La V A dell’istituto “Alessandro Greppi” di Monza ha trovato una tecnologia open source e open hardware per aiutare chi non può usare mouse e tastiera: un sistema meno costoso di un dispositivo personalizzato
Un compagno disabile è una risorsa. Non hanno alcun dubbio i ragazzi della quinta A dell’istituto “Alessandro Greppi” di Monza che dalla volontà di aiutare un compagno in difficoltà, hanno pensato di realizzare un mouse che si usa senza usare le mani. Forse nemmeno Steve Jobs aveva pensato a un’innovazione simile ma Simone Biondi, Amine Bouali, Giacomo Cappeller, Alessandro Moioli, Davide Perano, Tommaso Pirovano, Matteo Preda, Stefano Riva e Luca Vimercati con la collaborazione degli insegnanti Gennaro Malafronte e Samuele Redaelli, non sono rimasti con le mani in mano di fronte alle esigenze di uno di loro.
Hanno deciso di abbattere quelle che possiamo chiamare “barriere digitali” affinché tablet e smartphone siano accessibili a tutti, anche a chi non riesce ad usare la tecnologia touch-screen. Il progetto l’hanno denominato “MouseUp” e si basa su una tecnologia open source e open hardware in grado di abbattere i costi di un dispositivo personalizzato. I “geni” del “Greppi” hanno realizzato un sistema operativo che permette di adoperare apparecchiature Android senza toccare lo schermo. Una piccola rivoluzione nata in classe ma che potrebbe presto sbarcare sul mercato. Il team dei progettisti dell’istituto brianzolo ha previsto due modalità: si può usare il tablet o lo smartphone semplicemente orientando e spostando il dispositivo per chi ha una disabilità limitata oppure attraverso il movimento con una coppia di sensori, un giroscopio e un accelerometro collegati ad un supporto auricolare. La quinta A è decisa a fare sul serio: ha studiato anche il business plan e stimato un abbattimento dei costi di cinque euro a fronte della produzione di alcune migliaia.
L’idea è quella di rendere operativo il progetto mettendo a disposizione di eventuali finanziatori il codice sviluppato così da poter costruire un prototipo. L’obiettivo è quello di estendere la funzionalità ai sistemi operativi di Windows e Linux affinché possa davvero essere abbattuta ogni barriera. I ragazzi hanno anche ideato un sito dove spiegano come funziona la loro invenzione: “Il nostro dispositivo è composto da vari componenti, tra cui: un microcontrollore Arduino, un modulo Bluetooth, dei sensori, un auricolare Bluetooth e infine un’applicazione Android. La scheda Arduino è collegata allo smartphone tramite una connessione Bluetooth. L’applicazione rimane in ascolto di dati provenienti dal microcontrollore, sulla base dei quali è in grado di muovere un puntatore presente sullo schermo. L’applicazione pre-installata sul dispositivo gestisce inoltre un servizio di riconoscimento vocale che permette di impartire comandi al telefono, come ad esempio: click, double-click, swipe e scroll usando semplicemente la propria voce. Il sistema è progettato per poter funzionare con i sensori esterni (come precedentemente spiegato), oppure con quelli interni al telefono stesso. In quest’ultimo caso, il movimento del puntatore verrà dato dalla rotazione del dispositivo”.
Un’impresa che ha davvero conquistato l’ammirazione dei professori. Ancora una volta è una scuola a mostrarsi un vero laboratorio d’innovazione capace di mettere in campo professionalità e competenze acquisite. E’ sui banchi che stanno nascendo in questi anni, grazie anche all’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro, i progetti che possono davvero dare un contributo al miglioramento dell’accesso alla tecnologia. E’ forse arrivato il momento di rendere ancora più concreta la sinergia tra istituti superiori, università e imprese in modo da creare un serbatoio di ricerca e una filiera dell’innovazione che possa abbattere i costi e avere diversi soggetti che operano tra loro.