Le interviste a Giuseppina Miuli e Federico Cataldi. Le candidature per iscriversi alla prossima edizione resteranno aperte fino al 30 settembre
«Siamo partiti dal posizionamento del Master a livello formativo. Gli studenti, una volta concluso il percorso, ottengono la qualifica di innovation manager. Questo significa che conoscono gli strumenti per sviluppare idee innovative, ma hanno soprattutto l’approccio di Open Innovation per affrontare le sfide business del settore agrifood». Giuseppina Miuli, Innovation Coach in Design Thinking presso il CIHEAM Bari, ci racconta come è strutturato il Master universitario internazionale di primo livello in “Open Innovation & Youth Entrepreneurship in the Mediterranean Agrifood Sector”, realizzato dall’Università di Bari e dal CIHEAM Bari. Per chi fosse interessato, le candidature per iscriversi alla prossima edizione resteranno aperte fino al 30 settembre. Miuli accompagna i futuri innovation manager come tutor e coach, in un viaggio formativo a contatto con tante aziende del territorio. Il Master è coordinato dai responsabili scientifici Damiano Petruzzella e Teodoro Miano con il supporto alla progettazione di Donatello Macario, industrial designer.
Come ci hanno già spiegato alcuni ex studenti delle precedenti edizioni, il master in questione offre la possibilità di entrare in contatto con un settore, quello del food e dell’agritech, seguendo un’ottica non tradizionale. Il design thinking è una delle basi da cui si parte, per trasmettere ai giovani un mindset di risoluzione dei problemi basato sullo studio dei bisogni delle persone che permettere di realizzare prodotti e servizi innovativi in risposta a queste esigenze. «Lo scorso anno, ad esempio, la sfida di un’azienda partner ha richiesto a un team di realizzare un prodotto da forno a base di orzo – spiega Miuli -. Il prodotto doveva anche essere un driver per raccogliere informazioni sui clienti che lo avrebbero acquistato».
Come si procede in un’operazione simile? Dopo alcune settimane formative a contatto con esperti del business e accademici delle università italiane e straniere, per assorbire la cultura del mondo delle startup e del settore agrifood, i vari team hanno circa tre mesi a disposizione per affrontare le sfide poste dalle aziende, da portare a termine con un prototipo da testare con gli utenti. Oltre a saper usare gli strumenti tecnici e ad allenare un mindset da startupper, è molto importante la composizione del team.
Il metodo Double diamond
«Mi è piaciuto molto il lavoro in gruppo, dove ci si lascia ispirare dagli altri. Il punto di partenza è la multidisciplinarietà», aggiunge Federico Cataldi, anche lui ex studente che dalla prossima edizione affiancherà i coach. Questo Master è per alcuni partecipanti la prima esperienza di lavoro in team, poiché nel loro background accademico sono più spesso portati ad affrontare lavori individuali. A fianco alle sfide di business che le aziende lanciano ai team della classe, c’è la sfida di ognuno a saper fare gioco di squadra e a raggiungere risultati di gruppo, come una vera e propria startup che lavora al proprio progetto imprenditoriale.
I team quindi, una volta ricevuta la sfida dalle aziende, partano con implementare l’approccio del Design Thinking, applicando il framework del Double diamond, che Miuli ci presenta proprio rispetto al prodotto a base di orzo che era stato nominato nella sfida.
«Ci sono quattro fasi complessive, alternate tra momenti divergenti e convergenti. La prima, discovery, richiede una mappatura delle informazioni, a cui poi segue la successiva, define, in cui si identificano le cosiddette Users Personas, archetipi del target individuato, con i loro bisogni da soddisfare». A questo punto termina il primo diamante del modello e si prosegue con «il develop, lo sviluppo dell’idea sotto forma di prototipo di un prodotto o di un servizio. Il team, in questo caso, ha realizzato uno snack a base di orzo, progettato servizi innovativi che ruotano intorno a questo prodotto, e sviluppato un prototipo di piattaforma sul quale i nuovi potenziali clienti potessero interagire direttamente con l’azienda e scambiare informazioni utili a migliorare il servizio.
Infine la fase finale, deliver, di consegna dell’output alle aziende che hanno lanciato la sfida». Durante tutto l’intero percorso di progettazione, seguendo le linee guida degli approcci del Design Thinking e della Lean Startup, i team sono in costante interazione con le persone destinatarie del risultato finale, i potenziali clienti, e progettano in costante sinergia con le aziende, supportati dalla supervisione di coach esperti in innovazione. «Questo master si differenzia anche perché ci sono coach che supportano i team e sono fondamentali per la formazione degli studenti affinché possano non solo sperimentare le metodologie e gli strumenti innovativi che vengono forniti ma riescano ad implementarli orientati alla creazione di un vero e proprio business» specifica Miuli.
Il master “Open Innovation & Youth Entrepreneurship in the Mediterranean Agrifood Sector” ha formato più di quaranta innovation manager, tra studenti Italiani e internazionali, provenienti soprattutto da Africa, Medio Oriente e Balcani, grazie anche alle borse di studio messe a disposizione. È una grande opportunità di venire a contatto con un network internazionale che è fondamentale anche e soprattutto dopo la fine del Master.
Non solo human centred
Il percorso è rivolto a chi punta a lanciare startup o vuole specializzarsi in un settore, come quello dell’agrifood, decisivo per le sfide dell’Agenda 2030 dell’ONU. «Ho avuto una formazione tradizionale – racconta Cataldi -. Non conoscevo approcci come il design thinking. Nel master quello che ricercavo era la parte pratica, perché troppo spesso la formazione universitaria si riduce alla teoria». Come ci hanno detto molti degli innovation manager, le visite in aziende e gli incontri con gli imprenditori hanno garantito un valore aggiunto indispensabile, non soltanto per migliorare i prodotti e studiare al meglio i prototipi, ma anche per saggiare un mercato complesso in un mondo in continuo cambiamento.
Il Master stesso si è evoluto nelle varie edizioni, implementando i feedback che i partecipanti stessi hanno sempre fornito proprio da fruitori del servizio. Inoltre, da parte degli organizzatori, c’è uno studio costante dei nuovi temi, come spiega Miuli «Quest’anno, oltre agli approcci human centred, stiamo affiancando un’attenzione planet centric di realizzazione di nuovi prodotti e servizi innovativi, poiché è importante non solo tener conto dei bisogni delle persone ma anche e soprattutto dei bisogni del pianeta». In questo senso quindi, la nuova sfida del Master è quella di non fermarsi ad una formazione collaudata e competitiva, ma punta a ricercare e introdurre sempre nuovi concetti, utili a diventare professionisti nel mondo del lavoro e a lasciare un impatto positivo nel mondo.