L’ex falco tedesco che affamò Atene: “Se falliamo di fronte a questa crisi, il tempo dell’Europa è alla fine”
Wolfgang Schaeuble, il “falco dei falchi”, l’algido ministro delle finanze dell’esecutivo di Angela Merkel che una decina di anni fa impose all’Unione europea di tenere il pugno di ferro con Atene nella trattativa per il salvataggio della Grecia (per alcuni, affamando un intero Paese con condizioni capestro, le stesse condizioni che ancora oggi gettano ombre sinistre sul Fondo salva Stati), si riscopre un po’ meno rigorista. E se i Frugal Four (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia), confidavano che la loro visione austera del Recovery Fund a Berlino avrebbe trovato sponda nell’attuale presidente del Bundestag, le odierne dichiarazioni di Schaeuble sono destinate a infrangere ogni loro speranza.
Cosa ha detto Schaeuble
“Se falliamo di fronte a questa crisi, il tempo dell’Europa è alla fine”, così Schaeuble, benedicendo l’accordo franco-tedesco sul Recovery Fund da 500 miliardi a fondo perduto. L’assist di Schaeuble non era affatto scontato e rafforza Angela Merkel che dovrà comunque ottenere il via libera del Parlamento per ratificare la misura decisa con il presidente francese Emmanuel Macron. Schaeuble è ancora una influente voce all’interno della CDU (il partito della cancelliera) e, oltre a essere il presidente della Camera bassa del parlamento tedesco e consigliere economico della stessa Merkel, gode di parecchia influenza anche tra i sovranisti tedeschi, proprio per il rigore che impose ad Atene in cambio del suo salvataggio, ai limiti dell’umano.
Ma l’ex ministro delle Finanze non è l’unico politico della CDU a essere intervenuto nel dibattito in questo weekend: anche la presidente dimissionaria della formazione della Merkel, Annegret Kramp-Karrenbauer, e il capogruppo parlamentare Ralph Brinhkaus, si sono espressi a favore del piano contestato dai paesi del Nord Europa.
Cosa chiedono i Frugal Four
Di tutt’altro avviso, invece, i Frugal Four (il nuovo appellativo dei falchi del Nord): Austria, Olanda, Danimarca e Svezia. I quattro, per quanto nanerottoli in termini di PIL e di apporto alla storia comunitaria, questa volta non ci stanno a fare i semplici gregari della Germania e non sembrano intenzionati a lasciare che il timone del Vecchio continente resti nelle mani di Emmanuel Macron e di Angela Merkel. Perché sul Recovery Found vogliono dire la loro.
Sebastian Kurz
Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia sabato hanno tratteggiato un fondo di emergenza “temporaneo, una tantum” e limitato a un biennio. Sarà vincolato al sostentamento della “ripresa economica e la resilienza dei settori sanitari” con un approccio basato su “prestiti a condizioni favorevoli” senza “alcuna mutualizzazione del debito”. In più, in cambio, l’Unione europea dovrà esigere “un forte impegno per le riforme” nazionali da parte dei beneficiari. Riforme già decise dai Frugal Four e che vincoleranno i prestiti che dovranno essere usati per sviluppare “ricerca e innovazione”, garantire “maggiore resilienza al settore sanitario” e attuare la “transizione verde” e “digitale” al centro anche del Green Deal Ue. Ma c’è di più, perché Austria, Olanda, Danimarca e Svezia ammettono chiaramente di non fidarsi dei Paesi mediterranei: per tutelare i prestiti da possibili frodi, i Frugal Four chiedono infatti un “forte coinvolgimento della Corte dei conti europei, dell’Ufficio Ue anti-frode (Olaf) e della Procura europea (Eppo)”.
La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, all’Europarlamento
Dopodomani la Commissione presenta il suo Recovery Fund
E ora occhi puntati su Bruxelles. La Commissione di Ursula von der Leyen presenterà la sua versione di Recovery Fund il 27 maggio, dopodomani. Con ogni probabilità sarà costruita sull’accordo franco-tedesco ma, almeno in teoria, dovrebbe accogliere anche alcune delle istanze dei Frugal Four o non avrà chances di passare. Oltre al passaggio all’Europarlamento, cruciali saranno infatti gli appuntamenti dell’Eurogruppo tra i ministri delle Finanze e del Consiglio europeo tra i capi di Stato e di Governo dei Paesi membri.