Il mining non è abbastanza green, dice Musk. Ma non è l’unica questione aperta
Partendo dal banale presupposto che qualsiasi attività umana genera emissioni, in queste ore il dibattito sulla sostenibilità sta interessando il mondo criptovalute. Nello specifico, bitcoin, la più importante di tutte. Elon Musk, Ceo di Tesla e grande fan dell’ecosistema crypto, ha annunciato che la sua azienda rifiuterà i pagamenti in bitcoin per l’acquisto di auto elettriche – questa opzione era stata resa possibile in marzo – almeno fino a quando il processo di mining (che sta alla base di questa economia digitale) non diventerà più ecologico. Stando a Market Watch, minare bitcoin comporta a livello globale un consumo di elettricità maggiore a quello di paesi come Argentina, Emirati Arabi o Olanda. Ad oggi diversi miner e aziende risiedono là dove l’energia costa di meno (vedi Cina, ma anche in Texas) e non sempre è ricavata da fonti rinnovabili. Ma non è questo l’unico settore tech che da tempo genera più di un dubbio riguardo alla sostenibilità ambientale e alla tutela dei territori e dei lavoratori coinvolti in filiere lunghissime.
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Auto elettriche: Toyota frena
Da anni, ormai, le case automobilistiche hanno spalancato le porte dei propri stabilimenti alla mobilità elettrica. Non c’è marchio che non abbia lanciato almeno un concept di una quattro ruote 100% green. Ad oggi, come noto, uno dei freni all’acquisto di questi mezzi è senz’altro la voce del prezzo, ma le cose potrebbero cambiare entro la fine del decennio. Stando infatti a una ricerca di BloombergNEF, citata dal Post, nel 2027 produrre una ecar sarà meno costoso che produrre un’auto diesel. Con uno scenario simile è senz’altro ipotizzabile l’aumento di questi mezzi in circolazione. Eppure non tutti hanno abbracciato il trend.
BREAKING: Electric cars will be cheaper than petrol cars in ALL segments by 2027, finds @BloombergNEF study for T&E
2025: Light vans
2026: Sedans
2026: SUVs
2026: Heavy vans
2027: Small cars
👉 https://t.co/BanH84gp0PTime to #NameTheDate for ending new fossil-fuel car sales! pic.twitter.com/wUHXBCrBWP
— Transport & Environment (@transenv) May 10, 2021
Ha fatto scalpore a fine 2020 la dura presa di posizione di Akio Toyoda, numero uno della casa automobilistica giapponese Toyota, contro le auto elettriche. «Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica», sono state le sue parole riprese da Quattro Ruote. Il rischio di una conversione troppo veloce all’elettrico andrebbe anche a impattare su un’altra voce cruciale della sostenibilità in senso lato: molte persone potrebbero perdere il proprio posto di lavoro in questa transizione. Il dibattito si è accesso anche all’interno della stessa Toyota, dove un gruppo di azionisti ha recentemente criticato le posizioni dell’amministratore delegato, che starebbe ostacolando un passaggio chiave facendo perdere competitività alla multinazionale.
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Il nodo da risolvere per far sì che le auto elettriche possano impattare di meno sull’ambiente sta inevitabilmente in una transizione ecologica complessiva, che riguardi le smart city. L’elettricità utilizzata per ricaricare i veicoli dovrebbe provenire da fonti rinnovabili e non dalle tradizionali fossili (e su questo, ad esempio, l’Italia è ancora indietro). In più c’è la questione batterie, per le quali in prima fila c’è lo stesso Elon Musk che sta studiando le soluzioni più efficienti e sostenibili nelle sue Gigafactory in giro per il mondo.
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Smartphone: spazzatura tech
Se però sui bitcoin non si può certo parlare di una voce consistente nel bilancio della CO2 emessa a livello globale. Se sulle auto elettriche le legittime critiche vanno comunque controbilanciate con i potenziali e sperabili benefici per l’ambiente di questa tecnologia, ebbene, d’altra parte molto si dovrebbe dire circa la spazzatura e l’inquinamento generato dagli smartphone. Ormai abituati a cambiarli nel giro di pochi anni (anche per colpa di aggiornamenti che ne rallentano le performance), i consumatori non fanno caso alle tonnellate (53 milioni nel mondo per l’esattezza, secondo l’ONU) di spazzatura tech presenti. Sotto questa montagna sono tanti i cellulari che non vengono smaltiti correttamente (anche per una comunicazione non proprio chiara da parte delle case madri).
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Se si deve parlare di sostenibilità nel mondo tecnologico, l’argomento più scomodo per le Big Tech riguarda però la gestione delle terre rare. Stiamo parlando di preziose risorse come il coltan, necessarie alla miniaturizzaizone delle componenti interne degli smartphone. La maggior parte si trova in Africa, dove nelle miniere anche i bambini vengono costretti a lavorare. Nel dibattito sulla reale sostenibilità della tecnologia la soluzione a questa colossale ingiustizia (di cui tutti noi siamo complici) dovrebbe stare in cima all’agenda di governi e multinazionali.