A Gressoney abbiamo visitato la prima scuola biofilica d’Italia
Bisogna arrivare fino a Gressoney in Valle d’Aosta per visitare la prima scuola “biofilica” d’Italia. A vederla da fuori ha l’aspetto di una bella casa di montagna ma il vero segreto sta nelle pareti in sughero e canapa, negli armadi su cui si può scrivere e in quegli oblò che proiettano immagini della natura accompagnati dal suono dell’acqua che scorre.
Perchè è importante il contatto con la natura
Il progetto nasce grazie all’impegno di un gruppo di ricercatori dell’Università della Valle d’Aosta che fanno capo al professor Giuseppe Barbiero. Questa sperimentazione rappresenta il naturale sviluppo degli studi sulla biofilia che da dodici anni stanno conducendo nel Laboratorio di Ecologia Affettiva (LEAF) all’Università della Valle d’Aosta. Le ricerche hanno dimostrato che il contatto con la natura ha un potere rigenerativo della capacità di attenzione diretta e sostenuta del bambino e migliora le sue qualità empatiche. Nel 2015-16, in collaborazione con il Politecnico di Torino e l’impresa italo-svizzera AktivHaus, il gruppo di ricerca ha messo in pratica gli studi fatti realizzando “Biosphera 2.0”, il primo modulo di casa passiva che ha adottato una progettazione biofilica scientifica.
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Contemporaneamente, con la collega Rita Berto, hanno sviluppato uno strumento di misurazione – il Biophilic Quality Indexes (BQI) – che consente di valutare quanto è biofilico, e perciò rigenerativo, un ambiente. Tutte queste esperienze sono confluite nella riprogettazione della scuola primaria di Gressoney-La-Trinité: uno spazio di apprendimento sperimentale, rigenerativo (per questo si chiama Restorative Schoolroom), rispettoso della natura fuori di noi e della natura dentro di noi. Oggi in questa scuola è stata realizzata la Restorative Schoolroom, confortevole e stimolante, che consente di riprodurre e sfruttare i benefici di alcune caratteristiche dell’ambiente naturale esterno, stimolando nel bambino la percezione della scuola come luogo che suscita emozioni e pensieri piacevoli grazie alle immagini, ai suoni e ai profumi.
Il viaggio nella prima scuola biofilica
Abbiamo chiesto all’assessore all’istruzione Lidia Favre di “accompagnarci” in questa scuola del terzo millennio.
Com’è nata l’idea di modificare la vostra scuola?
Il progetto è stato portato avanti grazie all’Università della Valle d’Aosta. Abbiamo aderito alla loro proposta per dare un’opportunità in più ai nostri ragazzi
Qual è stato il primo passo per arrivare ad una scuola biofilica?
Abbiamo messo in campo la riqualificazione energetica in quanto è fondamentale che il benessere dello studente derivi dall’ambiente in cui l’alunno vive la sua quotidianità. Abbiamo fatto un cappotto in canapa e sughero all’interno delle aule, sono stati cambiati i corpi illuminanti; ora abbiamo delle lampade che cambiano l’ intensità d’illuminazione a seconda di quella naturale; abbiamo posto dei pannelli radianti che sono andati a sostituire i termosifoni che avevamo nelle aule in modo che la diffusione del calore sia omogeneo.
Ma non solo. La vera novità è la Restorative Schoolroom?
In una delle stanze è stato realizzato un oblò e installato un grande monitor su cui vengono proiettate delle immagini che cambiano a seconda della tipologia di ambientazione che si sceglie. Anche l’illuminazione della stanza è a seconda delle proiezioni. Lo studente si trova così immerso nella natura che va a stimolare l’attenzione del bambino. Tutto questo è stato realizzato perché se il benessere del bambino è di un certo tipo la sua capacità di rigenerare l’attenzione dopo un periodo di stress avviene più velocemente. Sono state fatte una serie di rilevazioni sui bambini, sul loro battito cardiaco, sui loro impulsi cerebrali e si è visto che l’attenzione che prima veniva rigenerata in 100 secondi ora viene rigenerata in 65 secondi.
Accanto a tutto ciò è cambiato anche il modo di fare scuola.
La didattica è cambiata in alcune fasi: oggi si dà molta più importanza alla didattica legata all’ambiente naturale. Molte delle materie soprattutto quelle scientifiche vengono svolte in ambiente esterno. E’ cambiato l’approccio che l’insegnante ha nei confronti del bambino: l’aula è stata modificata. Non c’è più il docente che si pone da una parte e i bambini dall’altra: la cattedra non esiste più, l’insegnante è seduto in mezzo ai bambini, nei loro banchi che hanno una forma a trombo e collabora alla lezione, si inserisce andando ad interagire con ogni singolo alunno.
E i genitori come hanno reagito?
Abbiamo parlato con loro prima di accettare la proposta dell’Università e abbiamo spiegato quali sarebbero stati gli interventi che avremmo effettuato. Oggi sono contenti dei risultati che i loro figli stanno ottenendo. E noi siamo particolarmente orgogliosi di ospitare in una piccola realtà come la nostra una sperimentazione unica in Italia. Stiamo vedendo giorno per giorno i progressi che fanno i ragazzi grazie a questo progetto innovativo.