Le startup europee (Israele compreso) dell’IoT hanno raccolto 653 milioni di euro tra gennaio 2015 e aprile 2016. I round accelerano sia per numero che per finanziamenti raccolti. Francia e Israele in testa.
Il mercato dell’IoT in Europa corre. O forse dovremmo dire che gattona. Perché gli investimenti crescono, ma nutrono ancora una creatura alla prima infanzia: i round maturi stanno iniziando ad arrivare solo adesso e le exit sono talmente poche da poter essere contate con le dita. Sono i dati di un report di Tech.eu.
Nel 2016 il cambio di passo
Nel 2015, le startup europee (Israele incluso) dell’IoT hanno raccolto 411 milioni di euro. Tra gennaio e aprile del 2016, la somma è già a 242 milioni. La proiezione sarebbe entusiasmante. Ma anche il 2015 era partito con un trimestre eccellente, anche migliore di quello di quest’anno: 172 milioni contro 159.
Altri indizi suggeriscono però che, questa volta, l’accelerazione possa reggere nel tempo. In un solo mese (aprile 2016), l’IoT europeo ha raccolto 83 milioni, più dell’intero secondo trimestre 2015. Il numero dei round è esploso. Nel primo trimestre 2016 sono stati 41 (seguiti da altri 8 ad aprile); nello stesso periodo del 2015 erano stati appena 9. Sarebbero diventati 84 a fine anno.
La corsa di gennaio-marzo 2015 era stato segnato dal round di Sigfox: 104,5 milioni, di gran lunga il più ricco. Oggi le cifre sono spinte meno da singoli, massicci finanziamenti: si spostano su investimenti più diffusi. Un segnale di maturazione.
La maturazione dei round
Il cambio di passo è evidente anche osservando la distribuzione dei round. Se i Seed stage sono una costante, sta crescendo l’incidenza di Serie A e B. Una normale evoluzione per un settore che vuole crescere. La gioventù è dalla sua parte: dall’inizio del 2015, solo tre startup (Moovit, Sigfox e Drivy) hanno chiuso un round C.
Con la maturazione aumenta anche la taglia. In un ecosistema ancora caratterizzato dal Seed investing, è naturale che i finanziamenti medi siano contenuti. Negli ultimi due trimestri però, si è assistito a una migrazione verso deal più massicci. Nell’ultimo quarto del 2015, per la prima volta i round compresi tra uno e 5 milioni (10) hanno raggiunto quelli inferiori al milione. Nel primo trimestre del 2016 c’è stato il sorpasso: 15 contro 10. Accompagnati dai 7 compresi tra i 5 e i 10 milioni e dai 4 tra i 10 e i 20. Conditi da un picco over 20: i 31 milioni di Drivy.
I 5 maggiori deal
Nel 2015 sono stati 6 i round superiori ai 20 milioni: Sigfox, Moovit, Netatmo, Argus Cyber Security, Actility e Vayyar. Nei primo trimestre 2016 sono stati già tre: Drivy, Tado e Veniam. Questa è la classifica complessiva dei maggiori.
1- Sigfox. È il round principe (per distacco): 104,5 milioni di euro raccolti a febbraio 2015. Seguono i 27 già ottenuti dal momento della fondazione, nel 2011. La società crea una linea wireless, slegata dagli attuali network, per connettere dispositivi che producono pochi dati ma sono spesso accessi, dagli smartwatch alle lavatrici.
2- Moovit. È israeliana l’app per la mobilità locale. Ha iniziato e finito il 2015 con due finanziamenti. Il primo, a gennaio, con 45,4 milioni di euro ha valutato la società più di 360 milioni. Il secondo, a novembre, non ha svelato le cifre.
3- Drivy. Fresca di un round (chiuso ad parile) di 31 milioni, la società francese guida la graduatoria del 2016. E’ un servizio Peer to peer di noleggio auto. Ha sviluppato Drivy Open, un sistema che consente di aprire la vettura (altrui) anche senza chiavi.
4- Netatmo. Altra francese, altro round massiccio: 30 milioni, incassati nel novembre 2015. Produce dispositivi per la smart home. Il suo fondatore, Fred Potter, è anche il padre di Withings, la società che ha chiuso la maggiore exit dell’IoT europeo nel 2015.
5- Argus Cyber Security. Quando, lo scorso novembre, Argus Cyber Security ha incassato un round da 23,6 non aveva compiuto ancora i due anni. Sviluppa soluzioni di cybersecurity per l’automotive. Con sede a Tel Aviv, conferma la centralità di Israele che, con la Francia, si spartisce questa top 5.
La top 5 delle (poche, finora) exit
Le exit sono poche e i dati ancora meno. Dall’inizio del 2015 all’aprile 2016 se ne registrano 11: 10 acquisizioni e una (piccola) Ipo. Valore complessivo: 446 milioni di euro. Molto concentrato, però: il 72% del totale appartiene ad appena due acquisizioni, entrambe firmate lo scorso aprile. Tre exit hanno riguardato imprese francesi.
1- Withings. Produttore francese di dispositivi connessi, è stata acquisita lo scorso aprile per 170 milioni di euro da Nokia. L’accordo, che si concluderà nel terzo trimestre del 2016, porterà la società sotto l’ombrello di Nokia Technologies.
