobilità sostenibile sono i settori che più trarrebbero vantaggio dall’idrogeno verde”, dichiara Aricò. Viaggio nell’innovazione che guarda al futuro verde
Idrogeno verde: quali possibilità potrebbe offrire alla Sicilia? Ci sono ostacoli che ne frenano lo sviluppo? Quali le possibili traiettorie di innovazione sul territorio siciliano? Lo abbiamo chiesto ad Antonino Aricò, direttore dell’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia di Messina. Abbiamo intercettato il direttore per delineare una panoramica di quella che potrebbe essere una Sicilia a idrogeno verde.
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Direttore, che cosa si intende per “idrogeno grigio” e “idrogeno verde”?
A differenza dell’idrogeno verde, l’idrogeno grigio è utilizzato nei poli petrolchimici a livello globale, e anche in quelli siciliani, per produrre ammoniaca e metanolo e sviluppare le materie plastiche. In seguito alla necessità di rendere i processi chimici maggiormente sostenibili, l’interesse si è rivolto all’idrogeno verde ottenuto da fonti rinnovabili. La Regione Sicilia, qualche anno fa, aveva presentato al Governo una manifestazione di interesse per sviluppare un centro di elevata qualificazione dell’idrogeno. Un percorso che aveva visto la partecipazione di circa 90 aziende regionali, tra cui anche stakeholders nazionali, e che prevedeva la possibilità di usare l’idrogeno verde in alternativa a quello grigio soprattutto nell’industria chimica regionale. L’idrogeno ha grande rilevanza per i processi e le industrie che usano combustibili fossili come il gas naturale, che difficilmente possono passare all’elettrificazione. Trova, dunque, ampia applicazione nel settore industriale. Applicazione che consentirebbe di fare un salto di qualità per raggiungere la sostenibilità; non dipendere dall’estero e arrivare all’indipendenza energetica riducendo l’impatto che hanno i combustibili fossili sui cambiamenti climatici e sul riscaldamento globale, diminuendo la CO2 presente in atmosfera. In particolar modo, l’idrogeno verde può essere impiegato a livello globale ma anche locale, come all’interno dei poli petrolchimici e nella mobilità. La stessa Commissione europea, nel 2020, ha comunicato la propria strategia sull’idrogeno presentando l’idrogeno verde come soluzione importante per consentire la transizione verso il climate neutral Europe.
Come si è evoluto, in questo senso, l’ecosistema siciliano?
L’ecosistema che si sta configurando in Sicilia è ben allineato con gli obiettivi nazionali del PNRR e quelli europei ma, allo stesso tempo, la Sicilia non rientra tra le idrogen valleys. Nella Regione Siciliana, l’idrogeno potrebbe giocare un ruolo davvero importante. In particolar modo, se applicato nei poli petrolchimici di Augusta, Priolo, Melilli, Gela e Milazzo. Questi hanno bisogno di una grande trasformazione per non perdere possibilità di lavoro che interessano tutto l’indotto.
“I poli petrolchimici di Augusta, Priolo, Melilli, Gela e Milazzo hanno bisogno di una trasformazione per non perdere possibilità di lavoro”
Quali sono gli enti che, secondo lei, dovrebbero intervenire a favore dello sviluppo dell’idrogeno verde?
Senza dubbio, le istituzioni. In particolare quelle regionali. Si tenga presente che l’Italia è la seconda potenza manifatturiera europea dopo la Germania. Dobbiamo sfruttare e indirizzare questa caratteristica verso la transizione ecologica. In secondo luogo, le grandi aziende devono assistere le PMI, come sta facendo Enel. In questo settore, inoltre, Università e centri di ricerca dovrebbero impegnarsi di più per affiancare le aziende nel percorso di sostenibilità. E’ uno degli approcci più importanti.
A livello pratico, che cosa fa l’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia di Messina?
Per il polo petrolchimico di Milazzo collaboriamo con Confindustria al fine di mettere in campo, insieme, un percorso di trasformazione. Le nostre competenze riguardano la ricerca e la trasformazione. Coltiviamo un’ottima collaborazione con diverse Università, tra cui quelle di Messina, Palermo e Catania. Con Messina, in particolar modo, abbiamo avviato diverse collaborazioni e progetti; con Palermo vantiamo una nostra sede secondaria ubicata al suo interno; con Catania abbiamo in essere una collaborazione accademica e poi c’è Enel, che sperimenterà tecnologie nuove per sviluppare nuovi processi di produzione dell’idrogeno verde.
Come potrebbe cambiare la Sicilia se la sua fonte energetica primaria fosse l’idrogeno verde?
Tra gli ambiti di applicazione dell’idrogeno verde più interessanti per questa regione mi viene subito in mentre la viabilità. Le ferrovie, in particolar modo, in Sicilia presentano un’elevata percentuale di tratte non elettrificate; intorno al 35%. Questo comporta un costo per la morfologia del territorio. A Brescia sono stati avviati dei progetti con Trenord per la circolazione di treni a idrogeno nel territorio bresciano. La Sicilia, inoltre, è anche una zona ricca di rinnovabili, come l’eolico. Ci sono anche le piccole isole che non usano un sistema di stoccaggio e accumulo dell’energia per consentire di immagazzinare quella prodotta dalle isole industriali. Invece, si deve puntare a sfruttare di più l’energia immagazzinata durante l’anno nel periodo estivo, quando c’è maggiore richiesta, soprattutto nelle isole Eolie dove le persone sono molte di più rispetto all’inverno. L’idrogeno consente di evitare il mismatching temporale per l’uso dell’energia. Un ulteriore ambito di applicazione interessante in Sicilia è quello della mobilità sostenibile: penso a veicoli pesanti come camion, navi, quelli usati per il trasporto marittimo, comprese le navi da crociera, nel caso di porti turistici, e le imbarcazioni di piccola taglia. La combustione dell’idrogeno è pulita e produce acqua; pertanto contribuisce a evitare l’inquinamento locale, ridurre quello locale legato ai trasporti pesanti e il trasporto merci.
“La viabilità, il trasporto ferroviario e marittimo, la mobilità sostenibile sono i settori che più trarrebbero vantaggio dall’idrogeno verde”
Che cosa ostacola l’impiego dell’idrogeno verde in Sicilia?
Ci sono problemi di costi e infrastrutture; abbiamo bisogno di stazioni di rifornimento per l’idrogeno e di una filiera manifatturiera a livello nazionale e regionale. Non dobbiamo ricadere nell’errore del fotovoltaico per cui, oggi, la maggior parte della produzione avviene in Cina. L’Italia e l’Unione Europea vantano una leadership nel campo della produzione dell’idrogeno, ma le aziende devono cominciare a riconfigurarsi per sviluppare le tecnologie. All’interno dell’Unione c’è grande richiesta di idrogeno ma, allo stesso tempo, i fornitori non sono in grado di poter ottemperare a queste richieste. E’ necessaria, pertanto, una crescita esponenziale, così come c’è bisogno di sostenere le PMI in una fase di transizione verso questo sviluppo.