Kimaita Hilda, Moussa Ait El Kadi e Mohamed Ali hanno partecipato alle scorse edizioni. Ci hanno raccontato il loro percorso.
Le iscrizioni al Master universitario internazionale di primo livello in “Open Innovation & Youth Entrepreneurship in the Mediterranean Agrifood Sector”, realizzato dall’Università di Bari e dal CIHEAM Bari, sono ancora aperte e chiuderanno il 30 settembre. L’agrifood rappresenta uno dei temi più interessanti legati al mondo dell’innovazione, in un paese peraltro votato alla valorizzazione delle proprie eccellenze territoriali.
Il programma è in collaborazione con Mediterranean Innovation Partnership – Mip -, Almacube, lo spin-off dell’Università di Bologna specializzato in open innovation, BusinessMed, StartupItalia e associazioni imprenditoriali come Confindustria, Legacoop e Confcooperative. Il Master prevede un periodo di Internship con importanti aziende nazionali ed internazionali del settore agri-food come – come Platenek Italia, Andriani Spa, Timac agro-Italia, Putignano & Figli, Greenblu, Tersan, Agriverse e Vallefiorita -. Per gli iscritti sono disponibili borse di studio a copertura parziale o totale dei costi.
Le voci dei protagonisti
Proprio per dare qualche strumento in più a chiunque volesse candidarsi – occorre una laurea triennale – abbiamo scelto di dar voce ad alcuni dei protagonisti delle precedenti edizioni, studenti e studentesse da tutto il mondo che hanno potuto formarsi all’interno del campus del CIHEAM a Valenzano, vicino a Bari. Ecco le interviste a tre di loro: Kimaita Hilda, Moussa Ait El Kadi e Mohamed Ali.
A quale edizione del Master hai partecipato e perché hai scelto questo percorso di specializzazione?
Kimaita Hilda: «Ho frequentato la seconda edizione del Master, 2020/2021. Ho scelto questo corso di specializzazione perché affronta il bisogno di innovazione e imprenditorialità nel settore del food. È un aspetto chiave per contrastare una crisi globale come quella alimentare».
Moussa Ait El Kadi: «Ho frequentato l’ultima edizione del Master, nel 2022. L’ho scelto per apprendere nuove metodologie di management e sviluppo di startup, per formarmi nel mio lavoro di consulente e scienziato».
Mohamed Ali: «Anche io ho frequentato l’ultima edizione del Master all’Università di Bari. Sono una persona curiosa e volevo scoprire qualcosa di nuovo. Ho sempre avuto il sogno di lanciare una startup e grazie a questo percorso ho potuto saperne di più».
“L’ho scelto per apprendere nuove metodologie di management e sviluppo di startup”
Quali sono stati gli argomenti affrontati e cosa hai tratto da questa esperienza?
Kimaita Hilda: «Gli argomenti principali sono stati gli approcci lean startup e le applicazioni del design thinking alla risoluzione dei problemi. Questa esperienza mi ha aperto la mente a diversi modi di pensare e di affrontare le criticità nel mio campo di lavoro».
Moussa Ait El Kadi: «Lo sviluppo di startup, l’innovazione sociale, la metodologia lean startup, il design thinking, il design sprint. Sono gli insegnamenti che ho più apprezzato nel Master. Questa esperienza mi ha trasmesso gli strumenti per migliorare il processo decisionale e la nozione di innovazione aperta nelle aziende per la risoluzione dei problemi e lo sviluppo dei prodotti. Nel lavoro di progetto ho imparato a collaborare con team e collaboratori di culture e background diversi».
Mohamed Ali: «Il Master copre molti argomenti come Start-up & Entrepreneurial Mindset, Business Model Design per l’innovazione continua, Agile Methods, Innovazione nell’Agroalimentare, Innovazione Sociale per la comunità locale, Comunicazione e Marketing per le Startup, Project work open innovation – Design thinking approach, Project work Lean startup. Per me è stata una grande esperienza perché accompagna il mio sogno di trattare argomenti sulle startup e sulle loro diverse fasi di vita».
