Il 2 aprile, a H-Farm, si è tenuta “La scuola che vorrei”: bambini dai 10 ai 15 anni hanno progettato la scuola dei loro sogni. Ci siamo stati, scoprendo che i ragazzi d’oggi vorrebbero soprattutto 3 cose: più tecnologia, più spazi verdi e più materie (compreso il cricket)
C’è chi vuole una stanza “per potersi sfogare”. Chi progetta un banco con un piccolo mini-frigo integrato “così a merenda si può avere il gelato”. In molti vorrebbero più verde intorno all’aula, qualcuno pensa alle gite all’estero, tutti mettono la tecnologia in primo piano. Ci si poteva aspettare che i bambini e ragazzi, dagli 8 ai 15 anni, che lo scorso 2 aprile hanno partecipato all’hackathon organizzato da H-Farm per progettare “la scuola ideale” lasciassero a briglie sciolte la fantasia disegnando progetti surreali. E invece no: le scuole che hanno disegnato erano pratiche, belle, ma soprattutto realizzabili. Nessuno ha immaginato una macchina del tempo al posto del distributore di merendine: piuttosto in molti hanno fatto ragionamenti come “ci vorrebbero più ricreazioni durante il giorno, per staccare la mente, anche a costo di uscire da scuola più tardi”. Le regole per partecipare all’hackathon erano semplici: i 350 bambini registrati alla giornata “La scuola che vorrei” dovevano progettare la loro scuola ideale, la scuola del futuro. Hanno avuto 8 ore per farlo, e sono partiti da tre domande. Cosa vorrei tenere della mia scuola? Cosa vorrei cambiare? Come posso realizzare la mia idea di scuola? Quello che è venuto fuori è sorprendente: progetti concreti, tante buone idee che, volendo, si potrebbero attuare nelle scuole già da subito.
La mattina: flusso di idee col il design thinking
Sono le 9,30 di sabato mattina e decine di bambini sono arrivati ad H-Farm, l’incubatore di startup nella tenuta Ca’ Tron di Roncade, un luogo immerso nel verde. Uno pensa che i ragazzi quando sentono parlare di scuola scappano a gambe levate. E invece qui qualcuno sta persino barando sull’età per poter prendere parte all’evento. L’hackathon è una sfida in gruppi: per questo tutti i bambini vengono divisi in team di 7-8 ragazzi. Ogni due gruppi c’è un mentor che segue e aiuta i piccoli a strutturare le loro idee. La mattina è tutta dedicata al brainstorming: ai ragazzi viene chiesto di pensare alla loro scuola: come è fatta, chi ci abita, quali sono i luoghi fisici e le attività che vengono svolte. Poi cominciano delle attività di organizzazione di idee seguendo il metodo del design thinking: i piccoli scrivono le loro idee sui post-it suddivisi per temi. Improvvisamente i tavoli negli open space di H-Farm diventano un campo di battaglia fatto di penne, colori, milioni di post-it. Iniziano a strutturare cartelloni, a disegnare piantine di future scuole sulle lavagne di plastica. C’è chi tira fuori l’iPad, strumento che dovrebbe essere usato nel pomeriggio. “Hanno corso abbastanza con le idee, quindi hanno già cominciato a progettare con l’iPad” dice Alberto, un mentor che di solito qui a H-Farm si occupa dei master post universitari e che oggi, invece, è alle prese con un gruppo di undicenni. Tutti sono intenti a concretizzare la scuola dei sogni: è un gioco, eppure ce la stanno mettendo tutta, e quando arriva l’ora di pranzo qualcuno quasi preferirebbe restare al tavolo di lavoro.
Minecraft, iPad e lezioni di cricket
Dal foglio al progetto, l’idea di ogni gruppo, nel pomeriggio, deve essere concretizzata mediante supporti digitali: “Si possono usare video, foto, presentazioni Power Point, Minecraft, insomma quello che vogliamo” mi spiega Nicolò, 11 anni, venuto da Roma, mentre risponde ai messaggi di WhatsApp. Esmeralda e Tommaso, invece, vengono da Ferrara ed hanno progettato una scuola con un’aula relax con dei pouf “per sfogarsi” e con una telecamera in classe, “così che la lezione si può seguire anche da un’altra parte”. Girando per i gruppetti si vedono questi bambini che maneggiano iPad e programmi con una velocità che fa invidia a chiunque sia nato prima del 2001. Homestyler.com, home Design 3D, app per girare video in stop motion e poi l’onnipresente Minecraft. Marco, 15 anni, e il suo team hanno creato la “Pentagono school project”: “Una scuola in stile americano, dove si studia tutti insieme, dalla prima elementare al liceo. “Abbiamo pensato a una scuola che riprenda il modello di H-Farm – dice Luigi, 14 anni del gruppo “2 cool 4 school” – con una serie di casette divise tra loro dal prato e tutti i laboratori ai lati. La volevamo progettare con Autocad, ma alla fine stiamo usando Paint”. Un altro componente del suo gruppo sta anche preparando una presentazione in Power Point da far vedere ai giudici: “Fallo rosso con le scritte bianche, in stile H-Farm” lo ammonisce Luigi. Il gruppo delle “New York” ha pensato a una scuola dove gli insegnanti devono fare dei test di valutazione ogni 6 mesi “perché non tutti sono professionali come dovrebbero”. Più concreti i “boy gamer”, che hanno pensato al confort: “Vorremmo delle sedie con le rotelle e con il sedile che fa il massaggio – spiega Alessandro, 10 anni, brianzolo – ogni alunno dovrebbe avere un banco con iPad collegato alla maestra, cuffie e un piccolo frigo”.
C’è chi progetta l’aula in pendenza, “così i più bassi vedono bene lo stesso”. Insomma, come al cinema.
C’è chi si ispira molto agli Usa e immagina armadietti che si aprono col touch screen, ballo di fine anno e lezioni di cricket durante l’ora di educazione fisica. Tutti sottolineano la necessità di fare corsi di informatica che includano anche i loro insegnanti. “Emerge che i ragazzi vogliono collaborare, vogliono alzare la frequenza di interazione dentro la scuola – ha commentato Riccardo Donadon, founder di H-Farm – Ormai si rendono conto che non ha più senso portare uno zaino pesante quando tutto può essere digitale e si può avere sempre a portata di mano, a scuola come a casa. Immaginano scenari che sono fattibili oggi, i loro progetti sarebbero tutti potenzialmente realizzabili nel giro di qualche anno”. Tutto sta a prenderli sul serio, questi bambini, che sono il punto di partenza per qualsiasi cambiamento nel mondo dell’istruzione. E infatti sabato tutti avevano scritto sulle magliette dell’hackathon, “I’m reshaping my future”: sto ridisegnando il mio futuro.