2- Red Bend Software. Se la Francia occupa la prima posizione, anche Israele si conferma occupando la seconda piazza: Harman International Industries ha sborsato 154 milioni per conquistarla. Red Bend Software offre soluzioni IoT per security e automotive.
3- AlertMe. La grande assente nella classifica dei maggiori round (il Regno Unito), si piazza al terzo posto in quella delle exit. British Gas ha acquisito AlertMe per 91 milioni di euro. Il compratore ha puntato su Hive, termostato smart che consente di controllare la temperatura da remoto.
4- MobiquiThings. Sierra Wireless ha acquisito questa società francese per 28 milioni, con l’obiettivo di creare, al proprio interno, un’intera filiera dell’IoT, dal dispositivo al cloud. MobiquiThings è specializzato nello sviluppo di reti mobili virtuali.
5- Plejd. Caso unico nel panorama europeo, questa società svedese. Non tanto per il comparto, che combina illuminazione e bluetooth, quanto perché è la sola Ipo (e la quinta maggiore exit). Le dimensioni restano ancora ridotte: 4 milioni di euro.
Le potenzialità dell’IoT
E’ solo l’inizio. Secondo McKinsey, il valore potenziale dell’industria IoT potrebbe raggiungere gli 11 trilioni di dollari entro il 2025. Una cifra enorme, che però non può sorprendere se si considera l’IoT per quello che è: non un settore ma un’insieme di tecnologie trasversali, applicabili ad agricoltura, automotive, smart city, sport, salute, industria.
L’attrattività, anche se con finanziamenti ancora esigui, va già oltre i venture capital. Società come Orange, Cisco, Verizon e Swisscom spuntano nel capitale delle startup europee. In un settore che può solo crescere.
Italia: 5 round e una exit (fuori classifica)
In un mercato così giovane, individuare i poli più proficui potrebbe essere un’attività dalle risposte labili. Ma tant’è. Tra il 2015 e il primo trimestre del 2016, Israele si impone con 22 round. Alle sue spalle la Francia, con 19. Assieme ad altri dati (i transalpini guidano la classifica delle exit, con 3 operazioni concluse, e ospitano BiFrance, l’investitore intervenuto in più round, 4) raccontano forse l’ecosistema più avanzato. Seguono, con 15 round, Germania (la migliore di questo 2016 con 9 deal), Svezia e UK. E l’Italia?
I round chiusi da startup italiane dell’IoT sono 5. Tre in tutto il 2015 e già 2 nel primo trimestre 2016. Niente exit né investimenti di peso da parte di venture italiani. Con una nota a margine che fa ben sperare. Il report di Tech.eu si ferma al 30 aprile. Poche ore dopo, il 3 maggio, Microsoft ha aperto per la prima volta il portafogli in Italia per acquisire Solair.
Le 10 startup da tenere d’occhio
Per la serie saranno famosi (se non lo sono già), il report segnala “10 startup da seguire”. Eccole.
LifeBEAM. Nata nel 2011 per assistere astronauti e piloti aerei, mira a diventare leader nello sviluppo di tecnologie, integrate in dispositivi wearable, che rilevino le attività di chi li indossa. Focus, quindi, sullo sport. Ha raccolto 17 milioni di euro.
KIWI. Dimenticate le chiavi di casa. Questa startup tedesca, nata nel 2012, ha raccolto 4 milioni per un obiettivo: farvi entrare in casa senza frugare nelle tasche o schiacciare un bottone. Basta avere un transponder o l’app sullo smarphone.
CropX. Giovane israeliana, fondata nel 2013. Ha sviluppato un sistema di irrigazione intelligente per ottimizzare le risorse e risparmiare acqua ed energia. Finanziamenti: 9,1 milioni.
Kinux. Una piattaforma che applica l’IoT all’industria e alle infrastrutture, per migliorare il processo produttivo e renderlo economicamente più conveniente. Fondata nel 2014 in Germania, ha già raccolto 8,3 milioni.
Phytech. Fondata nel 1998, è una delle più anziane. Il suo settore, l’agritech, sembra però adesso abbastanza maturo per crescere. Combina data e algoritmi per ottimizzare le colture. Fino a ora ha incassato 2,7 milioni di euro.
Actility. Smart city, smart building e smart factory sono le applicazioni possibili di questa società francese, capace di attrarre 22,5 milioni. Sviluppa network a lungo raggio con sensori a bassa energia.
Neura. La startup israeliana, fondata nel 2013, sviluppa tecnologie per il monitoraggio delle interazioni tra gli utenti e i dispositivi che utilizzano. Sfruttandole poi per creare funzionalità su misura. Ha attirato 11,8 milioni e l’interesse di società come Axa e Microsoft.
Sentiance. Tra le segnalazioni di Tech.eu si affaccia anche il Belgio, con questa startup che raccoglie dati da wearable e smartphone per creare profili personali. I clienti sono i brand. 7,3 milioni raccolti, con Samsung tra i principali investitori.
Cobi. Fondata da meno di due anni, ha ottenuto 7,3 milioni di finanziamenti. Corre veloce come il suo core business: soluzioni che fondono smartphone e bicicletta per rilevare dati, monitorare le prestazioni. E per fare anche da allarme e navigatore.
Heptagon. Crea sensori e immagini in 3D pensati per l’IoT. Avete presente Minority Report? Ecco, i pannelli per governare casa (e fare molto altro) potrebbero diventare una proiezione in tre dimensioni.
Paolo Fiore
@paolofiore