L’industria tende a dividere i giocattoli per genere e assegnare colori ben definiti, alimentando stereotipi e limitando l’apprendimento. Ma per un bambino avere un cesto dei giochi il più vario possibile è fondamentale per acquisire competenze diversificate
I giocattoli sono la parte più importante del processo di formazione e apprendimento di un bambino. Gli psicologi dello sviluppo si occupano da sempre dei giocattoli perché i giocattoli contano. Ogni gioco insegna qualcosa: dalla bambola che educa alla cura di un altro essere alle costruzioni che insegnano i concetti dello spazio, delle forme e della matematica. Tutti i giochi sono importanti, ma sono pochi i bambini che nella loro cameretta hanno tutti i giochi. I genitori non lo fanno apposta: eppure le bambine finiscono per avere decine di bambole e i bambini cesti pieni di macchinine. In questo problema, da una parte c’è l’industria dei giocattoli che spacca in due le corsie dei negozi: giochi “rosa” divisi da quelli “celesti”. Guai a mischiare i due mondi. In fin dei conti, chi regalerebbe a un bambino un gioco con su scritto “for girls”? Dall’altra parte ci sono i genitori che tendono ad “accontentare” i gusti dei piccoli, anche se questo significherà acquistare sempre e solo bambole per lo più identiche, oppure milioni di mini-betoniere o blocchi di costruzioni.
Abilità per tutti
Se consideriamo i giocattoli sotto l’aspetto educativo, però, sorge un problema. Le bambine che giocano con bambole e biberon impareranno a curare e nutrire, mentre i bambini che hanno le costruzioni svilupperanno pensiero logico e abilità matematiche. Tutti questi insegnamenti, però, sono necessari a entrambi i sessi. Un recente studio ha analizzato il comportamento dei bambini all’asilo, dai 9 mesi ai 3 anni. I ricercatori volevano capire a quale età i bambini cominciano a scegliere giocattoli connotati dal genere, e se la tendenza andava aumentando con l’età dei bambini e con la loro consapevolezza sul proprio sesso. I ricercatori hanno scoperto che già a 9 mesi, le bambine sceglievano bambole e padelle, mentre i bambini camioncini e palle. Anche se questa ricerca sembrerebbe affermare che ci sono delle “preferenze innate”, in realtà è molto difficile capire dove finisce la predisposizione naturale e dove comincia l’influsso di fattori quali la socializzazione, il contesto esterno, gli esempi di altri bambini più grandi. Se ci pensiamo bene, infatti, una bambina di 9 mesi è già stata “sottoposta” a un contesto sociale orientato alla differenziazione del genere, a cominciare dal fiocco rosa appeso alla culla dell’ospedale o dai suoi vestitini. Un bimbo di 9 mesi osserva i comportamenti degli altri bambini nella nursery ed è portato a riprodurli. In definitiva, anche se ci possono essere dei gusti naturali che caratterizzano ognuno di noi, è il contesto sociale che fa la parte del leone nel dare una connotazione ai giocattoli “maschili” e “femminili”.
Un mondo diviso tra due colori
Ovviamente c’è un elemento che influenza le scelte dei bambini più di tutto: il colore. Le bambine prendono tutto ciò che è rosa e i maschi tutto ciò che è blu. I ricercatori hanno notato che da questo punto di vista le bambine sono tuttavia più “flessibili” rispetto ai compagni: mentre le piccole erano predisposte a giocare con un camioncino rosa, come se il colore desse loro il “permesso” di giocare con articoli altrimenti riservati all’altra metà del cielo, quando erano i bambini a poter scegliere di prendere una bambola blu, non lo facevano. Lo studio ha rivelato, inoltre, che l’orientamento verso giocattoli “gendered” aumenta con l’età nei maschi e diminuisce nelle femmine. Il che significa che se vi potrà capitare di vedere una bimba giocare con trenini e pistole, sarà sempre più difficile che un bambino prenda in considerazione una barbie. La soluzione non è costruire giochi gialli, ma assicurarsi che tutti i bambini abbiamo accesso a tutti i giochi.
Specchi e martelli
Alcune aziende di giocattoli hanno affrontato il problema: nel 2015 Target ha smesso di etichettare i giocattoli a seconda del genere. Nel Regno Unito c’è la campagna “Let toys be toys” che chiede ai rivenditori di levare le categorizzazioni. Eppure se vi recate in qualsiasi negozio di giocattoli vi accorgete non solo che il mondo è diviso in blu e rosa, ma che la differenziazione comincia prestissimo, e non riguarda solo il colore ma si estende anche al senso del gioco, promuovendo stereotipi di genere dannosissimi. Nello scaffale della prima infanzia di un qualsiasi negozio italiano, per esempio, vi potrà capitare di trovare linee di giochi parlanti che servono per insegnare ai piccoli le prime lettere dell’alfabeto. Non potete sbagliarvi, sono già divisi per genere: per i bambini c’è il martello e il cacciavite. Per le bambine il phon e lo specchio. L’industria ha deciso che la vostra bimba, ahimè, non attaccherà mai un quadro.
Cosa fare
Quello che possono fare i genitori è innanzitutto diversificare la scelta. Fare in modo che i bambini possano giocare con una gamma di giocattoli il più varia possibile. Non si tratta di limitare la voglia di una bambina di avere la propria bambola: ma di permetterle di esplorare anche altri tipi di giochi. Stesso discorso per i maschietti: se oltre alle scavatrici troverà nel cesto anche una bambola e qualche pentola avrà più scelta e sarà anche più predisposto a giocare con l’altro sesso. Anche comunicare è importante. Quando i bambini crescono, scelgono da soli i propri giochi. La cosa da fare, a questo punto, è avere con loro una conversazione, cercare di spiegare che c’è un esercito di multinazionali che cercano di manipolare la loro scelta. All’occorrenza, bisogna spiegare che ci sono delle “regole” che la società impone attorno ai giocattoli, che non hanno nessun riscontro nella vita, e che ogni ragazzo dovrebbe scegliere i propri giochi in base ai propri interessi e non alle imposizioni della società.