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La scuola come luogo di istruzione, ma anche di formazione personale e sociale: sSempre più istituti introducono percorsi e attività complementari per rispondere alle mutate esigenze degli studenti. In questo contesto si inserisce anche l’esigenza di promuovere un’effettiva inclusione di ragazze e ragazzi, da cui nasce il “Diversity Prof”, una figura che vuole stare accanto ai giovani nei loro percorsi di crescita e formazione, rendendo le scuole dei luoghi dove realmente si valorizzano le diversità. Come fare?

Startupitalia lo ha chiesto a Sandro Marenco che, oltre ad essere docente di inglese all’istituto tecnico industriale e liceo scientifico “Alessandro Volta” di Alessandria, è il più noto Diversity Prof d’Italia, molto attivo anche sui social.

Rivedere il nostro vocabolario

Marenco sa come farsi ascoltare da studenti e studentesse, creando l’empatia necessaria ad aprire i giusti canali di dialogo reciproco. «La mia è una figura che porta avanti una cultura del rispetto della diversità, che parte dal presupposto che siamo noi adulti che dobbiamo adeguarci alle nuove generazioni, a partire dal linguaggio», spiega Marenco, secondo cui gli insegnanti, ma anche i genitori, hanno il dovere di affrontare quella parte della cultura, anche linguistica, che non è più adeguata al presente. «Ci sono parole, che abbiamo usato per una vita, che oggi possono essere discriminanti: ecco perché c’è bisogno di rivedere il nostro vocabolario. Un cambiamento che ci dovrebbe interessare a livello personale, ma che a scuola deve a maggior ragione essere portato avanti come strumento professionale ».

Educare con le parole giuste 

Per Marenco la parola diversità «fa ancora un po’ paura tra le vecchie generazioni, ma saper utilizzare degli strumenti linguistici adeguati deve essere parte del bagaglio di un insegnante». 

I docenti non devono influenzare le ragazze e i ragazzi, ma devono far nascere in loro la capacità di riflettere. «Saper commentare con la parola giusta non significa esprimere un giudizio, ma significa educare a utilizzare i termini più appropriati in base alle tematiche trattate». Per questo è importante conoscere le generazioni che si hanno davanti e creare con loro un rapporto di fiducia. «Se fossi un genitore preferirei affidare l’educazione dei miei figli a insegnanti preparati, al passo con i cambiamenti della società: è una questione di professionalità. Bisogna rendersi sempre di più conto del peso delle parole».

Il peso delle parole 

Cosa significa essere inclusivi a scuola? «Ognuno deve essere valorizzato in base alle proprie capacità, ai propri limiti, alle proprie caratteristiche – spiega il nostro Diversity Prof -.  Questo per far sì che le alunne e gli alunni vengano visti alla stesso modo, e che non ci siano persone considerate diverse. Spesso si ripete la frase ‘non si può più dire niente’,  ma non è così: non si possono più dire quelle parole che abbiamo capito essere discriminanti». 

Una questione molto pratica, non teorica, visto che con le parole possiamo offendere, anche involontariamente, mettendo in difficoltà le persone. «Soprattutto a scuola far sentire le ragazze i ragazzi a loro agio è un obbligo: questo significa essere inclusivi. Consideriamolo un dovere, come quello di rendere comprensibili a tutti le materie scolastiche».

Confronto e condivisione

Il Diversity Prof è una figura ancora sperimentale, ma Marenco si augura di poterla implementare e diffondere, anche attraverso lo scambio con altri docenti: «Deve essere un riferimento per tutti, per gli studenti in via principale, ma anche per i genitori e per gli altri insegnati. Ogni anno vorrei organizzare seminari e incontri, in cui affrontare singole tematiche, all’interno di macro aree da approfondire di volta in volta. Sono contento che la risposta dei colleghi sia stata molto positiva, c’è voglia di mettersi in discussione anche su terreni nuovi». 

La disponibilità al confronto e alla condivisione è alla base di questo tipo di approccio: «Sono sempre aperto sia con gli studenti che con altri insegnanti. Lo stesso faccio con i miei social, una community piccola, ma compatta e rispettosa, dove si condivide bellezza e inclusione».