L’ha creato Nicolas Lozito, 25 anni: per finanziarlo, ha aperto una raccolto fondi su Eppela
«L’obiettivo di Wifive è quello di trasformare un momento di nervosismo in un’occasione gratificante». Nicolas Lozito ha 25 anni e si è appena diplomato alla Scuola Holden. È uno di quei ragazzi che, mentre sta portando avanti un progetto, ne sta pensando ed elaborando altri dieci. Uno di quelli che si rimbocca le maniche, per davvero. E Wifive, attualmente in crowdfunding su Eppela, ne è l’esempio più chiaro. Parliamo semplicemente di un gioco. Ma intelligente e curato in ogni suo particolare. Un mazzo di carte che entra in campo quando il wifi non funziona o quando ci si vuole disintossicare dalla rete e dalla iper-connetività. Grazie a Wifive, infatti, è possibile selezionare oltre 50 attività, divise per categorie e colori, che si possono fare in compagnia, evitando di stare davanti a uno schermo luminoso.
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Perché hai scelto di chiamarlo Wifive?
Il nome è una combinazione tra wifi e five. Ma è anche un gioco di parole che richiama l’high five, darsi il cinque con il braccio alto: un bel modo, un po’ americano, per connettersi con le persone.
Raccontami di te.
Negli ultimi anni mi sono laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche, ho lavorato a Londra, poi sono tornato in Italia, ho aperto la partita Iva e fatto la Scuola Holden di Torino. Un mix confuso di cose diverse: sono sempre stato indeciso su cosa fare e a quale delle passioni concedere le mie attenzioni. Al momento vorrei puntare su due, ben distinte ma collegate: la scrittura da una parte e l’information design dall’altra, ovvero le mappe, le infografiche e in generale la forma che si mette in relazione con il contenuto.
Com’è nato il progetto Wifive?
Wifive è nato a dicembre. Sono tornato a casa dai miei per le vacanze. Stanno in un comune del Friuli Venezia Giulia dove ancora oggi non c’è l’Adsl. Io e mio fratello, lui vive ancora là, abbiamo una tradizione per cui ancora oggi chiediamo i regali a Babbo Natale, così tutti sanno i nostri desideri e non sbagliano i regali. Quest’anno lui ha chiesto solo il wifi. Da lì si è accesa la scintilla: la mancanza di wifi è diventata una questione di sopravvivenza. Io stesso passo le giornate connesse e non saprei come fare altrimenti. Il mazzo di carte è nato così, un superfissato con il pc e la connessione che pensa a delle attività da fare offline, non solo quando il wifi non funziona ma anche quando decidiamo di sabotarlo. Non ci sono cose troppo da zen da fare, sono 50 attività per distrarsi e fare qualcosa di nuovo.
Come funziona?
È semplice. Bisogna prendere il mazzo e poi sfogliarlo o scegliere a caso una carta. Le carte sono divise in gruppi di attività: antistress, relazionali, creative, uniche, rituali. La maggior parte sono pensate per essere svolte in poco tempo, da soli o in gruppo. Altre hanno bisogno di un numero specifico di persone o di più tempo. C’è una carta che suggerisce di chiamare un amico o un parente che non sentiamo da tanto. Una carta intitolata “la bat caverna” che suggerisce di costruire un fortino con i cuscini, come facevamo da bambini. Una carta antistress suggerisce di rendere più verde l’ambiente di lavoro, aggiungendo piante o creando piccoli ecosistemi. Una chiede di svegliarsi la mattina 15 minuti prima del solito e in quel tempo fare ogni giorno una cosa diversa. Un’altra ti chiede: qual è l’oggetto più antico presente nella tua casa o nella stanza in cui ti trovi e perché non organizzi un mini-museo?
Perché hai deciso di lanciare il crowdfunding?
All’inizio non volevo lanciare una raccolta fondi per Wifive. Poi è arrivato un giorno di inizio maggio in cui mi sono detto: devi farlo. Iniziavo a parlare del mazzo di carte ai miei amici e conoscenti e tutti mi dicevano “lo vogliamo subito”. Così ho spinto sull’acceleratore, ho mandato in stampa i prototipi e capito che se avessi voluto fare sul serio mi sarei dovuto mostrare in pubblico al più presto. Il crowdfunding non è solo un modo per dare la possibilità di preordinare il gioco e per finanziarne la produzione, ma anche per lanciare una sfida all’idea fin da subito: capire se vale per gli altri quanto vale per me, se è pronta o se ha bisogno ancora. Ho scelto una piattaforma italiana, Eppela, che usa il metodo del “tutto o niente”: se non vengono raccolti tutti i soldi che la campagna si prefigge di raccogliere, le donazioni vengono restituite. Al momento sono quasi al 50%, e mancano più di due settimane per arrivare alla soglia minima di 5mila euro.
Il sogno è superarla e avere così la possibilità di migliorare ancora il progetto e, tra le tante cose, tradurlo in inglese.
Che riscontri hai avuto dalle persone?
Una settimana fa ho presentato Wifive alla Scuola Holden di Torino. A fine della presentazione ho regalato a tutti una carta estratta a caso dal mazzo. Una delle reazioni tipiche era “questa carta è perfetta per me!”. È la bellezza della casualità: troviamo sempre il modo di renderla una coincidenza. Se non ci piace cucinare ma è da un po’ che vorremo imparare, trovare una carta legata al cibo è destino. O se nel tempo libero facciamo o vorremmo fare gli attori, trovare una carta che ci dice di trasformare i nostri gesti tipici in mosse da musical, ecco che crediamo sia un segno. Chi le prova velocemente, poi, si diverte. Chi si mette ancora più in gioco, e ci passa qualche minuto, scopre o riscopre qualcosa: dalle canzoni nascoste nelle playlist del computer agli album di fotografie di quando era piccolo. Si riconnette a qualcosa di diverso da internet.
È possibile davvero stare senza wi-fi?
Per quanto mi riguarda: assolutamente no. E credo sia un po’ una guerra persa quella di chi prova a isolarsi e scollegarsi. Credo che la giusta dimensione sia rimanere connessi per tutto il tempo necessario, anche 24 ore al giorno quando è indispensabile. Lavorare, comunicare e sperare che non ci siano problemi di linea. Poi però nel weekend o quando si va in vacanza bisogna sapere che esiste un mondo anche stando disconessi. E goderselo. Perché se invece vi ritrovate a dire “do solo una rapida occhiata alle mail del lavoro” non è un bel segno.