“Ho imparato a collaborare con team e collaboratori di culture e background diversi “
Di cosa ti occupi ora e quale aspetto del Master è risultato più utile per svolgere la tua attività?
Kimaita Hilda: «Sono manager regionale in una società di consulenza per la pianificazione territoriale in Kenya. Nel nostro nuovo ufficio abbiamo applicato approcci di lean startup e lavorato a partire dalle esigenze del cliente finale per ideare prodotti o servizi che gli forniscano un utilizzo migliore del loro terreno».
Moussa Ait El Kadi: «Lavoro come consulente in risorse idriche e geoscienze e sono dottorando in adattamento alla siccità presso l’Università Ibn Zohr di Agadir. Il programma del Master mi ha aiutato a sviluppare la mia carriera e a far progredire in modo positivo il rapporto con l’organizzazione e le persone con cui lavoravo. Credo nella scienza per la società, quindi ogni scoperta in laboratorio potrebbe essere un’idea per una startup e un’impresa. In quest’ottica penso che lancerò la mia startup».
Mohamed Ali: «Al momento sono in trattative avanzate con alcune aziende. Il mio lavoro è nel settore finanziario e potrebbe sembrare non così allineato al Master. Ma sarebbe fantastico utilizzare l’approccio del design thinking per aiutare a risolvere le sfide. Nel 2018 mi era stato offerto di lavorare nel reparto di ricerca e sviluppo di un’azienda perché la direttrice aveva notato le mie competenze per aiutare il suo team».
“Credo che l’agricoltura a secco sia uno dei trend principali. Soprattutto nell’Africa subsahariana, dove vasti terreni sono aridi”
L’agroalimentare è un settore in espansione, quali sono secondo te i futuri trend del settore e in che modo pensi che si possa innovare?
Kimaita Hilda: «Credo che l’agricoltura a secco sia uno dei trend principali. Soprattutto nell’Africa sub-sahariana, dove vasti terreni sono aridi. È una tendenza che contribuirà a ridurre la crisi alimentare nella maggior parte di questi Paesi. Israele ha già adottato l’agricoltura a secco ed è una delle principali realtà agricole del mondo, pur essendo una terra arida con pochissime precipitazioni all’anno».
Moussa Ait El Kadi: «Sicuramente l’agroalimentare è in crescita, perché è vitale. Le tendenze del settore riguarderanno la valorizzazione del post-raccolto, la gestione delle acque in agricoltura, la decarbonizzazione, la gestione dei rifiuti, l’economia circolare e la produzione sostenibile. L’innovazione è necessaria perché le pratiche attuali non sono abbastanza sostenibili per soddisfare gli SDG e nutrire il mondo».
Mohamed Ali: «I trend riguardano le tecnologie. Come i satelliti e le immagini per i dati meteorologici, idrici, e per la fertilità del suolo, oltre all’idea dell’automazione agricola. In più gli agricoltori riceveranno un’ottima assistenza nella previsione dei rendimenti e delle aree di debolezza. L’azienda ha bisogno di un database e di un software più potenti in grado di fornire informazioni».
Quale credi siano le qualità più importanti richieste a un innovation manager nell’agroalimentare?
Kimaita Hilda: «Apertura mentale, flessibilità e la costante spinta a imparare. L’innovazione richiede l’apertura alle idee degli altri, la flessibilità nell’incorporare spunti diversi per arrivare a un risultato finale e la volontà di imparare ogni volta. L’innovazione consiste nell’unire due o più menti con modi diversi di approcciarsi alle cose e nel proporre un servizio o un prodotto unico come soluzione a un problema».
Moussa Ait El Kadi: «Per le capacità caratteriali e soft skill dico adattabilità, propensione all’apprendimento, impegno con il team e i collaboratori; per le competenze specifiche cito gestione, comunicazione efficace, pensiero critico, metodologia scientifica, esperienza e conoscenza del settore».
Mohamed Ali: «Penso che debba avere esperienza nell’agricoltura, oltre alla capacità di risolvere i problemi e di essere un eccellente comunicatore. Hanno sempre piani A, B, C … fino alla Z. Senza dimenticarsi della capacità di leadership».