Ha fatto discutere la scelta di Malia Obama di prendersi un “gap year” prima di andare a Harvard. Ma la sua è una scelta sempre più frequente tra i giovani americani
«Ciao mamma, ciao papà. Me ne vado all’estero per un anno». Lasciare la propria casa per viaggiare e fare esperienze di vita prima di iniziare la dura vita del college è una decisione sempre più frequente tra i giovani americani. Certo, se la casa che lasci è al 1600 di Pennsylvania Avenue e i tuoi genitori si chiamano Barack e Michelle, la tua scelta fa un po’ più rumore di quella dei tuoi coetanei. Malia Obama, la primogenita del presidente degli Stati Uniti, ha appena finito l’ultimo anno di high school e ha scelto di andare a Harvard, alma mater del papà. Ma prima di buttarsi su corsi, esami, ricerche e tutto il resto che il mondo del college ha da offrire, ha deciso di staccare la spina e di prendersi un anno sabbatico.
Scelta più che legittima, dopo quasi 8 anni in cui le giornate e le decisioni erano programmate sulla base dell’agenda del padre e dei servizi di sicurezza. Una vita senz’altro privilegiata, la sua, ma che ha lasciato poco spazio all’improvvisazione. A 17 anni, Malia sente il bisogno di essere indipendente e di decidere della propria vita. Una scelta che è comune a quelle di tante sue coetanee che decidono di andare all’estero. Un anno fuori significa imparare a viaggiare, scoprire culture diverse, farsi nuovi amici, imparare a cavarsela da soli, cucinare, guadagnarsi da vivere. Più semplicemente, significa diventare adulti.
E’ la stessa Harvard a incoraggiare i propri futuri studenti a prendersi un “gap year”, come viene chiamato in inglese, prima di iniziare a frequentare i corsi.
Tra gli 80 e i 110 ragazzi scelgono di seguire il consiglio. L’anno sabbatico è più frequente tra gli europei (ma gli italiani sono un’eccezione) che tra gli americani, anche su ultimamente l’abitudine sta prendendo piede anche negli Stati Uniti. L’Associated Press ha riportato il dato secondo cui tra i 30mila e i 40 mila ogni fanno una scelta di questo tipo, e nel solo 2015 c’è stato un incremento di oltre il 20% rispetto ai 12 mesi precedenti.
Come spiega Jackie Bischof in un interessante articolo comparso su Quartz, un anno all’estero ti insegna molto velocemente quanti punti di vista diversi possono avere le persone e che il mondo è molto più grande di quanto te lo immaginavi. La stessa autrice trascorse alcuni mesi dopo il diploma tra Svizzera e Germania, dove vivevano alcuni parenti. «Le regole erano chiare dall’inizio: i miei genitori avrebbero pagato il biglietto aereo, io avrei avuto tre mesi di tempo per imparare la lingua e trovarmi un lavoro, e nel frattempo avrei aiutato i miei parenti con il lavoro a casa. Altrimenti sarei tornata» racconta. Tutti obiettivi raggiunti in pieno, che le permisero di acquisire un bagaglio di esperienza e di sicurezza che le avrebbero fatto molto comodo una volta rientrata negli Stati Uniti. «Durante il mio anno all’estero passai da essere da una teenager introversa, ingenua e con le spalle sempre coperte a una donna con una visione molto più ampia del mondo e capace di organizzare la propria vita».
Non sempre le cose vanno bene. Ci si può ammalare, ci si può trovare a corto di soldi, si può sentire la lontananza da casa.
Ma spesso sono proprio queste difficoltà ad accelerare la crescita, ad aiutare il passaggio verso la vita adulta.
Momenti che renderanno molto più semplice la scelta sul proprio futuro, che sia decidere di intraprendere un percorso di studi o che si vada subito in cerca di un lavoro. Certo, l’esperienza di Malia non sarà mai come quella delle sue coetanee. Per quanto normale e simile a quella di tanti altri possa apparire la sua scelta, il suo cognome non le permetterà di vivere in maniera totalmente libera il suo anno sabbatico. Di sicuro però le permetterà di uscire dalle comodità nelle quali è cresciuta e di vedere il mondo con occhi diversi, prima di tornare a Harvard e seguire le orme di suo padre.