L’incontro fra offerta e domanda di professioni digitali non sembra scontato. A fronte di notizie della cronica mancanza di competenze specialistiche si assiste un numero elevato di professionisti che faticano a posizionarsi adeguatamente
Le richieste di mercato vanno verso professioni digitali e i ragazzi hanno aspettative coerenti con le nuove professioni. Eppure sembrano mancare competenze anche se contemporaneamente molti professionisti junior e senior con skill digitali e tecnologici appropriati, non trovano occupazione.
Tra le molte ricerche e studi di mercato che sottolineano il gap, l’ultimo studio dell’osservatorio competenze digitali 2017/2018, rimarca anche come non si debbano considerare strettamente le sole competenze tecniche ma è opportuno sviluppare un mix più articolato di competenze in cui skill di natura tecnologica si complementino a soft skill, quali pensiero critico, creatività e intelligenza emotiva, capacità di leadership e di gestione del cambiamento.
Vacancies
Tutto questo “non riuscire a colmare” prende il nome di Skill shortage (letteralmente “carenza di abilità”), ovvero un gap di competenze che sembra inesorabilmente destinato a crescere secondo le stime sulla domanda per i prossimi anni. La questione è stata ribadita recentemente per l’ambito Cybersecurity anche dal Professor Roberto Baldoni vicedirettore del DIS (Dipartimento informazioni e sicurezza) per il cybercrime che ha sottolineato come “nel 2020 avremo 3 milioni di posti di lavoro vacanti nel settore della sicurezza informatica”, rimarcando anche l’esigenza di una formazione delle nuove leve lavorative in grado di sopperire alle esigenze in questo settore sia per l’ambito pubblico sia per quello privato.
Anche la ricerca Censis Confcooperative 4.0 presentata ad inizio dicembre 2017 aveva sottolineato già per il 2016, 62.000 i posti di lavoro vacanti nel campo dell’Ict (Information and Communications Technology), con un incremento del 30% rispetto al 2015 (Fonte Ansa). Dagli studi dell’osservatorio competenze digitali 2017 – 2018 risulta una stima del fabbisogno cumulato di occupazioni ICT per il triennio 2016 – 2018 di un valore fra circa 61mila unità e 85mila di laureati ICT (fra l’ipotesi conservativa e più espansiva) in cui le figure dei soli diplomati in ambiti ICT non sono ritenute sufficienti e qualificati da parte delle imprese che stanno perseguendo un deciso upskilling della forza lavoro ICT.
Le cause
I motivi dello skill shortage, che affligge molti ambiti digitali, ma anche e soprattutto la Cybersecurity, non riguardano solo la cronica mancanza di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Esistono altri aspetti che dovrebbero essere valutati: uno su tutti gli aspetti di formazione e addestramento continuo per le risorse già occupate in azienda, le competenze dei recruiter e dei manager per i colloqui di nuovi candidati e gli aspetti economici salariali.
Poco tempo per aggiornarsi
L’osservatorio competenze digitali 2017 – 2018 ha osservato un aumento di consapevolezza dei lavoratori (superiore alla consapevolezza delle stesse aziende a volte) sulla necessità di addestrarsi e studiare per acquisire nuovi skill per rimanere “rilevanti” nel futuro mondo del lavoro. Ma si dovrebbe mantenere anche una mentalità flessibile sempre aperta a nuove conoscenze come parte integrante della propria cultura della professionalità.
La recente ricerca di ESG (Enterprise Strategy Group)/ISSA (Information Systems Security Association) dal titolo “the life and times of cybersecurity professionals” evidenzia una condizione generalizzata in cui molte organizzazioni hanno personale insufficiente, molte mancano di diversi tipi di competenze avanzate di cybersecurity ma lo staff è troppo occupato per investire tempo nella formazione continua sulle ultime minacce o non viene supportato verso l’aggiornamento e questo genera un progressivo skill shortage nelle aziende per le professionalità già impiegate.
Inoltre i profili di Cybersecurity sono bombardati settimanalmente di richieste di lavoro e quindi diventano molto selettivi.
In numeri risulta infatti che il 67% sia talmente occupato dalle sue attività quotidiane da non avere tempo per sviluppare altri skill e aggiornarsi mediante formazione specialistica e come il 50% dei professionalisti di cybersecurity sia continuamente sollecitato dall’offerta di nuove collocazioni sia in Nord America che in Europa.
Le retribuzioni: meglio nelle grandi aziende che nelle PMI
L’Osservatorio JobPricing nel suo studio “Le professioni dell’ICT 2016 – mercato del lavoro, professioni e retribuzioni del settore ICT in Italia”, già riportava valori di retribuzione RAL per gli ambiti ICT, telecomunicazioni, media, web, con valori superiori alla media nazionale. Lo stesso studio attualizzato al primo semestre 2017 conferma valori medi superiori fino al 25% rispetto al range nazionale: nelle telecomunicazioni pari ad una RAL base di 36.818€, servizi e consulenza ICT e software di 36.223€ ed una migliore retribuzione nelle grandi aziende fino al 40% in più rispetto alle PMI.
Quadri e dirigenti per gli ambiti digitali sono più spesso soggetti a percentuale di retribuzione variabile in modo più consistente rispetto alla media nazionale. Lo studio porta anche esempi su alcune figure specifiche: UX Architect con RAL base di 39.749 €. Data Scientist 38.600€ Sistemista ERP 38.930 €, Analista sistemista 37.790 € e il Software Engineer 35.576 €. Sul sito è disponibile anche il servizio di confronto del proprio stipendio per misurare la propria situazione.
L’osservatorio competenze digitali 2017 – 2018 ha invece esaminato la dinamica delle retribuzioni per 21 figure professionali nelle aree funzionali dell’IT e conferma trend di crescita dal 2016 a oggi per tutte le retribuzioni e soprattutto per gli impiegati (+5,7%). Nelle aziende di Consulenza e Servizi ICT crescono bene le retribuzioni di impiegati (+5,6%) e Dirigenti (+4,9%), mentre diminuiscono leggermente quelle dei Quadri (-0,5%). Gli Impiegati di Informatica ed elettronica, rispetto al dato medio nazionale, guadagnano di più mentre Dirigenti e Quadri di meno.
I conti non tornano
Andrea Stroppa, giovanissimo esperto di sicurezza informatica, 22 anni, aveva dichiarato durante una intervista che l’Italia esprimeva stipendi in linea con altri paesi europei ma inferiori a Stati Uniti e in Inghilterra con variazioni fino al 50% in meno rispetto al mercato estero. Dunque nonostante gli stipendi appaiano superiori al range medio nazionale (a parte eventuali superminimi e contatti integrativi che variano fra aziende) nel confronto con l’estero l’Italia perde, ed esistono addirittura casistiche di tariffari vetusti.
Infine molti professionisti lamentano colloqui in cui viene richiesto tutto lo scibile del sapere, a fronte di RAL giudicate “contenute” o “non in linea”. Troppo spesso in effetti, i recruiter chiedono un bagaglio tecnico molto più cospicuo rispetto al reale lavoro che si verifica quotidianamente. LinkedIn stesso è pieno di annunci che rispecchiano questa dicotomia fra economics e conoscenze. In parte dipende dalle indicazioni ricevute dai committenti, in parte sicuramente dipende dalle competenze tecniche degli stessi recruiter che non discernono correttamente.